Io ho ricevuto la busta dal consolato di New York, ho votato i referendum e ho rispedito il plico a Park Avenue. E voi? Cari lettori, molti di voi siete iscritti all’Aire e quindi avete il diritto di esercitare il voto dall’estero. Almeno un paio di settimane fa avreste dovuto ricevere la busta con i quattro referendum dai Consolati in cui risultate registrati: New York, Newark, Boston, Filadelfia, Los Angeles, San Francisco, Chicago, Detroit, Houston, Miami. Volevate votare? Ci siete riusciti?
Per capire i trucchi di chi vorrebbe far affondare i referendum, bisogna consultare i radicali italiani. Il partito di Pannella è da sempre il cane da guardia dei diritti democratici e per capirne qualcosa del pasticcio del voto degli italiani all’estero che potrebbe essere la causa del mancato quorum, conviene leggere certi avvertimenti.
Mario Staderini, segretario dei radicali italiani, ha recentemente ricordato su “Il Fatto Quotidiano” le manipolazioni del voto all’estero nel passato e messo in guardia da quello che potrebbe ancora accadere. Lasciamo lo spazio alle dichiarazioni di Staderini che ci riguardono molto da vicino:
“… il vero pericolo per tutti e quattro i referendum ora viene dal voto degli italiani all’estero. La questione non è tanto se chi ha già votato all’estero sul nucleare deve o no rivotare, alla luce della riformulazione del quesito da parte della Cassazione. La domanda da farsi è se gli oltre 3 milioni di italiani all’estero sono stati messi in condizione di votare per i quattro referendum.
È già accaduto in passato, infatti, che il voto dall’estero fosse utilizzato per far mancare il quorum. Successe con il referendum del 18 aprile 1999 sull’abolizione della quota proporzionale della legge elettorale della Camera dei deputati (il Mattarellum). In quel caso, andarono a votare oltre 21 milioni di persone, ovvero il 49,6% del corpo elettorale: il quorum non si raggiunse per 150 mila voti. Nel quorum furono considerati 2.351.306 residenti all’estero, anche se solo a 13.542 di loro, cioè lo 0,5% degli aventi diritto, era stato effettivamente recapitato il certificato elettorale. In pratica, fecero salire il quorum senza essere stati messi nelle condizioni di votare.
Ma non solo. Noi Radicali, promotori di quel referendum, chiedemmo invano la revisione delle liste elettorali. L’anno seguente, in occasione di un altro referendum, ottenemmo con un’azione nonviolenta la revisione degli elenchi e si scoprì che oltre 350 mila persone risultavano decedute e irreperibili. Dunque, se la cancellazione dalle liste elettorali fosse avvenuta l’anno prima, il quorum sul referendum sarebbe stato raggiunto e ci troveremmo oggi con una legge elettorale completamente maggioritaria, visto che il 91,5% dei votanti si era espresso per il Sì.
Cosa sta accadendo oggi? Siamo davvero sicuri che i 3,2 milioni di italiani all’estero siano tutti vivi e soprattutto siano stati tutti informati nei loro attuali recapiti della possibilità di votare? E quali informazioni di merito i Consolati hanno garantito affinché l’interesse a votare non fosse soffocato? Dal momento in cui il quorum condiziona la validità del voto di decine di milioni di italiani, la verifica su cosa accaduto ai 3 milioni di votanti all’estero è condizione essenziale di democrazia. Chi ha informazioni su quanto successo nelle operazioni di voto fuori dall’Italia, è bene che le tiri fuori subito, altrimenti ci ritroveremo con l’ennesima polpetta avvelenata”.
In Italia si sta votando fino a lunedì per i referendum su nucleare, acqua e legittimo impedimento. Ognuno avrá votato secondo le proprie idee. Chi voleva affondare i referendum ha nuovamente scommesso sull’astensione: basterà che la percentuale dei votanti sugli aventi diritto non superi il 50% e il referendum verrá annullato. “Andate al mare” disse Craxi, e perse. Lo ha ripetuto Berlusconi, che rischia di vincere la scommessa con l’inganno. Noi italiani all’estero saremmo, nostro malgrado, “complici” di una truffa.
Se la busta con il voto non vi fosse arrivata e non avete potuto votare, segnalatelo immediatamente. Dimostriamo che anche dall’estero ci teniamo alla nostra democrazia e non vogliamo essere lo strumento per scardinarla.