Conosciute in tutto il mondo, le mitiche bollicine di Prosecco vantano una storia antica, anzi antichissima, perché qui di vini bianchi e di viticoltura si inizia a parlare nientemeno che nel 1200, grazie all’opera laboriosa dei monaci benedettini. Un territorio, quello dell’alta Marca trevigiana, che si snoda lungo l’anfiteatro naturale che si apre tra Conegliano e Valdobbiadene coprendo un’area di 20.000 ettari, cui 7.191 di superficie vitata con oltre 3.200 aziende che operano nel settore. Uno scenario unico, dai forti tratti distintivi, fatto di versanti ripidi alternati a dolci declivi, su cui domina incontrastato il reticolo infinito dei vigneti, tanto suggestivo da essere inserito nella lista dei candidati a diventare Patrimonio UNESCO.
Sono terre di castelli antichi, di ville aristocratiche di nobili veneziani che qui si riparavano in estate dalla calura della Serenissima, di edifici sacri e di antiche sorgenti termali. Vittorio Veneto, Pieve di Soligo, Conegliano, e Valdobbiadene, quest’ultime designate Città Europea del Vino 2016 (la prima volta per un territorio che copre 15 comuni) rappresentano ciascuna un piccolo scrigno di tesori naturali su cui dominano, aggrappati agli erti pendii, i lunghi filari che producono le bollicine italiane famose nel mondo.
Con una tecnica spumantistica che ha fatto scuola grazie alla lungimiranza di Antonio Carpené che fondò nel lontano 1876 a Conegliano la prima scuola di Enologia in Italia. Proprio qui dove la terra deve essere conquistata centimetro per centimetro, dove si trova la più alta concentrazione di vigneti in alta collina, dove le alte pendenze (le cosidette Rive) impongono che sia solo la mano dell’uomo a eseguire ogni operazione di coltura. Su tutti spicca il più pregiato, frutto di una piccola area di 107 ettari di vigneto, compresa tra le colline più scoscese di S. Pietro di Barbozza, Santo Stefano e Saccol. È il Valdobbiadene Superiore di Cartizze DOCG, un vero e proprio cru che nasce dalla perfetta combinazione fra un microclima dolce ed un terreno antichissimo, originatosi dal sollevamento di fondali marini. Una media di sole 1 milione di bottiglie all’anno per uno spumante unico al mondo.
La principessa del Prosecco

Per Isabella Collalto de Croÿ, per tutti la principessa del Prosecco, una passione, quella del vino, che si è trovata a gestire prendendo il testimone dal padre che le ha trasmesso valori essenziali quali l’impegno nel lavoro e il rispetto del territorio che li accoglie. I Collalto vantano una storia millenaria di legame con il vino, essendo protagonisti della storia della Marca Trevigiana fin dal lontano 958 quando Berengario II, allora Re d’Italia, affidò al genero antenato della famiglia Collalto, Conte Rambaldo I, la Contea di Lovadina con prati, pascoli, boschi e vigneti. Il suo vino preferito? Non ci sono dubbi, per la Principessa Isabella il top è senza dubbio il rosé: “Un vino che ho visto nascere, a cui ho dato il nome di mia figlia Violette e che ci sta dando grandi soddisfazioni, ottenendo numerosi riconoscimenti a livello internazionale”.
Simbolo della famiglia e fulcro dell’attività è il Castello di San Salvatore a Susegana, datato XIII secolo, lasciato in eredità dal principe Manfredo Collalto al primo nipote maschio, Emmanuel, figlio di Isabella. Da baluardo difensivo a dimora signorile oggi è il cuore vitale della produzione. Da non perdere la cantina su tre livelli dei primi del Novecento, e sede di Vino in Villa, una degli eventi clou dell’anno dove si assaggiano le eccellenze dell’ultima annata del Prosecco Superiore DOCG.
La pietra miliare

