Chi legge o vede la cronaca di questi giorni non può non ricavare l’impressione che, al di là di Milano, è un po’ tutto il Nord che si sta svegliando alle sfide che la situazione storica in cui viviamo ci sta imponendo. Per la verità in Lombardia avevamo cominciato con la questione della ‘ndrangheta.
Poi, quando nel mezzo della crisi mondiale, l’Europa ci ha commissariato e il nostro Presidente ha deciso di reclutare, proprio nella nostra Regione, Mario Monti e gran parte del suo Governo, avevamo pensato di aver ritrovato un ruolo all’altezza del nostro peso.
Quando invece la sveglia è tornata a suonare su un tema infamante come quello della corruzione ci siamo veramente sentiti offesi. Ed è su questo, ancor più che sulla prospettiva delle amministrative che i lombardi hanno reagito. Si può ben capirlo: faceva un brutto effetto vedere una foto del vertice consigliare della nostra Regione nella quale, su cinque persone fotografate, quattro risultavano indagate.
Ma i lombardi sanno da tempo che per combattere problemi come la mafia o la corruzione i tecnici e la magistratura non possono bastare: occorre, oltre alla morale, anche la politica.
Per questo hanno pensato e pensano che il loro Presidente non poteva chiamarsi fuori ma occorreva aprire a qualche forma di rinnovamento politico.
Il dibattito è partito da qui. Le amministrative l’hanno ovviamente rilanciato. Peccato che sia presto degenerato in un minuetto di troppo evidente strumentalità tattica. Mentre la situazione chiede molto di più. E’ l’intera Lombardia che non può chiamarsi fuor Dopo aver realizzato a Milano, a Lecco, a Sondrio, a Mantova dei veri salti di politica dal basso dobbiamo fare di più. C’è una crisi economica mondiale; l’Europa fatica a difendere l’Euro; il nostro spread oscilla; manchiamo di formazione, infrastrutture, coesione sociale e territoriale. Per difendere l’unità della Nazione che 150 anni di Stato centralista hanno spaccato in un Nord, con una produttività totale di livello bavarese e un sud di livello greco, abbiamo disperato bisogno di un federalismo serio, costruito attorno alle grandi regioni europee (GECT); capace
di svuotare quello secessionista della Lega. In queste condizioni possiamo pensare di riproporre, per il dopo Monti, i vecchi giochi dei partiti di ieri? La risposta è no. Ecco perché dobbiamo insistere nello sviluppare le esperienze politiche che abbiamo già fatto sbocciare. Come Regione siamo infatti in condizione di raccordare una nostra innovativa azione politica con la gran parte delle Regioni e delle Città del Nord; rappresentiamo da sempre un punto di attrazione per gran parte delle migliori forze meridionaliste e federaliste del Sud: e allora diamoci una mossa! Proponiamo l’unica cosa nuova che oggi serve al Paese: un nuovo partito del Nord che riprenda i meccanismi aggregativi delle esperienze che ho sopra citato,che sappia unire, nei modi già sperimentati a Milano, a Lecco, a Sondrio, a Verona forze sociali e politiche nuove e diverse; che sappia attraversare da sinistra e da destra le aggregazioni dei vecchi partiti, svuotando la Lega, incrociando leaderships nuove e diverse, per stimolare il Sud a fare altrettanto, per costruire il terreno di cultura di una politica nazionale realmente diversa Il Paese, non solo la Lombardia ne hanno sicuramente un grande bisogno. Certo la posta è alta. In fondo si tratta di avviare, dalla Lombardia, qualcosa che assomiglia a un secondo Risorgimento. Un risorgimento a un Europa neo-federalista che sappia conciliare i suoi e nostri ordinamenti con le sfide che il nuovo mondo globale pone a tutti noi.
Ma solo così la politica italiana potrà riprendersi il ruolo che è stata costretta a delegare ai tecnici.
Presidente di Globus et Locus
L’articolo è uscito su “La Provincia” il 5 aprile 2012