Breve riassunto. Berlusconi cade sotto il peso dello Spread. Arriva Monti, per alleggerire lo spread. Si prende l’applauso di quelli che guardavano solo alla caduta del Cavaliere, pur affermando di avere a cuore le sorti finanziarie dell’Italia. Poi fa qualche complimento di troppo al “governo precedente” e, sulla riforma del lavoro, sembra volersi spingere contro gli interessi costituiti del sindacato e dell’Italia “dipendente”. Mugugni sulla rive gauche. Mitiga, poi sopprime il suo piglio riformista: e fa un papocchio con i c.d. esodati. Ma, di fatto, la protesta cala di tono, anche se ogni tanto viene riattivata per ragioni di marketing elettoralistico. In quest’atmosfera, noiosa nel dibattito che suscita e dolorosa nelle costrizioni economiche che determina, Monti &C alternano bastone e carota verso la “Politica”: un giorno è indispensabile e se ne auspica un ritorno immediato al posto che le compete; un altro è responsabile, con la sua condotta in un mai definito “passato”, per le angustie sempre meno sopportabili e ormai troppo diffusamente percepite dalla popolazione.
In mezzo, una tornata elettorale che testimonia l’avanzato stato di decomposizione in cui versa il sistema dei partiti: con Grillo a fare da Monatto. La credibilità delle classi dirigenti politiche ed economiche è bassissima, le speranze di un’inversione di rotta, ridotte al lumicino. E, per bocca del Ministro Passera, il Governo clamorosamente annuncia di temere che il Paese perda la sua tenuta sociale: che, se dobbiamo credere a quello che abbiamo sentito, significa una possibile, se non imminente, diaspora di protesta tumultuante e forse anche violenta. Anche perché sullo sfondo di questa uscita ministeriale sta l’attentato al dirigente Ansaldo: attentato che, pur avendo il sangue della vittima a renderlo tragico, mantiene tuttavia l’alienazione pacchiana dei suoi autori a renderlo grottesco.
Ora, mentre l’agonia della Grecia continua, la sua ombra sembra allungarsi sul quadretto sopra brevemente tratteggiato; ed è diventata un termine di paragone abitualmente accettato, sia pure con qualche riserva di stile, in verità più scaramanzie che obiezioni critiche a questo potenziale parallelismo. Tutto è possibile a chi crede, si dice. Se poi si crede all’Euro, anche più di tutto. Sicchè, se seguiteremo ad ignorare che l’Euro è il problema e non la soluzione, magari ci finiamo davvero come la Grecia. L’inseguimento dell’Ordine nei Bilanci non è una legge di natura: è una scelta politica che favorisce alcuni interessi e ne sacrifica altri. In prima battuta, favorisce la Germania e danneggia le economie meno forti. E le danneggia perché ingessa ogni istanza riformistica e la competitività manifatturiera: un punto di produttività guadagnato al costo di costosissimi e dispendiosi miglioramenti reali nelle economie di processo e di prodotto, che magari ha chiesto anni di impegno, può essere vanificato in un istante da pochi tick di spread. Un alternativa, com’è noto, ci sarebbe: si tratterebbe di agire al contrario di come si sta facendo. Per ordinare i bilanci, in primo luogo, quelli delle banche, queste non prestano più soldi, come facevano prima: e con i soldi che non prestano, contravvenendo alla loro ragione d’esistenza, reintegrano il loro patrimonio; le iniezioni di liquidità pubbliche in loro favore, allora, sarebbero dovute servire e dovrebbero servire proprio ad emancipare le banche da questa necessità: reintegrano i loro patrimoni con fondi pubblici e tornano a prestare soldi a famiglie ed imprese. Tutto questo, privilegiando un criterio di priorità nazionale: intervenendo sulla gestione caratteristica delle banche, piene di derivati e di strumenti che giocano d’azzardo sui debiti sovrani, inducendo l’avanzo del risparmio privato italiano a sostenere il proprio debito e non il Bund, ritenuto più sicuro, sebbene meno remunerativo.
Ma c’è l’Europa e l’Euro e non si può fare, come per le svalutazioni competitive, che presuppongono sovranità monetaria. Perché, l’apparente neutralità dell’Euro (una moneta uguale per tutti) maschera le reali dinamiche economiche di ogni singolo stato nazionale. Lo scontro arricchisce gli uni e impoverisce gli altri. Prima lo capiamo e meglio sarà. E’ fuori discussione che si possa fingere in eterno.