Carpené Malvolti: anche questo un nome storico della Valdobbiadene. A fare la storia fu l’intuizione dello scienziato garibaldino Antonio Carpené, i cui trattati di enologia sono tutt’oggi utilizzati anche nella scuola da lui fondata, e a Francesco Maria Malvolti che per primo citò il nome Prosecco nel lontano 1772 all’Accademia di Agricoltura. Un sodalizio, il loro, talmente forte che nel 1868 fondarono lo Stabilimento Vinicolo Trevigiano con annessa distilleria a vapore, come recita un’insegna di fine Ottocento. I primi in assoluto a produrre spumanti, utilizzando sistemi qualificati e scientificamente controllati, a loro va il merito del perfezionamento del metodo Charmant Italia, applicato con importanti modifiche al Prosecco. L’amore per la terra, per la cultura e per il vino, portò Antonio Carpenè a fondare la Scuola Enologica di Conegliano, che fino alla riforma Gentile fu una sorta di ateneo del vino ed ancora oggi è uno degli Istituti più prestigiosi d’Italia.
L’imprenditore illuminato
Un luogo da incanto con affaccio diretto su Rolle di Cison di Valmarino, primo borgo in Italia tutelato dal Fai. Intorno ripidi pendii, boschi, pascoli con animali in libertàe persino un piccolo laghetto. All’interno della tenuta di 53 ettari, 15 sono dedicati a vigneto, coltivati con metodi naturali, da cui nascono le 6 varietà di vini Spumante Duca Di Dolle. Qui i lunghi filari sono aggrappati a colline ripidissime sulla cui sommità domina il Relais, antico eremo camaldolese del 1500, con annessa piscina, dove ci si ritempra il corpo e lo spirito.

Di proprietà di Bisol, la tenuta è stata nel 2011 acquistata da Andrea Baccini, eclettico e lungimirante imprenditore nel settore delle energie alternative. Da subito Baccini sposa a piene mani il protocollo biologico ma è la difficile annata 2014 il punto di svolta, quando decide di sostituire la certificazione Biologica con il Protocollo Interno NS0 (acronimo di Naturale, Sostenibile e a Residuo Zero) studiato ad hoc per garantire la maggior naturalità possibile ai propri vini e, soprattutto, una gestione ambientale ancora più rispettosa dell’ecosistema. Per fare ciò Baccini avvia una serie di collaborazioni con Università, Centri di Ricerca e Scuole enologiche, per giungere a un disciplinare interno che garantisca, attraverso tecniche sperimentali e tecnologie innovative, la miglior cura del vigneto e al contempo il minimo residuo di sostanze chimiche nel vino e nell’ambiente.
Novant’anni di passione

Una lunga storia quella di Valdo che affonda le radici in quel lontano 1883 quando Albano, bisnonno dell’attuale presidente Pierluigi Bolla, gestiva una locanda in quel di Soave e serviva vini a marchio Bolla. Che piacevano. Tanto da venderne anche a Venezia e Milano. L’occhio sempre puntato verso l’infinito, i Bolla, già nei lontani anni ’60, distribuivano i loro vini in tutta Italia. Da lì il passo verso l’Europa, e in seguito il lontano Far East e le Americhe ,fu rapidissimo tanto che oggi il marchio Valdo è uno dei più conosciuti al mondo.
Cinque secoli sulla collina più preziosa

Testimonianze che attestano la presenza della famiglia Bisol nel cuore storico della zona di produzione del Prosecco, ovvero il territorio denominato “chartice”, la prestigiosissima collina di Cartizze, si ritrovano già a partire dal XVI secolo. Come ricorda Antonio Bisol, attuale presidente dell’azienda, “mio padre Desiderio cercava sempre di acquistare i migliori appezzamenti, quelli più costosi e scoscesi, quindi difficili da lavorare, ma la cui pendenza e composizione risultavano ideali per la coltivazione del Glera (il vitigno da cui si ricava il Prosecco), dimostrando un’estrema sensibilità alla qualità del prodotto”. I vigneti gestiti dall’azienda hanno oggi un’estensione di 20 poderi, collocati nelle aree più vocate della Denominazione.
Il Prosecco: le tipologie
Il disciplinare prevede che la vinificazione debba essere effettuata solo nei comuni di Conegliano, San Vendemiano, Colle Umberto, Vittorio Veneto, Tarzo, Cison di Valmarino, San Pietro di Feletto, Refrontolo, Susegana, Pieve di Soligo, Farra di Soligo, Follina, Miane, Vidor, Valdobbiadene. La versione Spumante è la declinazione simbolo del Conegliano Valdobbiadene Docg e lo si produce in tre tipologie fondamentali: Brut, Extra Dry, Dry, che si distinguono essenzialmente per il loro residuo zuccherino.
Brut
La versione Brut, servita di norma a 6-8°C è quella più attuale, meglio capace di incontrare il gusto internazionale. Si caratterizza per profumi ricchi di sentori d’agrumi e di note vegetali che si accompagnano ad una piacevole nota di crosta di pane, unita a una bella e viva energia gustativa. Il residuo zuccherino va da 0 a 12 g/l.
Extra Dry
La tipologia Extra-dry, ideale come aperitivo a 6-8°C, è quella più tradizionale, che combina l’aromaticità varietale con la sapidità esaltata dalle bollicine. Il colore è paglierino brillante ravvivato dal perlage. Fresco ed elegante, è ricco di profumi di frutta, mela, pera, con un sentore d’agrumi che sfumano nel floreale. Il vino è morbido e al tempo stesso asciutto grazie ad un’acidità vivace. Il residuo zuccherino va da 12 a 17 g/l.
Dry
La Dry è la versione meno diffusa, che esalta il fruttato floreale. Presenta colore giallo paglierino scarico, profumo delicato, fruttato, con sentori di agrumi, pesca bianca e mela verde, e gusto sapido, fresco, morbido al palato, grazie alla sua elegante nota abboccata. Va servita, per mitigarne la dolcezza, molto fresca, sui 6°C. Il residuo zuccherino va da 17 a 32 g/l.
Oltre alla versione Spumante, il Conegliano Valdobbiadene si trova anche nelle tipologie frizzante e tranquillo.
Frizzante
È la versione più informale e immediata. Nella tipologia a rifermentazione in bottiglia (sur lie) è l’autentico ambasciatore della tradizione del vignaiolo. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il Frizzante è ottenuto con metodo italiano. Va servito a 8 °C ed è ideale come aperitivo, su antipasti o primi non troppo elaborati.
Tranquillo
È la versione meno conosciuta. Si ottiene dai vigneti più fitti e poco produttivi, dove le uve vengono vendemmiate ben mature. Il colore è giallo paglierino delicato, i profumi sono di mela, pera, mandorla e miele di mille fiori. Va servito a 8–10° C su antipasti di mare e di terra.
Le Selezioni: Superiore Di Cartizze E Rive

