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January 30, 2011
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Se fossi Silvio…

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 3 mins read

 

Se fossi Silvio Berlusconi sarei molto preoccupato e penserei a dimettermi subito. Sarei spaventato, non solo per lo scandalo sulle mie notti insonni col "bunga bunga". Dopotutto i miei "vizietti" gli italiani li conoscevano già da tempo, Veronica li aveva avvertiti. Se io fossi Silvio sarei preoccupato non tanto perchè gli italiani sanno quanto mi piace "la carne fresca", come imprudentemente ripete la mia amica Iva Zanicchi, ma perché hanno capito che penso solo ai miei piaceri invece che a risolvere i problemi dell’Italia. Quindi, se fossi Silvio, finalmente capirei a cosa il mio caro amico siciliano Marcello si riferisse quando mi avvertiva: Silviuzzu, per gli uomini d’onore e’ megghiu cumannari ca futtiri. 

Ma se fossi Silvio sarei soprattutto spaventato per tutto quello che è scoppiato a pochi chilometri dall’Italia e mi ricorderei il significato di "e successe un ’48", cioè quei moti rivoluzionari che si propagarono per tutta Europa due secoli fa, portando a defenestrazioni di re e regimi e ponendo le fondamenta alla nascita di nuovi stati.

Se fossi Silvio, penserei alla Tunisia dell’amico Ben Alì e alla tomba dell’amato Bettino. Perbacco, proprio non mi aspettavo che il nostro dittatore dovesse scappare così, nessuno mi ha avvertito. Eppure, se fossi Silvio, mi ricorderei che Bettino mi diceva che la Tunisia era cosa nostra, che erano stati i nostri servizi a mettere Alì al posto del rimbambito Burghiba. Ora un ’48 del genere senza che a Roma ne sapessimo nulla? 

Se fossi Silvio, sarei molto spaventato anche per il ’48 d’Egitto.  Poveretto Mubarak, l’ho trascinato nella storia di Ruby supplicando la Questura di Milano di rilasciare la minorenne ruba cuori dicendo che era sua nipote. Se fossi Silvio, rifletterei sul fatto che non è stata una bella idea dire agli italiani che io credevo che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Saranno gli italiani così fessi da credere che sarei stato così pazzo da invitare per il bunga bunga una che dice di essere la nipote del presidente egiziano? I miei servizi mi avrebbero almeno avvertito… Ma come faccio a spiegargli che i servizi, quando ero impegnato nei "bunga bunga", dovevano farsi i servizietti loro? 

Se fossi Silvio sarei veramente spaventato e mi dimetterei prima che sia troppo tardi perchè, conoscendo il potere dei media, avrei già capito che tutto questo ’48 nel Nord Africa accade perchè i nostri amici dittatori riuscivano a mantenere il loro potere grazie al totale controllo dei mezzi d’informazione. Ma ora con questo cataclisma internet, con questi sovvertitori di anime come facebook e twitter per non parlare dell’assatanato Wikileaks, tutti sanno tutto di tutti prima ancora che lo sappiamo noi al potere. E se Alì o Mubarak non riuscivano più a controllare cosa leggevano e guardavano tunisini ed egiziani, figurati noi. Così scoppiano i ’48 del XXI secolo.

Se io fossi Silvio, rifletterei sulla fine della fabbrica del consenso che ho costruito con le mie tv. Ho rimbambito una generazione di italiani, che felici mi hanno concesso le loro belle figliole per il mio bunga bunga. Ma ora c’è l’internet che rovina tutto. Nè io nè i miei cadaverici oppositori  riusciamo più a controllare cosa leggono o vedono gli italiani. E se questi, come in Tunisia ed Egitto, scambiandosi messaggini via internet, decidessero di far scoppiare un ’48 anche in Italia? 

Tranne Putin e Gheddafi non ho più amici, anche Obama non vede l’ora di liberarsi di me. Quindi, se io fossi Silvio, prima che sia troppo tardi, farei un bel discorso e lo affiderei a youtube. Direi che me ne vado, mi dimetto da premier per godermi in santa pace, nelle mie meravigliose ville e barche sparse per il mondo, gli ultimi anni. Potrei fare bunga bunga giorno e notte alla faccia di Bossi, Fini e Casini… Già, se fossi Silvio, poi vorrei vedere come se la caveranno loro con questo ’48.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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