
Il burlesque è uno spettacolo satirico che nacque in Inghilterra nel XVIII secolo; fu caratterizzato da un umorismo che voleva ridicolizzare i vari generi teatrali allora in auge. E’ successivamente che arriva negli Stati Uniti d’America, attraversando moltissime trasformazioni, e il tempo ha fatto in modo che perdesse il proprio elemento caricaturale divenendo sempre più uno spettacolo simile al varietà. Non è possibile in poche parole ripercorrere in maniera esaustiva la storia di questa espressione artistica, né è mia intenzione farlo in questa sede. Aggiungo solo che negli States il burlesque si diffuse intorno alla metà del Settecento, e che fu intorno al 1865 che venne rivitalizzato grazie ad una trasformazione di stile, genere e contenuti, che gli fece acquisire una funzione di spettacolo di divertimento per adulti, con scene comiche a sfondo erotico, danze del ventre, scene improvvisate basate su doppi sensi, con equilibrismi, canti, danze e così via. Tra momenti comici, danze sempre più prive di vestiti, elementi satirici vari, quella del Burlesque è una lunga ed appassionante storia. Il mio incontro con Sophie d’Ishtar, la mia intervistata di oggi, è un modo per capirne di più e meglio, evitando per una volta i libri, e passando direttamente alla vita vissuta e all’esperienza diretta di una riconosciuta professionista del settore.

Sophie d’Ishtar è il tuo nome d’arte: iniziamo da qui. Da dove nasce questa scelta ed il tuo amore per il burlesque? Tu che lo vivi dall’interno come lavoro, in che cosa esattamente consiste?
“Allora, il mio amore per il burlesque nasce da molto lontano; già moltissimi anni fa mi esibivo nei night club di Milano, e facevo burlesque in maniera inconsapevole (non lo conoscevo). All’epoca non avevo un amore spassionato per il vintage, perché ero tanto giovane. Poi, però, con il tempo, ho iniziato ad essere affascinata da tutte le icone dagli Anni ’30 ai ’60, e dal loro mutare forma e colore, in qualità di donne, pur mantenendo sempre come unica costante la sensualità’ nelle loro espressioni artistiche. Il mio lavoro consiste in alcune performances, nel mio caso appunto di burlesque: spazio tra vari stili, in cui in scena si rappresenta uno striptease fatto a regola d’arte, che comunque si differenzia da uno striptease diciamo “canonico” (intendo quello fatto da un altro tipo di professionista, cioè la spogliarellista). Noi utilizziamo il copri-capezzoli, per esempio: questa è la prima differenza con le strippers; inoltre, non facciamo lo striptease integrale ed abbiamo una storia ed una suggestione visiva differente rispetto ad una stripper, che ha una finalità solo erotica. Nel nostro caso c’è erotismo, ma vi sono anche altre componenti, come la poesia, la comicità, il misticismo, l’arte circense. Il mio nome d’arte è proprio l’unico nome che io potrei avere, sai; nelle varie ricerche che ho fatto all’inizio, quando stavo costruendo il mio alter ego, ho dovuto capire cosa mi potesse rappresentare, e sono venuta a conoscenza di Ishtar, che è stata la divinità più potente del mondo antico mesopotamico. Leggendo tutto quello che si narra a suo riguardo, mi sono rivista tantissimo nella descrizione, e quindi ho pensato che io potessi essere, almeno in cuor mio, una sua rappresentazione terrena e moderna. Quindi, porto addosso questa croce e delizia di essere una sorta di “dea”, che mi mette in condizione di chiedere a me stessa sempre tantissimo: sono infatti molto critica, proprio perché le dee non possono sbagliare. Ecco”.

A che età hai iniziato questo mestiere? E per quanti anni si può fare burlesque? Alludo alle caratteristiche necessarie per essere una esponente di questa disciplina a livelli professionali, come nel tuo caso. Tu in particolare proponi il movimento Women’s Fire: di cosa si tratta?
“Ho iniziato questo mestiere 10 anni fa, a 26 anni. Si può iniziare anche a 20; a 18 sei un po’ troppo acerba, secondo me, per esprimere la sensualità che viene richiesta dal tipo di performance, ma in realtà non ci sono regole base. In Italia chi lo fa, lo fa al massimo fino ai 45/50. Devono essere però anni ben portati a livello esteriore. All’estero, specialmente in America, questa regola perde importanza, perchè le starlettes degli Anni ’50, della golden age del burlesque, si esibiscono ancora oggi, pur avendo 80 anni. Hanno cambiato la tipologia di show e quella dei loro costumi, ma sono ancora delle icone. In Italia, dove prevale probabilmente più il concetto di soubrette, siamo abituati ad avere ancora una donna relativamente giovane ad esibirsi. In ogni caso, non ci sono vincoli, e dipende in realtà – lo ripeto – da come ti mantieni esteriormente. Anche la stessa tipologia di aspetto cambia rispetto all’estero: in Italia ritengo che l’avvenenza in una performance di burlesque sicuramente aiuti di più. Fuori dai nostri confini nazionali non è fondamentale: diciamo che all’estero hanno dei criteri estetici inclusivi di qualsiasi tipo di estetica femminile. Il movimento Women’s Fire sta nascendo adesso: io credo nelle donne, nella loro potenza, nel loro fuoco che arde. In alcune c’e’ soltanto un piccolo fuoco, ma esiste. Quindi, il Women’s Fire è sì un movimento (il termine è corretto), e lo sto portando avanti con lo scopo di far sentire unite queste donne; affinché, attraverso i miei corsi, possano sperimentare ed infiammare la loro femminilità latente”.

