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June 14, 2011
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L’Italia piú obamiana dell’America

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 12 mins read

 Berlusconi ha fatto il miracolo di resuscitare il referendum. Se l’Italia non si fosse destata due settimane prima dagli anni d’incitrullamento che “ha fottuto il paese”, come ha sintetizzato The Economist, il referendum ce l’avrebbe fatta a passare il quorum?

Per caritá, i quesiti referendari erano notevoli, questioni “di vita o di morte”, come sono il nucleare e l’acqua, o di diritto e democrazia come é il “legittimo impedimento”. Gli italiani si sono fatti del bene a partecipare ai referendum, a prescindere dall’irresistibile istinto di dare un altro schiaffone a Silvio. Ma quello sputo resta appiccicato sulle urne referendarie: l’Italia ha risposto a Berlusconi e a chi come lui aveva invitato ad andare al mare.

C’é una famosa citazione attribuita al presidente americano Abraham Lincoln che si addice alla situazione italiana: “You can fool some of the people all of the time, and all of thepeople some of the time, but you cannot fool all of the people all of the time”. (Puoi ingannare qualcuno tutte le volte, tutti qualche volta, ma non puoi ingannare tutti e tutte le volte). Berlusconi non puó piú fregare gli italiani? Nel dialetto siciliano Lincoln ésintetizzato ancora meglio: isti pi futtiri e fusti futtutu! (dobbiamo tradurre?)

Negli Stati Uniti non esistono i referendum nazionali. A livello federale non sonocontemplati, ma sono previsti a livello statale, soprattutto negli Stati del West con la California regina. Come in Italia, il referendum é usato nel caso si voglia bocciare una legge. Ma in qualche stato si usa anche e sempre piú spesso la formula del “proposition”, cioé di una legge che magari la legislazione statale non ha avuto il coraggio di approvare o neanche discutere e allora ci pensano direttamente i cittadini…

Al presidente degli Stati Uniti non puó capitare di restare invischiato in una campagna referendaria e soprattutto é impensabile che il capo della Casa Bianca possa invitare i cittadini ad andare al mare. Ma del resto, figurarsi, non sarebbe immaginabile che un candidato americano rifiuti di presentarsi al dibattito televisivo con lo sfidante politico, come é riuscito piú volte al rimbecillitore del popolo italiano.

Ma grazie alla prova superata del referendum, ora anche in Italia tutto scorre.

“Untereggae piú”, cantava e sembra ieri, Rino Gaetano. Gli italiani si erano appena divertiti a canticchiarlo a Milano e a Napoli, ma con il referendum lo hanno fatto a squarcia gola: Silvioooooo…. untereggae piú!

Meglio tardi che mai? In questo caso il ritardo é costato caro ad un paese che per le statistiche ufficiali non cresce piú da un decennio. Certo, se poi si calcolano i fatturati delle varie mafie del Sud che da sempre fanno impresa al Nord, allora l’Italia é “cresciuta” anche troppo.

Bersani ride, ma sia Pisapia, De Magistris e le file per i referendum, non sono stati frutto del suo partito. La valanga antiberlusconiana che canta “untereggae piú” pensa anche a quel PDS-DS-PD percepito come la faccia un po’ meno impresentabile della stessa medaglia Forza Italia-PDL. Magari senza l’indecenza dei bunga bunga o delle leggi ad personam, ma PD ´stato il sinonimo, a Milano come a Napoli, di “Partito Depressi”.

Chi ha saputo scuotere gli italiani dal torpore della depressione sono stati piú i Vendola, i Di Pietro, i Grillo. Un po’ come la Lega ha reinventato il modo di attrarre quel consenso decisivo per far vincere a destra, cosí Sel, Idv e Cinque stelle ci riescono a sinistra, nonostante i tentativi egemonici del solito Partito della depressione.

