Caro Direttore,
Ho conosciuto il suo giornale attraverso un link col sito dell’Inkiesta, e devo dire che mai link fu più interessante.
Adoro New York, gli Stati Uniti e anch’io sono un emigrante, da 23 ho lasciato Milano e vivo in Lussemburgo, é vero non é Sidney ma é sempre “l’estero”.
Per questo ho letto con interesse l’ultima lettera ricevuta da un’italiana emigrata a Malta, piena di rancore e disprezzo per il nostro Paese.
Da tanto mi chiedo, senza darmi una risposta, perché noi italiani non possiamo emigrare “serenamente”, voglio dire come fanno altri popoli.
A New York, culla dell’Occidente, ci saranno decine di migliaia di nuovi emigrati di tutti i paesi, non per forza solo del terzo mondo ma anche del “primo”. Professionisti, impiegati nella finanza, imprenditori; credo che nessuno abbia parole così dure nei confronti del paese che ha lasciato, tutti lo ricordano con affetto, mai con disprezzo, primato che spetta decisamente a noi italiani.
Chissà perché noi non possiamo emigrare così, pretendiamo che tutta la nostra vita si svolga nella città natale, nello stesso quartiere a fare il lavoro che si vuole.
Una ex-ministra, la Fornero, con, forse, l’unica espressione fortunata della sua ahimè catastrofica esperienza di governo, definì i giovani italiani “choosy”; e devo dire che é proprio così, impossibili da accontentare ed incapaci di cogliere le opportunità che il mondo può offrire.
Forse la sua rivista, unica nel genere e nell’intelligenza degli articoli, potrebbe lanciare la discussione, ci sono italiani emigrati e felici? Diamogli spazio.
Cordiali saluti e ancora complimenti, continuerò a leggervi.
Riccardo Moraldi, Lussemburgo