Caro Direttore,
La situazione in Italia purtroppo sta peggiorando di giorno in giorno e ciò si avverte non solo nei piccoli paesini ma anche ormai nelle grandi frenetiche città, una fra tutte la mia preferita: Roma.
La crisi ha messo in ginocchio tutti ma proprio tutti, giovani che non trovano lavoro e che vengono solo sfruttati, lavoratori dipendenti e autonomi che assieme a tutti i pensionati italiani non riescono ad arrivare a fine mese per via dei vari aumenti inerenti tasse, bollette, IVA, affitti, mutui e rate da pagare. Eppure con i vari governi tecnici e quelli nuovi la situazione sarebbe dovuta cambiare, avremmo dovuto respirare aria nuova ma qui sembra che sia meglio andare in giro con le bombole come i sub, altro che aria nuova. Siamo tutti nervosi… è comprensibile ognuno di noi ha vari problemi e a volte ahimè c’è persino chi arriva al suicidio, pensiamo solo a noi e viviamo ormai nell’indifferenza più totale.
Lunedí scorso a Roma alla stazione Termini, ho assistito ad una scena che poi mi ha reso “best supporting actor” (per chi non mastica l’inglese “miglior attore non protagonista”) . Ho notato un uomo alto e sui 55 anni fermo su una banchina in attesa dell’autobus che arrivava con “soltanto” uno scarto tra l’arrivo previsto e quello riportato sulla tabella di 42 min, ma sorvoliamo perché gli autisti come leggerete in seguito si sono comportati almeno loro davvero bene. E poi il problema dei ritardi è dovuto ad altri fattori uno tra tutti il fatto che Roma è la città con il rapporto macchine per abitante più alto dell’Occidente…
Questo signore mi era di spalle e sentivo che diceva: Signora? Oppure, Signore scusi? Ma la gente lo scansava e neanche rispondeva, ad un certo punto si è girato e mi accorsi che molto probabilmente ciò era dovuto al fatto che avesse gli occhi sporgenti (sono del tutto incompetente in materia, forse si trattava di esoftalmo ovvero quando il bulbo oculare di un occhio o di entrambi diventa sporgente rispetto alla sua normale posizione) e in più era non vedente, senza occhiali e bastone e forse con qualche altro problema.
Allora mi avvicinai e gli chiesi cosa gli occorresse, lui molto educatamente mi disse se potevo avvertirlo quando arrivasse il suo autobus e se potevo accompagnarlo poiché era arrivato fino alla banchina grazie ad un gentile autista dell’Atac. Per farla breve lo accompagnai sull’autobus (che presi anch’io alla fine perché ero in ritardo per un appuntamento) e parlai un po’ con lui del più e del meno per pochissimo poiché scese dopo solo due fermate. La cosa che mi colpì di più fu che entrati dalla parte davanti dell’autobus che era stracolmo nessuno si alzò o chiese per cedergli il posto, l’unica persona che si alzò fu un signore congolese che lavorava all’Ambasciata.
Quando il non vedente è sceso l’autista si è accostato il più possibile al marciapiede in modo tale che l’uomo potesse servirsi del muro del palazzo come guida, poiché il negozio che cercava era il terzo su quel muro. L’uomo mi ringraziò per l’aiuto e mi disse che non occorreva che scendessi poiché avrebbe chiesto a qualcuno. Ma qui ancora una volta mentre l’autobus stava per partire poiché era scattato il verde e le macchine già suonavano in anticipo, l’indifferenza delle persone ricomparve…
Fortunatamente anche un’altra cosa comparve: la mia rabbia contro l’indifferenza! Aprii il finestrino e urlai a delle persone che lo scansavano di dargli una mano. Al mio monito dal finestrino anche altre persone fecero lo stesso dall’autobus e qualcuno alla fine (un ragazzo) si fermò ad aiutarlo. Sull’autobus si accese subito un dibattito che coprì vari temi dall’indifferenza fino alle tasse e alla condizione odierna in cui versa l’intero Bel Paese.
Questo mio piccolo racconto vuole soltanto far scattare in ogni lettore una molla, quella della solidarietà. Nell’indifferenza più totale che forse non sono riuscito bene a far emergere in questa lettera, solo pochissime persone tra cui gli autisti e il diplomatico del Congo hanno detto no all’indifferenza!
È vero stiamo vivendo degli anni terribili dove gente si suicida, ragazzi fuggono all’estero in cerca di opportunità, negozi e imprese chiudono i battenti ma se neanche ci aiutiamo più gli uni con gli altri che fine faremo? E un’altra cosa… invece di muoverci in Italia solo per dimostrare quello che pensiamo contro le società di calcio o i vari acquisti di calciatori, iniziamo ad accendere il cervello e ad aprire gli occhi su ciò che ci accade intorno!
Stefano De Cupis, Roma