Lunedì la Quinta Avenue si riempirà di bandiere tricolori che, mischiate a quelle a stelle e strisce, sventoleranno l’orgoglio della comunità italiana d’America. Il Columbus Day, con la tradizionale parata, serve d’apertura anche al mese della cultura italiana a New York, che quest’anno è dedicato alla figura di Giuseppe Garibaldi nel bicentenario della sua nascita.
Colombo e Garibaldi, forse gli italiani dell’ultimo millennio di storia più popolari nel mondo. Due personaggi nati italiani quando l’Italia ancora non c’era, almeno quella che da "espressione geografica" doveva diventare nazione dentro i confini della Penisola e delle due grandi isole al centro del Mediterraneo. Uno di loro, il genovese Colombo, poté compiere la sua impresa andando via dalla sua patria. L’altro, il nizzardo Garibaldi, divenne eroe pur soffrendo l’umiliazione dell’essere diventato "straniero in patria". (Nizza, città del regno dei Savoia, durante il Risorgimento fu ceduta dai piemontesi alla Francia in cambio dell’aiuto avuto contro gli austriaci).
Eppure, forse si deve cominciare a ribaltare il famoso detto di D’Azeglio, senza avere ancora l’Italia, c’erano già gli italiani. Questi personaggi non sono sentiti forse come italiani? Dante, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Machiavelli… altri tantissimi nomi famosi in vari campi del genio umano che d’identità politica dell’Italia fatta nazione non vissero mai ma che comunque sono giustamente considerati parte integrante del genio italiano.
Anche per questo è giustissima la scelta della Columbus Citizien Foundation come Grand Marshall della parata sulla Quinta: Lidia Matticchio Bastianich, originaria dell’Istria. Ovviamente scelta perché è grandissima in quello che fa, diffonde l’arte culinaria della cucina italiana in tutto il mondo, ma giusto anche perché lei è esattamente italiana come lo erano Colombo, Garibaldi, Leonardo: senza bisogno di esserci nata dentro certi confini, senza bisogno di aver parlato crescendo solo italiano, senza bisogno soprattutto di sentire il bisogno di dover imporre la sua italianità su tutto il resto che le stava attorno per sentirsi italiana.
Ecco, forse è questo che i grandi italiani del passato – e la lista non finisce mai – possono trasmettere ad un popolo di italiani sparso sulla Quinta Avenue e per il mondo: che si può continuare ad essere tutti italiani e al meglio senza escludere niente, senza per questo necessariamente avere una identità determinata da un Paese così nazionalisticamente forte che finisce per schiacciarti ed escludere tutto il resto. Un giorno, speriamo di no, ma un giorno un’espressione geografica potrebbe tornare ad esserlo l’Italia, ma la molteplice identità degli italiani, ovunque essi vivano, quella resta. Domani la vedremo sfilare sulla Quinta Avenue di Manhattan, con le sue sfumature, lingue e colori.
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Sfilerà pure come ospite d’onore e rappresentante del governo italiano il ministro Clemente Mastella. Qualche mese fa, quando accettò l’invito della Columbus Citizen Foundation per il Columbus Day, lo intervistammo su queste pagine. Ricordate? Il titolo fu "Il temutissimo Mr. 1.5%". Rispetto a qualche mese fa, le cose sembrano cambiate, il ministro leader del partito piccolo piccolo ma indispensabile alle sorti del governo Prodi, sembra in gravi difficoltà. Lo attaccano da tutte le parti, sempre di più alle spalle. Insomma, sulla Quinta Avenue di New York ci ritroviamo l’uomo che forse più di tutti rappresenta, nelle sue capacità di poter determinare ad ogni istante le sorti del governo, la debolezza del sistema Italia. Il ministro sarà il benvenuto, sicuramente con immutata simpatia anche per via della moglie italoamericana. Ma le contraddizioni che attorno a lui ruotano e che mettono in mostra l’ingrippamento della democrazia italiana, non potranno che sottolineare come l’Italia, lo Stato, la Repubblica e le sue istituzioni, ahimé restano troppo fragili per poter essere ammirate sulla Quinta. Almeno restino forti gli italiani.