L’inizio dei cantieri per la costruzione del Ponte sullo Stretto sembrerebbe imminente, questione di settimane, al più di qualche mese. O almeno così viene detto dagli esponenti del governo. Ma un tema su cui deve fare i conti chi si è intestato il patrocinio politico della sua costruzione è quello della criminalità organizzata, che si è già messa all’opera.
In primis per il giro enorme di denaro: il costo stimato si aggira intorno ai 14 miliardi di euro, cifre che smuovono gli interessi delle mafie. Inoltre, il ponte dovrebbe collegare due regioni, la Sicilia e la Calabria, non esattamente estranee a fenomeni criminali, terre natie di mafia e ‘ndrangheta. Dal canto suo, si presume che lo Stato si adoperi per scongiurare l’insorgere di infiltrazioni mafiose, corruzione, appalti truccati. Ma quello di Stato, da che mondo e mondo, non è un concetto univoco o composto da un blocco uniforme.
Sul Ponte sullo Stretto si possono già individuare una pluralità di atteggiamenti in merito alla questione. Il primo è emerso dal recente scontro fra il Quirinale e il ministro Matteo Salvini. Oggetto della polemica è stata la normativa dei controlli antimafia sulla costruzione del ponte. La Presidenza della Repubblica ha preteso che venisse abolita la norma contenuta nel Decreto Infrastrutture. Sulla base di quest’ultima, era stata prevista una deroga agli ordinari controlli antimafia, i quali sarebbero stati effettuati in modo centralizzato da soli uffici del Ministero degli Interni. Una procedura straordinaria – adottata ad esempio per le Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 – che non ha motivo di esistere per un’opera dall’alto valore strategico la cui costruzione durerà almeno sette anni.
Salvini ha commentato dicendo che c’è un dialogo diretto con il Colle, ma non si è risparmiato una risposta piccata. “È la prima volta che c’è un’opera indagata prima che inizi”, ha affermato al Festival dell’Economia di Trento. A rincarare la dose c’è la pubblicazione del rapporto sulle attività della Dia (Direzione investigativa antimafia) nel 2024, presentato martedì nella sede della stampa estera a Roma. Nel testo viene specificato come “le cosche avrebbero evidenziato un crescente interesse nel controllo delle grandi opere pubbliche e nella gestione delle risorse economiche degli enti locali, come nel caso delle aziende ospedaliere o dei servizi di raccolta rifiuti”. Proprio sul Ponte sullo Stretto è intervenuto il direttore della Dia Michele Carbone: “Per quanto riguarda gli appalti per il Ponte sullo Stretto siamo pronti a svolgere l’attività di prevenzione che sarà decisa dagli organi istituzionali. Abbiamo già un background molto importante di esperienza, di capacità, di risorse”.
La pubblicazione del rapporto va a ingarbugliare ulteriormente la questione dei controlli antimafia sulla costruzione del ponte, accendendo un’altra lampadina. Depotenziare i controlli è divenuto più difficile che mai.