Il fiore all’occhiello della presidenza Trump, il cosiddetto “Big, Beautiful Bill”, un colossale disegno di legge su fisco, spesa e immigrazione, rischia di naufragare al Congresso, bloccato da divisioni interne al Partito Repubblicano, veti procedurali e crescenti timori sull’aumento del debito federale.
A rendere ancora più difficile l’approvazione della legge è la procedura scelta dai repubblicani: la riconciliazione di bilancio. Questo strumento consente di aggirare l’ostruzionismo (filibuster) al Senato e passare il disegno con una maggioranza semplice, ma impone regole rigidissime sulle misure ammissibili. È qui che entra in gioco la cosiddetta “Byrd Rule”, che vieta l’inclusione di disposizioni non strettamente legate al bilancio. Diverse sezioni del Big Beautiful Bill sono già state bocciate sulla base di questa norma costringendo i repubblicani a rivedere alcune delle promesse chiave della proposta. Poi giovedì un altro duro colpo è arrivato dalla parliamentarian del Senato, Elizabeth MacDonough, figura apartitica incaricata di verificare la conformità delle misure legislative alle regole di bilancio. MacDonough ha stabilito che una delle disposizioni chiave per finanziare il pacchetto, una modifica alle tasse imposte dagli Stati ai fornitori Medicaid, non può essere inclusa nella procedura di riconciliazione di bilancio. Questa decisione aprirebbe un buco di circa 250 miliardi di dollari nei calcoli finanziari del provvedimento, mettendo a rischio le promesse di tagli fiscali. Per tutta risposta il senatore Tommy Tuberville, repubblicano dell’Alabama, ha chiesto il suo licenziamento accusandola di voler ostacolare l’agenda legislativa del presidente. La richiesta di Tuberville ha sollevato un’ondata di critiche bipartisan, ma riflette le crescenti tensioni all’interno del GOP tra chi vuole forzare le regole per far avanzare il piano e chi teme un precedente pericoloso per l’equilibrio istituzionale del Senato.

Al centro del disegno di legge ci sono due promesse che hanno caratterizzato la campagna elettorale di Trump: il massiccio taglio delle tasse e l’innalzamento del limite SALT per le detrazioni fiscali statali e locali, particolarmente apprezzato negli stati ad alta tassazione. Ma proprio questi due pilastri rischiano ora di entrare in rotta di collisione: il primo, per la sua portata, farebbe lievitare il deficit; il secondo, sebbene popolare tra i contribuenti benestanti di stati come New York e California, rappresenta un ulteriore aggravio per le casse federali. In pratica aumenterebbero le spese e diminuirebbero gli introiti, un paradosso politico e contabile. Trump chiede una politica fiscale più generosa, ma questa stessa politica minaccia di far esplodere il debito nazionale, mettendo in allarme i repubblicani più attenti all’equilibrio di bilancio.
La misura, già approvata dalla Camera, è stata fortemente modificata al Senato, con l’aggiunta di disposizioni controverse come i tagli all’assistenza sanitaria, restrizioni per i beneficiari non cittadini di Medicaid, limiti alla copertura per cure di genere. La parliamentarian già ha giudicato irregolari queste decisioni e pertanto saranno eliminate, ma nel frattempo il fronte dei senatori repubblicani contrari si è allargato.
La senatrice Susan Collins ha chiesto un fondo da 100 miliardi di dollari per proteggere gli ospedali rurali colpiti dai tagli. Il senatore Josh Hawley ha denunciato il rischio che i tagli a Medicaid facciano saltare l’accordo con la Camera. Thom Tillis ha avvertito che molti stati non riusciranno a colmare il buco di bilancio creato dalla nuova versione della legge.
Se al Senato i parlamentari sono scettici, alla Camera i deputati hanno alzato le barricate. Il Freedom Caucus e altri conservatori fiscali considerano la versione del Senato troppo costosa e poco aderente ai compromessi faticosamente raggiunti a maggio. Le divisioni sono evidenti anche su misure come l’innalzamento del tetto SALT per le detrazioni fiscali locali, difeso da repubblicani di New York e California ma annullato dal Senato.
Anche i cosiddetti “falchi del debito”, come Ron Johnson e Rand Paul, hanno annunciato che voteranno contro la proposta per via dell’enorme aumento del deficit. Secondo il CBO, la versione della Camera costerebbe oltre 3.300 miliardi in dieci anni. La versione del Senato potrebbe salire ancora.
Il leader della maggioranza al Senato, John Thune, è determinato a chiudere entro il 4 luglio, spinto dalla Casa Bianca che considera la legge il pilastro dell’agenda interna di Trump. Ma le divergenze sono tali che un compromesso in tempi brevi appare difficile. Anche se il Senato approvasse la versione modificata del “Big Beautiful Bill”, i deputati non sembrano intenzionati a ratificarla senza ulteriori aggiustamenti che dovranno nuovamente essere approvati dal Senato.
Trump, che ha definito la legge “la più bella mai scritta”, insiste per una rapida approvazione, ma le continue modifiche e i compromessi rischiano di renderla irriconoscibile rispetto alla visione originaria.
L’apparente urgenza politica si scontra con un Congresso frammentato, dove le divisioni all’interno dello stesso Partito Repubblicano sono oggi l’ostacolo più serio al passaggio della legge di bilancio.