Ha fatto bene l’International Herald Tribune a ricordare il discorso del 19 settembre 1937 pronunciato a New York dall’allora Segretario di Stato Cordell Hull. L’intervento di quell’infaticabile campaigner per la causa della pace e dello sviluppo, riprendeva il pronunciamento del presidente Roosevelt, nella giornata della Costituzione, a favore della pace e della cooperazione economica internazionale. Per capirne la rilevanza, occorre riandare al contesto di quei giorni di inizio autunno di settantacinque anni fa.
A marzo Pio XI, emanando l’enciclica Mit brennender Sorge, ha reciso ogni ponte tra il cattolicesimo e il nazismo pagano e razzista che trionfa a Berlino. Mentre il mondo tace di fronte agli assassini di massa che il generale Franco, appoggiato dai volontari di Mussolini e dagli aerei di Hitler, compie sulle popolazioni civili, a luglio il Giappone invade la Cina. Balbettante nell’incapacità di intervento in difesa della pace, la Società delle Nazioni sta per perdere anche l’Italia, cosa che accade a dicembre, dopo che il fascismo a novembre ha aderito al patto Anticomintern. Avanza l’orrore che condurrà in un biennio alla deflagrazione mondiale, e Roosevelt e Hull sono consapevoli che senza spezzare nazionalismo e protezionismo economico, il baratro è pronto per riaprirsi. Roosevelt ha detto che il mondo contemporaneo è troppo piccolo perché possa darsi anche un solo paese che resti in totale isolamento. Cordell Hull dà gambe all’opzione politica rooseveltiana, reiterando che occorre continuare ad abbattere tariffe doganali e restrizioni al commercio, e che la pace si sostiene facendo crescere il commercio mondiale, suggello dello spirito di concordia tra i popoli altrimenti persi dietro cannoni e aerei: “Il miglioramento dell’economia incrementa il desiderio di pace; al contrario del bisogno e della miseria”. Neppure gli anni di guerra distoglieranno Cordell Hull dalla crociata per convincere alla sfida dei mercati aperti i nazionalismi in armi. Esemplare il radiomessaggio del 18 maggio 1941, giorno dell’inaugurazione della Settimana del commercio internazionale, sui rischi in cui incorrono le Democrazie. Il Segretario di Stato spiega agli ascoltatori che l’economia internazionale è per le dittature economia di conquista. Definisce schiavistiche le relazioni che le dittature instaurano con i paesi conquistati, obbligandoli a funzionare come rete di nazioni prigioniere e schiavizzate. Le sue adamantine convinzioni liberiste e internazionaliste lo porteranno anche a marchiani errori: ad esempio a favorire i collaborazionisti di Vichy contro la Francia libera di De Gaulle, e boicottare l’immigrazione ebraica in fuga dalla Shoah (provvederanno Eleanor Roosevelt e Henry Morgenthau a limitare i danni). Ciò nonostante resisterà di fronte alla storia, come anticipato dal presidente Roosevelt nel chiamarlo “Father of the United Nations”, il grande merito di aver strutturato sul piano politico ed economico il mondo sufficientemente libero e aperto nel quale viviamo. Il discorso del settembre 1937 è pronunciato pochi mesi dopo che Hull, invece di difendere Antonello La Guardia definito dalla stampa nazista “ruffiano ebreo” e “pagato da agenti ebrei e comunisti”per aver messo in guardia dal rischio Hitler, ha presentato a Berlino scuse ufficiali. Quando gli daranno il Nobel per la pace, a Stoccolma nel dicembre 1945, non ricorderanno i passi falsi di una carriera lunga e gloriosa, ma che nel 1918 aveva detto al Congresso: “…The best antidote against war is the removal of its causes rather than its prevention after the causes once arise”.