È la sintesi perfetta tra tradizione e innovazione culinaria, una fusione tra le culture dei popoli del Mediterraneo che parte dalla Sicilia e arriva a New York.
Da Norma a Hell’s Kitchen, il cous cous è una religione e gli ospiti della serata organizzata dall’Accademia Italiana della Cucina lo hanno capito bene. Chef Salvatore Fraterrigo, che insieme alla moglie gestisce il locale sulla 9ª Avenue all’incrocio con la 53ª Strada, ha spiegato con dovizia di particolari la creazione di un prodotto che con coraggio ha portato negli Stati Uniti.
“Oggi ci sono persone che vengono da noi solo per mangiare il cous cous – racconta Fraterrigo – ma quando ho deciso di metterlo nel menù è stata una scommessa. Era un piatto che nessuno conosceva e per gli italoamericani, abituati a tutt’altro tipo di cucina, non funzionava. Ho dovuto insistere, raccontarlo, spiegare la sua autenticità e alla fine i risultati sono arrivati”.
La sua preparazione richiede grande abilità e pazienza. Gli ospiti dell’Accademia hanno potuto assistere dal vivo ai movimenti dello chef necessari per creare piccole palline di semola con movimenti rapidi e precisi. “Questa semolina l’abbiamo soltanto noi – specifica – Non esiste negli Stati Uniti perché non c’è mercato, la facciamo arrivare direttamente da un piccolo produttore siciliano”.

Una ricetta che con gli anni ha preso piede anche nell’alta cucina. Gli chef più rinomati l’hanno incorporata nei loro menù, mentre le famiglie la preparano come piatto simbolo per le occasioni speciali. Ma il vero segreto del cous cous, ricorda Fraterrigo, sta nella sua capacità di aggregare le persone, creare un senso di unità e condivisione.
“È straordinario perché riesce ad assimilare e adattare il pesce del mare alle spezie dell’Oriente”. Come la cannella, che alcuni commensali si stupiscono di riconoscere assaggiando il piatto.
Da Norma, l’Accademia della Cucina ha potuto addentrarsi nella gastronomia siciliana anche grazie alle panelle, servite con una salsa di aglio, olio e aceto, alle ottime Busiate al pesto Trapanese (il piatto più apprezzato dalla sala) e ai dolci della tradizione: cannoli, cassata e tartufo al pistacchio.
Tanti gli applausi arrivati a fine serata dall’Accademia e dalla sua delegata Roberta Marini, che ha accolto due nuovi membri nel NY Chapter.
Prima dei saluti, chef Fraterrigo ha voluto fare un appunto sulla cucina italiana a New York. “Ad alcuni miei colleghi vorrei dire di avere più coraggio. Se venite da una terra che ha delle eccellenze, non abbiate paura di portarle qui e di fallire. All’inizio sarà dura e forse non sarete capiti, ma la qualità premia sempre. Non omologatevi allo stereotipo della cucina italiana che vogliono gli americani, ma convinceteli ad apprezzare la vostra autenticità”.