Quando inizia la stagione del basilico, qualcosa cambia nell’aria. Le serre si riempiono di quell’odore inconfondibile, fresco e dolce, che anticipa l’estate. I coltivatori controllano il suolo, osservano le prime foglie, ascoltano la terra. Ma quest’anno, accanto ai gesti consueti del seminare, c’è una novità: Barilla ha inaugurato una scuola: l’Accademia del Basilico.
Di primo impatto, sembra quasi un vezzo. Poi si guarda il mercato: +17% di vendite di pesto tra il 2023 e il 2024. Non è più solo una salsa. È diventato un simbolo culturale, un’idea d’Italia confezionata e pronta a viaggiare. Di fronte a questa domanda crescente, Barilla non ha scelto di spingere sull’automazione. Ha fatto il contrario: è tornata alla terra. Il basilico usato nel Pesto Barilla è coltivato interamente in Italia, all’interno di una filiera controllata e certificata ISCC Plus. C’è anche un documento — la Barilla Basil Charter — che mette nero su bianco standard, rotazioni, audit, obiettivi di biodiversità. Ma il punto non è solo quello di monitorare. È trasmettere. Insegnare. E farlo con continuità, non una tantum.
Così nasce l’Accademia. Non in un contesto urbano, ma nelle campagne dell’Emilia-Romagna, in collaborazione con Dinamica, ente di formazione agroalimentare, e con Open Fields Srl, attiva nell’innovazione agricola. Il programma è partito a gennaio. Le lezioni sono partite a gennaio: sette incontri, pratici e mirati. Si parla di protezione delle colture, salute del suolo, ma anche di tecnologia. Agricoltura 4.0: modelli predittivi, algoritmi, sistemi di supporto alle decisioni. Tutto applicato al basilico. Perché sì, anche il basilico ha i suoi tempi e non ama le scorciatoie.
Simone Bernardi, che guida l’Agricola Bernardi, ricorda quando tutto questo sembrava distante. “Ora fa parte della routine,” dice. “Ci fa risparmiare tempo, ma soprattutto migliora il prodotto. E noi siamo il primo anello della catena. Non possiamo più permetterci di andare a intuito”. Alessia Bonati, dell’azienda agricola La Felina, porta una prospettiva diversa: è giovane, è donna, in un settore che resta prevalentemente maschile. “L’agricoltura non è più quella di una volta”, racconta. “La tradizione non si cancella, si aggiorna. Innovare può essere un modo per avere più rispetto: per la terra, per chi ci lavora, per chi mangerà”.
La narrazione, si sa, è tutto. Per questo Barilla accompagna il suo basilico anche fuori dal campo: ogni barattolo di pesto può essere tracciato attraverso un QR code, dal seme alla tavola, grazie alla blockchain. È l’altra faccia della sostenibilità: non basta “fare bene”, bisogna dimostrare di aver fatto bene. Nel 2024 è arrivato anche il vasetto Half Flint, fatto con il 65% di vetro riciclato. Un gesto simbolico, ma non solo: riduce del 28% le emissioni rispetto ai vasetti tradizionali.
Ma resta una domanda, in filigrana: può esistere una sostenibilità che non sia anche accessibile? Che non costringa chi lavora la terra a diventare tecnico, stratega, comunicatore? Per ora, la risposta di Barilla è una scommessa: sì, può esistere. Ma va costruita insieme. Con formazione, con investimenti, con un’assunzione di responsabilità reciproca. E con la consapevolezza che dietro ogni foglia di basilico — profumata, brillante, perfetta — ci sono decisioni economiche, scelte politiche e storie umane che meritano di essere raccontate.