Quasi 450 oggetti personali del regista — morto a gennaio all’età di 78 anni — sono stati battuti da Julien’s Auctions in collaborazione con Turner Classic Movies, per una cifra complessiva che ha superato i 4,25 milioni di dollari. Un “white-glove auction”, come dicono in gergo: ovvero una vendita in cui ogni singolo lotto è stato aggiudicato. Nessun oggetto è rimasto invenduto.
Una tazza con il logo di Twin Peaks — 11.700 dollari. La sedia da regista — 70.000. La macchina per il caffè La Marzocco, oggetto di culto di chiunque abbia seguito Lynch abbastanza da sapere quante tazzine scolasse al giorno — 35.000.
Ma il cuore pulsante di questo catalogo del desiderio era Ronnie Rocket. Undici sceneggiature, tutte diverse, tutte irrealizzate, battute per una cifra compresa tra i 150.000 e i 195.000 dollari. Un film scritto per decenni e mai girato. Un progetto che Lynch ha sempre tenuto in vita senza lasciarlo nascere. “È molto astratto, ma lo amo”, aveva detto. Il suo protagonista era un uomo alto un metro, con i capelli rossi, circondato da misteri elettrici. Ma nessuna luce si è mai accesa.
Secondo chi gli è stato accanto, non furono i produttori a bloccarlo. Fu lui. Perché non era pronto, o perché non voleva esserlo. Perché, come accade nei suoi film, a contare non è il compimento, ma l’intervallo. Lo slittamento. Il tremore tra una porta che si apre e una che non si chiude mai.

Crediti: Artwork promozionale / Julien’s Auctions
C’è poi Unrecorded Night, la serie che Lynch stava scrivendo per Netflix prima della pandemia. Una lunga storia, dicono, misteriosa, rischiosa. Mai girata. Mai iniziata, forse. Il direttore della fotografia Peter Deming racconta che ci sono voluti tre giorni per leggerla tutta. Ma la verità è che nessuno sa davvero cosa ci fosse dentro. E ora, non lo sapremo mai.
David Lynch è morto nella casa della figlia, a Los Angeles, mentre la città bruciava. Era il gennaio del 2025. A Cannes, qualche mese dopo, Mylène Farmer gli ha dedicato un omaggio in apertura del Festival. Poi è arrivata l’asta. E con essa, la resa dei conti. Non con il cinema, ma con la memoria.
Perché ciò che ha sfilato sotto il martelletto del banditore non erano solo oggetti. Erano i resti tangibili di un mondo intangibile. Il tappeto della Black Lodge. I menù del Winkie’s. Il copione di Mulholland Drive, battuto per 98.000 dollari.
Chi ha comprato Ronnie Rocket? Nessuno lo sa. Ma non importa. Perché quel film non ha mai avuto bisogno di una cinepresa per esistere. Basta sapere che da qualche parte, su qualche tavolo, Lynch stava ancora riscrivendolo. Ora quell’attesa ci è stata venduta. E nel momento stesso in cui è diventata nostra, si è dissolta.