Abbiamo parlato di teatro al cinema la settimana scorsa e questa settimana non posso esimermi dal ricordare a tutti che al Film Forum (ebbene sì, ancora lui) fino all’8 maggio potrete vedere uno dei capolavori di Orson Welles e di Shakespeare, di cui si è appena festeggiato il 450mo compleanno. Il film – e testo – in questione è Othello e se non lo avete visto, non dovete farvelo sfuggire. Vedere Othello attraverso gli occhi e la mente di Orson Welles è un’esperienza bellissima. I primi piani, la pazzia di un uomo che decide di credere a qualcosa che gli viene sussurrato in un orecchio da chi non lo ama, la sua solitudine, il vuoto che c’è intorno a lui, sottolineato dai meandri di un edificio che sembra quasi una cava. Questo e altro sono Othello. Teatro sullo schermo, certo, ma pur sempre teatro.
Proprio Welles ha sempre raccontato della difficoltà di trovare un produttore, un interlocutore, qualcuno che credesse nella sua arte. Per quanto il mondo cambi, fare teatro rimane un’impresa molto difficile. In Italia così come a New York. Per questo, ho pensato di condividere su questa mia rubrica gli sforzi, i successi e le storie di coloro che ce l’hanno fatta, che ce la faranno e che comunque ci proveranno.
Questa settimana ho intervistato Jay Stern, regista del musical The Bardy Bunch: The War of the Families Partridge and Brady. Scritto da Stephen Garvey, fan di entrambi i telefilm, che un giorno si è chiesto cosa sarebbe accaduto se le due famiglie avessero invaso le tragedie di Shakespeare, il musical ha avuto grande successo prima al Fringe Festival e poi al teatro St. Clement’s, dove è stato presentato a marzo. Il soggetto, i personaggi coinvolti e il prodotto finale sembrerebbero perfetti per arrivare in un baleno sui palcoscenici Off-Broadway. Eppure non è così, come ci spiega Jay.
Come sei riuscito ad andare dal Fringe Festival al teatro St. Clement’s?
È stato un passaggio lungo. Per un anno abbiamo corteggiato potenziali produttori e siamo arrivati alla triste conclusione che non c’erano produttori disposti a scommettere sullo spettacolo, nonostante avesse vinto il premio del pubblico al Fringe Festival. Solo una persona che ama investire nel teatro ha offerto di aiutarci a fare il passo successivo. Abbiamo dunque accettato il suo aiuto e abbiamo iniziato a costruire lo spettacolo, dal fare il budget e trovare il teatro, implementare il cast e trovare potenziali investitori da portare a teatro a vedere lo spettacolo di fronte a un pubblico pagante.
Il tuo spettacolo ha molti attori ed è una cosa rara da vedere di questi tempi quando solo Broadway può permettersi spettacoli con grandi cast. Come siete riusciti a produrre uno spettacolo con così tanti attori? Pensi che il fatto di usare pochi attori sia una moda o solo una necessità economica?
Un cast importante aumenta il budget, non c’è dubbio. Nel caso di uno showcase (showcase è un tipo di spettacolo in cui i costi possono essere mantenuti bassi, per legge) non si spende molto per gli attori, ma i produttori di solito non amano gli spettacoli con molti attori per ragioni prettamente economiche e infatti è stata la prima obiezione fatta al nostro spettacolo. Per noi, però, il cast di queste dimensioni è un valore aggiunto alla produzione ed è necessario sia per il soggetto trattato sia per i fan che ci seguono. Credo valga la pena spendere soldi nel cast e magari risparmiare su qualche altra voce.
Il vostro spettacolo è allegro e parla di due telefilm che hanno fatto la storia della televisione mondiale. In più avete Shakespeare. Sulla carta dovreste avere moltissimi produttori pronti a investire per portarvi Off-Broadway. Secondo te perché non succede?
Non esiste uno spettacolo che sia facile da vendere, soprattutto se non ci sono nomi famosi coinvolti. Sicuramente ci avrebbe aiutato avere un attore conosciuto. Abbiamo però fatto vedere lo spettacolo a vari produttori e come nomi, be’, abbiamo la Famiglia Brady e la Famiglia Partridge. Al momento diciamo che stiamo iniziando delle conversazioni con alcuni produttori che potrebbero portare lo spettacolo al livello successivo.
Allora ti chiedo: pensi che valga la pena di lavorare per arrivare Off-Broadway? Lo spettacolo ha avuto molto successo, ma Off-Broadway ha costi che non possono essere sostenuti senza un produttore…
Certo, è come un cane che si morde la coda. Senza soldi non c’è spettacolo. Al momento stiamo esplorando diverse modalità di auto-produzione e abbiamo un paio di investitori molto entusiasti. Dobbiamo solo cavalcare l’onda del successo avuto ultimamente per sperare di riuscire a riproporre lo spettacolo. Non sappiamo come accadrà, sappiamo che deve accadere. Lo spettacolo e tutti gli artisti coinvolti sono troppo eccezionali per non tornare su un palcoscenico newyorkese.