Dunque, appurato che a Berlusconi neanche lo scudetto del Milan riesce a fargli vincere una elezione, questi referendum sembrano registrare una scossa anche etica: l’Italia si desta e almeno da qui, ci appare finalmente scattare nel dibattito che avanza nelle altre democrazie.

Cosa strategicamente dovrebbe restare sotto il controllo pubblico e cosa dovrebbero invece gestire i privati? La gestione dell’acqua puó essere equiparata a quella di un casello autostradale? E l’energia nucleare, come si sviluppa col fatto che gli essere umani sono fallibili e non dotati delle capacitá di prevedere il futuro, quindi costretti ad adattarsiall’imprevidibilitá degli eventi (catastrofi naturali, attentati terroristici, guerre…)? La legge dovrebbe essere uguale per tutti o dipende dal lavoro che si fa? Quesiti ad alto senso civico, che grazie anche alla spinta d’antipatia per Silvio, gli italiani hanno capito che dovevano affrontare.

Qui in America, il presidente Barack Obama dal giorno del suo insediamento, delude chi lo ha votato ripetendo che tutto deve rimanere com’é affinché tutto possa cambiare:l’ambientalismo ci chiede meno inquinamento atmosferico? Allora bisogna puntare di piú sull’energia nucleare sostiene Obama… Il presidente voluto dal popolo del “Yes, We Can!”, delude chi é convinto, anche prima dello tsunami giapponese, che le centrali nucleari siano un rischio impossibile da calcolare. Ma gli antinuclearisti americani restano in pochi. Semmai in America il dibattito resta vivo, da trent’anni a questa parte, soprattutto sullo smaltimento delle scorie nucleari prodotte dalle 104 centrali del paese. E tra democratici e repubblicani i vecchi schemi destra e sinistra proprio non quadrano. Mentre i repubblicani vogliono che si continui a costruire in una montagna del Nevada, la Yucca Mountain, una mega discarica per le scorie nucleari delle centrali e delle armi atomiche, l’amministrazioneObama, si dice per ricambiare alcuni favori elettorali del 2008 al boss dei democratici, il senatore del Nevada Harry Reid, sta cancellando tutti gli investimenti e programmi per quella discarica senza offrire, secondo le critiche dei repubblicani, una alternativa valida se non quella giudicata inadeguata, anzi pericolosa del lasciare le scorie radiottive nei depositi nei pressi di ogni centrale…

In Germania e ora anche in Italia, con l’emotivitá della democrazia, si é risposto “Nucleare? No grazie”. Intanto negli Usa, per Obama l’energia nucleare continua ad essere il futuro. Poi, ogni tanto, in qualche discorso auspica che dovranno crescere gli investimenti nelle nuove fonti di energie rinnovabili. Vedremo nelle prossime presidenziali se il dibattitomaturerá e fino dove si spingerá.

Per quanto riguarda l’acqua, il dibattito su quando e quanto concedere la gestione privata,é vecchio quanto gli Stati Uniti, con gli equilibri di forza che cambiano da stato a stato. Non si puó certo dire che il pubblico sia sia arreso al business o che il privato non abbia conseguito vantaggiosi risultati per cittadini americani in situazioni particolari.

E sulla legge del legittimo impedimento? No comment. Una legge cosí sfacciatamente adpersonam, negli Usa avrebbe un solo risultato: l’eliminazione politica di quella persona.

In conclusione dopo il successo della partecipazione al referendum, da questa parte dell’oceano fa impressione accorgersi che l’Italia ci appare d’un tratto un paese politicamente “normale”. Una democrazia che quando il capo del governo si comporta e governa in maniera indecente, viene preso a schiaffoni elettorali. E dove i grandi temi sul futuro della qualitá della vita vengono affrontati imbracciando l’unica arma capace di scardinare una partitocrazia vecchia e inadeguata: quella del voto per il cambiamento.

Caspita Italia, con questo tuo improvviso “Change, yes we can!” di colpo da New York ci appari piú “obamiana” dell’America di Obama. 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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