In Italia, andando per paesi, capita facilmente di imbattersi in luoghi incantati, fuori dal tempo, spesso deserti, persi nella natura. Chiese ormai prive di fedeli, monasteri custoditi da pochi monaci anziani, castelli e rocche fuori dalle rotte del turismo di massa… Insomma, quel grande patrimonio che spesso la collettività è incapace di far rivivere. In questo modo “casuale” (anche se ormai mi sto convincendo che il caso non esista), ho scoperto l’Abbazia di Maguzzano.
Sorge sul cocuzzolo di una collina morenica a ridosso del Lago di Garda, nell’attuale comune di Lonato, ma a pochi passi dalla più famosa Desenzano del Garda. Affatto imponente, la facciata scialba e disadorna, fu ricostruita e ristrutturata nei secoli a più riprese e per scopi diversi, ma questo luogo sacro, ha una storia a dir poco gloriosa e nessuno lo sa, o quasi. E’ una lunga storia, in cui a personaggi celeberrimi se ne alternano altri, perfettamente sconosciuti, in cui ai maldestri colpi sferrati dai primi, si oppongono le lungimiranti lotte dei secondi. Mille lunghi anni di accadimenti che vedono spesso l’abbazia in bilico, inquieta, ignara del futuro che l’aspetta. Ma andiamo per gradi. Innanzitutto, sto parlando di un’abatiola benedettina dell’ IX Secolo… Anzi X, perché fu presto rasa al suolo dagli Ungari , ma subito riedificata. E questo fu l’inizio.

Di abbazie benedettine in Europa se ne conteranno più di 2000, dal Portogallo alla Polonia, ma quella di Maguzzano è una della più antiche. Ricostruita, quindi, intorno all’anno 1000, l’abatiola cominciò a prosperare fino ad annettere le terre circostanti che andarono a costituire il Comune Monastico libero di Maguzzano. I monaci, operando secondo la famosa regola di S. Benedetto, “ora et labora”, coltivavano i prodotti della terra, con l’aiuto di alcuni contadini del posto; poiché il piccolo comune monastico aveva uno sbocco sul Lago di Garda, possedevano delle imbarcazioni, la cosidetta “flottiglia di S. Benedetto” con cui partecipavano alla vita commerciale nel ricco e popoloso bacino del Garda.

Per qualche secolo, sorvolando su fatti meno importanti, se pur tragici, le calamità naturali, gli incendi, le guerre, il comune monastico e l’Abbazia godettero di relativa tranquillità fino al 1438 anno in cui l’Abbazia venne completamente distrutta dalle truppe dei Visconti. Fu ricostruita nei primi del ‘500, periodo di cui conserverà lo stile, rinascimentale, nel bel chiostro e nell’attigua chiesa di Santa Maria Assunta, con affreschi pregiati, che racchiude opere di grande valore artistico. Nella sua nuova veste architettonica, l’Abbazia di Maguzzano ospitò, di lì a poco, nientemeno che il Concilio di Trento (1545-1563). Pare infatti, che i cardinali, spesso di età avanzata, mal sopportassero il clima dei rigidi inverni nella città alpina e constatando che, di anno in anno, il freddo decimava i prelati, decisero di cercare un luogo più confortevole. Valutate le varie possibilità, optarono per Maguzzano e per il clima temperato del lago e le bellezze che la natura regala da queste parti.

Correva l’anno 1796 quando l’Imperatore Napoleone Bonaparte stabilì gli accampamenti a Maguzzano. La data è fatidica, non solo per l’Abbazia, ma stavolta anche per il piccolo comune dei frati benedettini: dopo quasi mille anni di libero governo, verrà soppresso per decreto napoleonico. Non solo: verrà smembrato, venduto ai proprietari terrieri, saccheggiato… E l’Abbazia? Ceduta anch’essa ai privati. Fu depredata delle opere d’arte e dei suoi tesori, come la biblioteca di 53.000 volumi antichi, si dice dati alle fiamme per riscaldare le truppe francesi. L’abbazia divenne semplice casa colonica, accolse le famiglie contadine ed ospitò le attività della campagna, sacrificando gli ultimi fregi di pregio artistico, per finire poi, nel secolo successivo, nel totale abbandono. Ma, a quanto sembra, i rovesci della storia a Maguzzano sono sì pesanti, ma hanno vita breve. Agli inizi del ‘900, nuove vicende e protagonisti vedranno ancora una volta l’Abbazia risorgere dalle sue ceneri.

Nel 1904, costretti a lasciare l’Algeria, alcuni monaci trappisti francesi, cistercensi e quindi anch’essi benedettini, prima di tornare in Francia, si fermarono a Maguzzano. Il loro soggiorno riportò l’Abbazia, se non ai fasti di un tempo, almeno a ritrovare la sua vocazione spirituale, e la tregua di alcuni decenni suonò come una benedizione. Quando nel 1938 i trappisti decisero di fare ritorno in Francia, si aprì per Maguzzano uno nuovo scenario inquietante: che ne sarebbe stato dell’Abbazia? L’unica soluzione sembrò la vendita, ma a chi? A dire il vero, all’epoca c’era chi aveva le idee chiarissime: i signorotti locali, gli imprenditori, data la peculiarità turistica della zona, avevano avanzato un progetto per farne un grande albergo di lusso. E fu allora che si fece avanti Don Giovanni Calabria, un prete di Verona.

Era già noto nella zona, Don Calabria, perché a Verona si prendeva cura di bambini orfani, abbandonati od in condizione di povertà. Come un prete squattrinato abbia potuto spuntarla sui potenti, però, è tutta un’altra storia. I trappisti misero in vendita l’Abbazia di Maguzzano per 1 milione e mezzo di lire. La cifra era altissima, ma le offerte non mancavano; Don Calabria cercò di guadagnare tempo. Si dice che quando andasse a far visita ai monaci di Maguzzano fosse solito sotterrare nel chiostro una medaglietta di San Benedetto, quasi a voler dire: “San Benedetto, pensaci tu!”. La soluzione infatti, non era molto lontana: un benefattore, anzi due, due donne. Il caso volle, (ma ormai sono convinta che il caso non esista) che a pochi passi da Maguzzano, vivessero due signore, due sorelle, non sposate, senza figli, senza eredi e molto ricche!
La signore Girelli che, in quanto benefattrici, non passeranno mai alla storia, sono le donne che hanno salvato L’Abbazia di Maguzzano dall’ennesimo scempio, l’hanno acquistata dai Francesi per restituirla ai legittimi proprietari Italiani. Di loro si sa poco, se non che fossero molto devote ed io aggiungerei generosissime. Cosa non farebbero le donne per un ideale!
L’Abbazia di Maguzzano inaugurò una nuova era felice della sua storia, divenne il sogno realizzato di Don Calabria: la scuola. Trasformata in una scuola-convitto per bambini e ragazzi orfani, in condizione di difficoltà economica o con problemi di salute, nei trent’anni di attività, che cessò nel 1970, ospitò migliaia di studenti provenienti da ogni parte d’Italia che altrimenti non avrebbero mai avuto accesso all’istruzione.
Don Giovanni Calabria che fondò la congregazione dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza , è stato proclamato Santo da Papa Giovanni Paolo II nel 1999.
Se mi si perdona l’improvvisazione del video, girato in modo amatoriale, vi si ritrovano tutta l’emozione e la sorpresa che la storia locale può suscitare.