I manuali mi affascinano sempre, salvo poi annoiarmi a morte già al primo capitolo. Mi affascinano perché insegnano come organizzarsi la vita, ma non appe- Ina inizio a leggerli li trovo scontati, banali, pedanti e talvolta perfino angoscianti. Non sopporto più che qualcuno mi insegni qualcosa, preferisco rimanere nel mio caos e improvvisare la vita, almeno nel campo dei sentimenti. Pigra come sono, non ho mai programmato lo svolgimento di un incontro e di una frequentazione affinché sfociasse in una relazione. Mi sono sempre tuffata nell’ignoto perché solo così provavo emozione.
Per 24 pagine Paolo Zagari, autore e regista Rai, spiega nel suo “Manuale pratico per amare” (Fazi), a cui ha dato il nome di un capitolo emblematico: “Il tradimento preventivo”, come approcciare una lei. Dalle presentazioni alla conversazione a come richiederle il numero di telefono a come rimorchiarla e quando agire. Posto che un quindicenne non si beve questa roba, probabilmente la pozione magica è miscelata – ho pensato – per tutti gli adulti ancora in età fertile a cui è andata buca. Infatti l’autore a un certo punto dice di rivolgersi a una fascia che va dai 25 ai 50, ovviamente di sfigati. Ai quali viene spiegato come fare un “bacio congruente” e usare le mani, come invitare, brindare, qual è il momento migliore per prendere l’iniziativa, quali mutande scegliere (perché, se una indossa una brasiliana ecrù senza reggiseno, è una zoccola…), la prova delle coccole (che ogni uomo detesta, e con ragione), perfino come fare gli sms e le pagelline su persona, sesso e prospettive (che tristezza, ma spesso è così…).
Dopo una progettazione simile, il ponte dell’amore – secondo Zagari – è costruito e quindi ci si sente innamorati. Un ultimo suggerimento: “Ricordatevi, ogni regalino potrà essere usato contro di voi”. Quindi meglio un viaggio, di cui scegliere con cura la destinazione e pure la programmazione dell’orario degli atti sessuali.
Ora, benché il manuale voglia essere ironico e spiazzante – come scrive la quarta di copertina – lascia l’amaro in bocca, perché fa sul serio e mette in piazza tutte le tecniche del pivello prevedibile. Se non fosse per il capitoletto “Il tradimento preventivo”, dove il nostro lui fa il canto del cigno prima di convolare a nozze riparatorie, nel senso che si è ormai talmente compromesso nella storia che ritiene di doversi sposare con tanto di dichiarazione. Imitando un latin lover di provincia anni ’60, il protagonista, dopo aver trascorso con la sua bella il primo romantico weekend per suggellare la nascita del loro amore, non vede l’ora di ritornare a casa sua (per mille motivi sezionati dall’autore). Qui apre il computer, va su facebook e trova una mail di una vecchia compagna di scuola. Si precipita a casa sua, poi si giustifica: “Avendo troppo amato aveva bisogno di scopare”…
Non avendo lo spazio per dissertare sulla materia sessuologica, posso però sintetizzare che il protagonista è una testa di c…o. Non tanto per la scopata, ma per la giustificazione urbi et orbi.
Dopodiché si sente davvero innamorato e le cose precipitano verso l’unione: dallo spazzolino al gatto in comune. Arrivato a pagina 111, l’autore sentenzia che “all’interno di una coppia mai si dovrebbe pronunciare il termine progetto”: ha ragione, ma cosa ha fatto lui finora se non progettare ogni mossa? Tuttavia la coppia passa alla convivenza, indossa la tuta e subisce un calo del desiderio, ma nonostante tutto è solida come una roccia e si sposa. Non prima di leggersi le istruzioni per la dichiarazione e l’organizzazione del matrimonio. “The day after”: il sesso è consumato “senza mani, senza bocca, senza tante storie…”
Se invece che “Manuale pratico per amare”, Zagari avesse chiamato questa sua fatica “Cronaca di una fine annunciata” e preso le distanze dal proprio racconto autobiografico, avrebbe lasciato ai posteri un rapporto universale sulla pratica d’amore in questo nuovo secolo.