Ogni donna ha la sua idea di Kore, di se stessa. Quello che è stata e quello che sarà. Il presente è solo danza, perché la vita è un continuo divenire. Di questa danza si è perduta conoscenza e più che danzare, ci si lascia trascinare. Un’ora, che è una vita, si trascina sofferente, sussultante, spaventata e spaventosa per il messaggio infelice che ci lascia Ramona Caia, pur esperta danzatrice, se vogliamo credere che la sua sia una danza. Raggiungere la perfezione nella danza è fatica come vivere, ma danzare la vita dovrebbe essere un atto naturale di ringraziamento e gioia di vivere. Nel mito Kore, figlia della dea terra Demetra, saltella felice nel prato come una ragazzina che si affaccia alla vita finché non incontra Ade, il dio degli Inferi.
In "Kore_La Ragazza indicibile" il coreografo e regista Virgilio Sieni – uno dei più apprezzati della danza contemporanea europea, il cui lavoro ho potuto vedere al Teatro Contatto di Udine – porta in scena l’omonimo saggio del filosofo Giorgio Agamben, se si può chiamare saggio un liberculo di 32 pagine più note più dipinti di Monica Ferrando sul mito matriarcale della doppia figura Demetra-Kore.
La bravura tecnica della ballerina ripete il disagio esistenziale all’infinito, ma il coprirsi e scoprirsi del corpo non basta a simboleggiare un iter iniziatico e alla fine l’apparizione di nove giovani, nere come la morte, che si muovono lentamente anziché compulsivamente, non fa certo percepire la gioia del myste che intravvedeva la rinascita eterna. Insomma il grande mistero di Eleusi – l’emozione per aver colto il mistero indicibile dell’esistenza – non è neppure sfiorato.
Ma la danza compulsiva di Ramona Caia descrive egregiamente il modo stressante con cui oggi percorriamo le nostre vite e le quattro frasi scandite in greco antico creano la suggestione misterica (grazie alla nostra miseria culturale): gli applausi sono lunghi.
"Crederò solo a un dio che danza" scrive Nietzsche. Ma questo dio dov’è? Kore quando ha incontrato Ade non si è preoccupata se lui sapesse danzare, era troppo curiosa di visitare gli Inferi. Il mito dice che fu rapita, sì rapita d’amore. Divenne la regina del mondo sotterraneo, ma non ballò più. Ogni passo è una scelta da cui non si può tornare indietro, eppure la madre Terra riuscì a riprendersi sua figlia (la sua giovinezza) ricattando il padre degli dei, Zeus: non avrebbe più fatto rinascere la vegetazione se non avesse riavuto Kore. Zeus acconsentì, ma la fanciulla era ormai diventata donna, avendo mangiato il melograno (simbolo della fertilità), e quindi si raggiunse un compromesso: sei mesi l’anno Kore sarebbe rimasta con la madre e sei con lo sposo.
Il primo atto che veniva insegnato ai mysti era proprio la danza, come approccio all’esistenza. E quando arrivavano alla fine dell’esperienza misterica danzavano per esprimere la gioia che provavano. Demetra-Kore era il principio femminile che non poteva esser disgiunto, l’intelligenza divina e l’anima, la coscienza e l’inconscio, la rappresentazione dell’esperienza femminile, sfera estranea all’uomo. Un mito affascinante che ha avuto molte letture e interpretazioni da Carl Jung a Karoly Kerényi, da Marion Gibel a Walter Burkert… il quale provocatoriamente si chiede se "il ritorno della donna da sua madre è effettivamente una soluzione adeguata, per quanto misterioso possa esser stato lo sposo?"
Ma quello era il tempo mitico del matriarcato e la Dea, giustamente, voleva farsi rispettare. Soprattutto non si sognava di affidare la figlia a un vecchio Ade purché divenisse regina. Mi viene in mente la mamma di Noemi Letizia che ha spinto la figlia tra le braccia di Berlusconi. Ma oggi lui ha dichiarato in tribunale che era solo per burla, a lui piaceva inscenare con le ragazzine "gare di burlesque". Le costringeva a ballare sull’orlo del baratro… indicibili disgraziate. Maschilismo patriarcale da far impallidire perfino l’infernale Ade. Burlesconi non sarà un dio greco, ma con la sua leggerezza è riuscito a condurci sul ciglio degli inferi in cui è sprofondata la Grecia.