Comunque vadano a finire le elezioni in Grecia, la democrazia raggiunge quel momento culminante che la rende la forma di governo migliore. Non é perfetta la democrazia, anche perché non vince sempre "il migliore", ma come la definiva Wiston Churchill questa gara politica giocata sul consenso, resta "il peggiore sistema di governo, tranne tutti quelli che sono stati provati prima".
Non é vero che se i greci faranno prevalere la destra di "Nuova democrazia" guidata da Antonis Samaras, l’euro sará "salvo". Come non é detto che se a vincere sará la sinistra di Syriza guidata dal 37enne Alexis Tsipras, la Grecia tornerá alla dracma e sará l’inizio della fine per l’euro e l’Ue.
Quello che sembra certo é che con la destra al governo di Atene, che aveva accettato l’accordo "lacrime e sangue" imposto dalla Germania, avremo la conferma che nel tentare di far uscire l’UE dalla crisi del debito e della fiducia internazionale, sará Berlino a dettare su tutto la linea. Se invece al governo salirá l’estrema sinistra di Tsipras, allora la cancelliera Merkel e la strapotenza tedesca potrebbero essere ridimensionate nell’indicare agli altri partner europei le soluzioni per rispondere alla crisi del debito.
Ma a prescindere dal risultato delle elezioni in Grecia, ci sta a cuore in questo momento capire se i popoli d’Europa siano ancora in grado di accettare sacrifici comuni per salvaguardare il processo di unificazione europea che non puó essere fondato solo sui conti finanziari in ordine ma deve essere ancorato ad ideali comuni. Si riconosce oggi tra i popoli d’Europa di appartenere tutti a un codice culturale comune che é la civiltá nata dall’esperienza greco-romana-cristiana?
L’Europa unita non puó essere come il campionato dell’Uefa dove si danno solo premi e onori al migliore e chi sbaglia é eliminato. Ieri la Grecia, con merito, ha dimostrato di essere protagonista nell’Europa del calcio, ma lo spirito del saper far gol meglio di altri, non serve all’Unitá dell’Ue. Non é con la legge del piú forte che l’Europa salverá la sua moneta unica e la sua lenta, troppo lenta integrazione politica.
Quello che serve é una rivoluzione culturale sull’idea d’Europa che puó nascere se fondata su principi di solidarietá tra popoli certamente diversi per storia e cultura, ma che possono essere uniti da valori comuni fondamentali e irrinunciabili. Ció che puó ancora salvare l’euro non é "rallentare" quell’Europa poco unita che c’é, ma semmai mettergli il turbo al suo motore politico e trasformarla in tempi rapidi negli Stati Uniti d’Europa. Giá, forza USE!
La nascita del piú grande successo di esperimento politico della storia dell’umanitá, gli Stati Uniti d’America, dovrebbe servire d’esempio agli europei. Gli stati che composero gli USA decisero di unirsi politicamente e rinunciare a certe loro sovranitá con un patto di costituzione federale, per salvarsi da una situazione di gravissima crisi che ne metteva in pericolo la sopravvivenza. Erano stati in guerra per l’indipendenza contro la super potenza di allora, la Gran Bretagna, ma senza unificarsi in quel modo la loro indipendenza non sarebbe sopravvissuta un anno. Nessuno pensó allora a "salvare" un dollaro comune, perché prima doveva nascere la costituzione e l’unione politica.
Invece nell’Europa delle patrie che non vogliono cedere la loro sovranitá, ci si é illusi che si potesse mettere il carro (l’euro) davanti ai buoi (l’unitá politica). Non é con le regole degli economisti e dei banchieri che si puó costruire la nazione europea, ma con la politica costruita da politici scelti dai popoli e una Costituzione scritta e ratificata democraticamente.
L’Europa ha una crisi culturale e politica prima che economica, che non gli fa ancora accettare il principio che invece gli americani fondatori degli USA intuirono avrebbe salvato il loro esperimento: "E pluribus, unum!". Accettando cioé che con quell’Uno nato da Molti, nessun "grande" avrebbe mai potuto schiacciare i piú "piccoli".
Potranno la Germania, ma anche la Francia e, perché no, la stessa Italia, accettare che la Grecia, ma anche il Portogallo o la Danimarca (che infatti non fa parte dell’euro) possano "contare" nelle decisioni di "check and balance" degli affari di governo dell’Europa, tanto quanto loro? E che né la ricchezza di uno degli stati membri, né tantomeno il numero degli abitanti, possano far ottenere ad un popolo dell’Unione la qualifica di "piú uguale" degli altri?
No, non sará il voto greco a decidere se l’Unione d’Europa supererá la crisi che, si ripete, é soprattutto di fiducia. Ma che non puó essere fiducia finanziaria, dato che i soldi, si sa, vanno e vengono. La crisi di fiducia nell’Europa é in realtá di natura ideale: nessuno nel mondo crede che l’Europa unita dal "e pluribus, unum" sia mai esista e che mai esisterá. Ecco perché quando l’economia va male e mancano i quattrini, c’é il fuggi fuggi…
Per arrivarci all’Europa che ci manca, ci vorranno dei grandi leader soprattutto nei paesi che per questo tipo di unitá dovranno rinunciare di piú alle proprie illusioni di potenza nazionalista. Ed ecco allora perché siamo soprattutto tutti in attesa della Germania.