Un battagliero campione della libertà di stampa. Questo il primo pensiero che mi viene in mente ricordando Lucio Manisco, scomparso oggi a 97 anni.
Era un giornalista che aveva raccontato l’America agli italiani per quasi 50 anni. Prima, sin dagli anni Cinquanta, con Il Messaggero e poi, dal 1984, con la Rai della quale divenne corrispondente per il TG3. Era l’America dei cambiamenti, delle rivolte razziali, della guerra in Vietnam, del Watergate quella che Lucio Manisco “pennellava” con i suoi pezzi da New York. Con la sua profonda visione sociale e con il suo umorismo.
Lasciato il giornalismo si gettò con foga nella sua altra passione: la politica. Eletto nelle fila di Rifondazione Comunista, dati i suoi trascorsi editoriali, venne nominato direttore di Liberazione, allora quotidiano del partito. Quando era a New York, insieme a Ruggero Orlando, Stelio Tomei, Ugo Stille, Ennio Caretto, Antonello Marescalchi, era stato tra i fondatori dell’Acina, l’associazione dei corrispondenti italiani in Nord America.
Un campione della libertà di stampa che si gettò anche in aiuto di America Oggi, il quotidiano del quale sono stato vicedirettore, dopo che con l’arroganza del potere il governo Berlusconi bloccò retroattivamente i fondi pubblici stanziati per la stampa quotidiana all’estero. Una “punizione” che ci venne inflitta dopo che l’Editoriale L’Espresso aveva fatto un contratto per inserire La Repubblica nelle pagine centrali di America Oggi. Un panino poco gradito a quel governo di destra che, anche se successivamente ritornò sui suoi passi, sconquassò i piani finanziari del giornale di New York.
E Lucio Manisco, a questo proposito, organizzò a Roma un incontro con Paolo Bonaiuti, ex inviato e vicedirettore del Messaggero, che era diventato sottosegretario alla presidenza del Consiglio e uno dei più stretti collaboratori di Silvio Berlusconi. Incontro al quale erano stati invitati anche Furio Colombo, giornalista e senatore, con i suoi colleghi Renato Turano e Angelo Lauricella, e Giuseppe Giulietti, giornalista, sindacalista e parlamentare.
All’ultimo minuto Bonaiuti fece sapere che, per “un impegno improvviso”, non avrebbe potuto prendere parte all’incontro. Bidonati e rassegnati, mentre eravamo riuniti seduti sui divani nel grande corridoio del Parlamento, cercando di trovare un altro modo per poter trovare una soluzione al problema, Paolo Bonaiuti attraversa il Transatlantico e Lucio Manisco lo vede. Lo chiama: “Paolo, Paolo!”, ma lui alza una mano e prosegue senza fermarsi. E Lucio perde la pazienza.
“Vieni qui, maggiordomo del cavaliere del lavoro altrui”, urla, mentre Bonaiuti, sempre più in fretta, si dilegua.
Una battuta velenosa che ci fece tornare il sorriso. Il problema con i fondi bloccati, poi, si risolse, ma il danno ad America Oggi era stato fatto. Ed io ricordo con affetto e gratitudine Lucio Manisco, la sua semplicità, la sua umanità, la sua gentilezza e il suo graffiante umorismo. Ma soprattutto la sua praticità: era un uomo che si rimboccava le maniche e aiutava.