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October 4, 2011
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L’INDRO/ In ‘ostaggio’ alla giustizia

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 13 mins read

 Una ’giustizia medievale’, é stata definita negli Usa quella italiana, per come ha tenuto in galera due ragazzi appena ventenni per un omicidio che, finalmente, dopo 4 anni una sentenza di appello ha scagionato. 

Medievale? Effettivamente anche noi volevamo iniziare queste righe prendendocela con il procuratore di Perugia Giuliano Mignini ma, prima, ci tocca mettere in riga certi commentatori, soprattutto dalle tv americane: ma da quale pulpito arrivano certi termini e paragoni? Da un Paese che nel 2011 ha ancora la pena di morte, suona un po’ ridicolo sentirsi fare questa accusa. Se la giustizia italiana appare medievale, allora quella in Texas o in Virginia é ferma all’etá della pietra

Ma veniamo al caso dell’orrenda morte di Meredith Kercher e della tragedia, evitabile, che si è invece abbattuta per quattro anni su Amanda Knox, allora appena ventenne studentessa di Seattle, e Raffaele Sollecito, studente universitario pugliese che allora si apprestava a laurearsi. I due giovani sono stati privati della libertà e rinchiusi in galera per quattro anni per un delitto che, a quanto risulta dalla sentenza emessa ieri, non hanno commesso.

Quando nell’autunno del 2007 da Perugia cominciarono a circolare le notizie sulle indagini di un delitto che, secondo gli investigatori perugini, coinvolgeva una giovane studentessa americana e il suo ragazzo italiano, la mia reazione fu subito scettica. Tutto appariva cosíinverosimile. Ma come, loro? E perché poi? Ok l’alcol, forse un po’ di fumo, ma al massimo dopo verrebbe il rock en roll, e invece spunta tutta questa storia di sesso, riti satanici, sangue e morte. Ma chi è che fa saltare fuori tutta questa storia?

Senza sapere ancora nulla del caso, ero ’innocentista’ a prescindere: perché da New York la mia perplessitá non era dovuta solo ad un istintivo garantismo -che per quanto riguarda l’Italia é un dovere dal caso Tortora in poi- ma in particolare da un’immedesimazione con quei due giovani accusati del delitto. Raffaele avrei potuto essere io, un quarto di secolo prima.

Esattamente venticinque anni fa, all’etá di 21 anni, conobbi in una bellissima cittáuniversitaria del centro Italia una studentessa straniera, vent’anni come Amanda. Anche lei, appena arrivata in Italia, parlava ancora una lingua stentata, ma era giovane, bella e piena di vita. Ed era americana solo che, invece che da Seattle, arrivava da Boston.

Come Amanda, anche quel mio ’colpo di fulmine’ divideva un appartamento con delle altre ragazze. Poco dopo aver fatto conoscenza, la passione della gioventú e la libertá della vita da fuori sede, rendeva naturale che invece di dormire nella sua stanza, la giovane americana venisse spesso a passare la notte da me… C’era qualcosa di male? Di perverso, forse? Di satanico? A vent’anni due giovani che si sono appena conosciuti tra le stradine e le piazze di una meravigliosa cittadina universitaria medioevale, cercano di stare insieme il piú possibile, magari dormono anche insieme, e quando si svegliano fanno l’amore…o vanno in cerca di sangue? Cosa c’é di delittuoso in questo?

Perché anni dopo a Perugia qualcuno, anzi tanti, troppi, hanno potuto pensare che un alibicosí normale -quando Amanda ripeteva che non era nel luogo del delitto perché condivideval’intimitá dell’appartamento del suo ragazzo- fosse invece un ulteriore indizio della suaperversitá, delle sue voglie malsane?

Quando quattro anni fa cominciarono ad arrivare, come una tormenta, le notizie sul delitto di Perugia, la povera Amanda dipinta come una specie di assatanata del sesso estremo, e Raffaele, che avrebbe commesso un terribile delitto uccidendo la sua compagna cosí, tanto per scacciare la noia, ho proprio avvertito visceralmente la sensazione che qualcosa fosse andato veramente storto in quelle indagini.

Ma a sbrigliare il mostro del sospetto e dell’accusa non supportata da prove, non erano solo i media italiani, anzi: questi sembravano andare piú a rimorchio di quelli inglesi calati in Umbria per dare la caccia alla strega yankee, ormai descritta come la sicura assassina della povera Meredith.

