Ho già accennato al fatto che sto per diventare padre. E prima che me ne accorga, il momento sarà arrivato. E questo mi porta a una riflessione davvero cruciale, una cosa cui ho iniziato a pensare ancor prima di trasferirmi in Italia. C'è qualcosa su cui devo prendere una decisione, qualcosa che devo scegliere e che sarà mio e solo mio… una squadra di calcio.
Le mie radici italiane vengono da Napoli e dalla Sicilia. Quindi credo di poter partire da lì, per prendere quella che è una delle decisioni più leali nella vita di un uomo italiano. E poi tendo a stare dalla parte dei “cattivi” nei film, o comunque rido alle loro battute, quindi non ho alcuna ragione per giurare fedeltà alla squadra di calcio italiana più popolare. Sono il tipo di persona che una cosa la evita, se tutti la fanno. Sapete cosa si dice delle pecore.
Domenica ho ricevuto una sorta di battesimo. Ho assistito alla mia prima partita di calcio in Italia, veramente si trattava della mia prima partita di calcio europeo in generale. Ed è stata un'esperienza a dir poco illuminante.
Mi sono sentito come un nuovo parrocchiano in chiesa che si unisce a una religione di cui prima sapeva poco. Niente a che vedere con il faticoso arrancare fino in New Jersey per vedere i Giants o i Jets giocare contro i Cleveland Browns al Meadowlands (il Met-Life Stadium). Quel farsi strada a passo di lumaca incolonnati nel traffico (in New Jersey!), girando in tondo nei parcheggi come antiche carrozze di pionieri intorno a una tribù ribelle di Cherokee. Per poi arrampicarmi dal mio costosissimo posto macchina, con in mano il mio costosissimo biglietto, in uno stadio così tatuato di pubblicità che non sai più se quella è la casa dei Giants e dei Jets o il posto dove i “Miller Lites” giocano contro i “Best Buys” di New York, del New Jersey o della Greater Metropolitan Area. E’ un pellegrinaggio dei più deludenti.
Domenica siamo andati a vedere il Cosenza Calcio contro il Vigo Lamezia. I cui fan non hanno potuto partecipare per ragioni di sicurezza. Questo è uno sport serio! Lo stadio San Vito, molto vicino rispetto a dove abito adesso, era animato come durante un playoff dei Knicks al Garden. Nonostante ben lontano da una folla da tutto esaurito, l’atmosfera era pulsante, con i fan del posto e i numerosi sostenitori (gli ultras), che sventolavano giganti e bellissime bandiere e simboli che rappresentano diversi gruppi e fazioni di tifosi. Dalla folla si innalzavano cori non del tipo “J-E-T-S, Jets, Jets Jets”, ma canti di protesta, di ingiustizia sociale e ovviamente storici inni di incoraggiamento per assicurare la vittoria al Cosenza Calcio in quella frizzante giornata.
Dopo circa dieci minuti di gioco e un intero stadio dissetato a birra, al gusto delle più fragranti sigarette in condivisione, il Cosenza segna. La folla esplode esultando e poi BOOM! Un’esplosione di gioia arriva da un “fuoco d’artificio”, roba che sarebbe stata adatta a un cannone, che sbotta nel mezzo dei tifosi, facendo tremare lo stadio San Vito. Una nuvola di fumo rosso blu inghiotte l’intera sezione della tifoseria dello stadio. Calcio italiano, dai il bentornato al tuo figliolo da tempo perduto.
Le allusioni politiche e sociali legate alle squadre di calcio non appartengono solo agli scantinati della Serie C o ai seminterrati della B, ma a tutto il calcio italiano. Questo è uno dei tanti ostacoli che devo affrontare e domande cui devo dare risposta nel tentativo di scegliere una squadra a cui legarmi e che mi rappresenti. Come figlio adottivo dell’Italia, non sono legato ad una specifica squadra in base al posto da cui provengo. Posso scegliere per chi tifare dal momento che inizio a considerare l’Italia la mia nuova casa.
Sono un fan troppo leale per avvicinarmi a una squadra solo perchè vanta superstar nei suoi registri o perchè ha una bella uniforme dai colori che stanno bene con tutto. Non posso iniziare a tifare Roma SOLO perchè ho visto il Colosseo, o la Juve perchè è prima in classifica e Buffon ha proprio dei bei capelli e una bella moglie. Questa è una scelta che va fatta col cuore, dal profondo dell'anima.
Pensavo che sarebbe stato più difficile scegliere il nome di mio figlio, che decidere da quale parte della linea ideologica e politica stare nello scegliere la mia squadra di calcio. Proprio come il futuro nome del bambino, voglio che la mia squadra -e la società che la squadra porta con sé- sia forte, elegante e rispettosa; unica e indipendente, ma che allo stesso tempo non generi ostilità o tenda al ridicolo. Una che abbia una storia, non soltanto che sia popolare o che abbia affilato tanti successi.
In questo particolare viaggio c'è un'ardua strada all’orizzonte. Mentre pondero la mia decisione (decisioni) con un ultimo espresso, una cosa è sicura, è ben più che la scelta di un nome. Vediamo dopo.