I vigneti del Cartizze si estendono su soli 107 ettari, suddivisi tra un centinaio di produttori che ogni anno immettono sul mercato circa un milione di bottiglie di questo spumante della denominazione Superiore di Cartizze. Spesso le viti sono molto vecchie. Il valore delle vigne è elevatissimo, tanto da arrivare a quotazioni fino a 1 milione di euro a ettaro.
Nella parlata locale, la parola “rive” significa terreni scoscesi e, per estensione, indica i vigneti posti lungo i caratteristici pendii delle colline, che incorniciano il paesaggio del Conegliano Valdobbiadene.
Per fregiarsi della menzione Rive, i vini devono sottostare a regole più restrittive rispetto alle altre tipologie di Conegliano Valdobbiadene: le uve devono provenire da un’unica località, che viene riportata in etichetta, e la produzione non deve essere superiore ai 130 quintali per ettaro invece di 135. Inoltre, la vendemmia deve essere esclusivamente fatta a mano, deve essere sempre riportato l’anno di produzione e possono essere prodotti esclusivamente nella versione Spumante.
Dove Dormire
A Conegliano

Nel centro di Conegliano, di fronte a Palazzo Sarcinelli, l’Hotel Canon d’Oro, ex Monte di Pietà, si trova in un palazzo del ‘500dalla facciata completamente affrescata risalente al 1524 lungo la vContrada Granda,ora Via XX Settembre. A partire da 80 euro a notte.
A Follina

A Follina all’Hotel Villa Abbazia***** ’interno di un complesso settecentesco un Relais & Chateaux in cui raffinatezza ed eleganza si respirano ovunque. D’obbligo una visita all’Abbazia di Santa Maria e alla Volta, il negozio attiguo all’Hotel. Cucina stellata per mano di Donato Episcopo nel ristorante interno La Corte. Pacchetto romantico con 3 notti, cena stellata e Prosecco in camera da 435 euro a persona
Dove Mangiare

Affacciata su un parco circondato da un orizzonte di vigneti, Locanda Sandi è un’oasi di charme all’interno della tenuta Villa Sandi. I sapori della cucina sono quelli tipici trevigiani da assaporare nell’accogliente veranda o a fianco del grande camino dove sfrigolano invitanti galletti alla brace. Su tutto le note fruttate del pluripremiato Cartizze Vigna di Rivetta, l’espressione massima del territorio. Il must, le 6 camere, raffinatissime, ognuna diversa dall’altra, ognuna che racconta la propria storia.

In un vecchio cascinale immerso in una tenuta di frutteti e vigneti, il Ristorante Alla Cima a Valdobbiadene vanta una vista impagabile. Qui si viene per degustare la Merenda del Mazarol, ispirata a un mitico folletto della tradizione locale, che prevede soppressa di Valdobbiadene cotta in tegame, amalgamata con ricotta e servita con radicchio e agretto di mele o delle magnifiche carni alla brace, tutte provenienti da allevamenti locali.