Cosí la Procura che si fa guidare piú da un cattivo istinto invece che dalla chiarezza delle prove -che farebbero risolvere il caso subito, senza ulteriori sofferenze, dato che l’assassino della povera Meredith, lo sbandato e ora fuggiasco Rudy Guede, ha lasciato tracce del suo dna dappertutto nella stanza del delitto- insieme ad una stampa sensazionalistica di scuolaRupert Murdoch, diventano la miscela esplosiva che fa precipitare due giovani innamorati all’inferno per quattro lunghissimi anni.

Sarebbe bastato farsi una semplice domanda: perché deve diventare piú logico credere che due ragazzi che si sono appena conosciuti, che non hanno mai avuto problemi con la giustizia fino a quel momento, decidano di oltrepassare le vette della loro eccitazione -come se la loro attrazione non bastasse- decidendo di violentare la studentessa della porta accanto? Sarebbe questo il movente quindi? La strega Amanda, in preda alla droga, é vogliosa di sesso con riti satanici… Che mortificazione perdere cosí ogni filo logico della giustizia.

Lascio a resoconti che leggerete altrove finalmente e in terribile ritardo, di come le analisi che avrebbero portato al ritrovamento del Dna di Amanda e Raffaele nel coltello del delitto, non sarebbero potute essere utilizzate da nessuna corte occidentale per la loro approssimazione e inadeguatezza. Un fatto che si poteva affermare giá durante il primo processo, ma si vede che allora la spinta a condannare la ’strega di Seattle’ stava infettando non solo i giornalisti, ma purtroppo qualunque giudice. 

Per fortuna l’onore della giustizia italiana é stato salvato da questa secondo grado, onore ai suoi giudici, che facendo tabula rasa del primo procedimento, hanno lasciato che l’evidenzadimostrasse come Raffaele e Amanda non avebbero mai dovuto passare un solo giorno privati della loro libertá.

La giustizia, essendo creata dagli uomini, é fallibile ovunque. L’America dovrebbe riflettere su uno dei principi di Cesare Beccaria, vecchio di ormai tre secoli, che l’abolizione della pena di morte era dovuta anche alla necessitá che essendo la giustizia, fallibile, avrebbe sempre dovuto essere in grado di riparare all’errore, prerogativa che la pena capitale tragicamente non consente.

Chiudiamo peró con una considerazione sull’Italia: dopo il caso di Amanda Knox, abbiamo conferma che la giustizia italiana puó vantare dei pregi rispetto a quella Usa, come essere meglio predisposta al riconoscimento dei suoi errori, seppur con tempi ancora troppo lunghi. Ma per una riforma necessaria affinché errori giudiziari come quello di Perugia accadano con minori probabilitá, bisogna non solo espellere qualunque magistrato che si senta guidato ’dall’istinto’ – un altro modo di chiamare lo scandaloso pregiudizio – ma istituire subito una riforma che affermi pure in Italia il principio del ’double jeopardy’. Cioé l’impossibilitá del pubblico ministero di appellarsi ad una sentenza di assoluzione dell’imputato. La ragione éovvia: lo Stato, con tutta la sua straordinaria forza rispetto alle possibilitá del singolo cittadino, deve aver esaurito bene le varie indagini ed essere preparato prima di decidere di portare qualcuno sotto processo. Invece oggi, i pm italiani appaiono segnati dall’istinto naturale di buttarsi sul primo “colpevole”, perché anche se nel primo processo va male, c’él’appello e le prove prima o poi si troveranno…

Questo favorisce il pressapochismo e gli errori di chi, tanto, ha un’altra chance. Negli USA invece, il pm che sbaglia processo, perde tutto, rischiando di mandare libero un assassino, solo per la sua incapacitá o per la fretta di imbastire un processo (il caso OJ Simposoninsegna). Sbagliare é umano, perseverare é diabolico: questo andrebbe ricordato ai giudici del caso di Perugia. 

A proposito, quella studentessa americana conosciuta 25 anni fa a Siena, da ventanni é mia moglie. Giá, chiunque avrebbe potuto essere al posto di Raffaele e Amanda, dei ragazzi qualunque ai quali una malagiustizia ha strappato la felicitá dei ventanni.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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