So che insegni il burlesque olistico: a chi, e che cosa spieghi nello specifico attraverso i tuoi corsi.
“Ho insegnato burlesque finora a qualsiasi tipo di donna o ragazza; per olistico intendo un burlesque contaminato da altre sfaccettature del benessere: quindi, la cura di se stessa, la cura attraverso il fitness, la cura attraverso gli automassaggi, la skin care, il pianto di liberazione; insomma, una serie di aspetti che appunto inserisco in questo mio corso e che reputo importanti. Il tutto costituisce una novità nella mia esperienza professionale: nasce durante la quarantena e ne ho scritto qualcosa ma, in realtà’, non ho ancora sperimentato bene il tutto. Prossimamente, inizierò a creare pacchetti di insegnamento che rappresenteranno l’idea di quello che voglio applicare. Il burlesque che invece ho insegnato da sempre è di tipo diciamo “classico” (anche se io non mi ritengo affatto una performer standard): le basi tipiche, come fare una coreografia, togliersi i guanti, le calze. Nei miei insegnamenti, però, ho sempre messo la personalità atipica che mi appartiene”.
Chi sono i seguaci del burlesque? Tutti uomini, o anche le donne eterosessuali sono spettatrici entusiaste dei tuoi spettacoli?
Sono in primis persone. Sì, ci sono tantissime donne: eterosessuali, bisessuali, omosessuali; in realtà non lo so…. sono donne; la loro sessualità non la conosco, perché non vado nel pubblico a chiedere quali siano le loro attitudini a letto. Quello che posso dire è che in genere la donna è affascinata da questo tipo di arte, e probabilmente per un motivo diverso da un uomo. Non mi sento comunque di generalizzare: il pubblico dei miei spettacoli è variegato, e gli show possono piacere ma anche non piacere perfino agli uomini, perché magari pensano che siano poco erotici; o magari per alcune donne lo sono fin troppo. Non potrei rispondere in maniera diversa a questa domanda. Di sicuro, le donne che rimangono affascinate, sono veramente tanto, tanto colpite dalle mie performance”.
Quali Paesi nel mondo hanno una tradizione consolidata di burlesque? Raccontaci in breve la storia di questa arte che troppo spesso viene confusa con un qualsiasi spettacolo di strip.

“I paesi dove il burlesque è particolarmente diffuso sono sicuramente l’America, la Francia, l’Inghilterra. L’Italia un po’ meno, ma si sta finalmente affermando anche qui, dopo 10 anni; poi l’Austria, l’Australia, la Germania con Berlino, ma l’America è la patria di questo tipo di spettacolo, e in questo momento storico ci sono tanti festival internazionali. Inoltre, in America ci sono gli Oscardel Burlesque: i Miss Exotic Awards. Questa Arte si diffuse all’inizio del ‘900 e anche per sbaglio, perché le starlettes dell’epoca erano attrici o cantanti di musical o vaudeville, e stavano sempre abbastanza vestite. Poi, per l’errore di una costumista, ad una delle starlettes dell’epoca cadde una spallina, e lei rimase a seno scoperto; da lì, uno striptease involontario. I produttori però notarono che la cosa funzionava, e decisero di metterla in repertorio. Questo spettacolo nato un po’ per errore, nel tempo si consolidò sempre di più, ed iniziarono ad esserci gli spettacoli di striptease sul palcoscenico. Il massimo boom il burlesque lo ebbe negli Anni ’50, durante i quali tantissime performer si sono affermate, ed alcune sono ancora viventi. Ho avuto l’onore di lavorare anni fa, quando ero ancora un’allieva, con Satan Angel, che ci ha lasciato un paio d’anni fa, e che è stata una delle esponenti appunto della golden age. Per me, ha significato una esperienza fondamentale umana e professionale: ho capito come, anche ad una tardissima età, si possa avere quel certo fuoco che ti arde dentro”.
Sei sposata, Sophie? O hai un rapporto consolidato con un compagno? Oppure questo mestiere fa incontrare difficoltà di tipo sentimentale stabile?
“Non sono ufficialmente sposata in chiesa; sono convivente con un uomo da tre anni. Si chiama Ferdinando. E’ come fossimo sposati, in realtà. Abbiamo un’idea di matrimonio molto personale, e probabilmente faremo una celebrazione d’amore in un’ isola greca che ci è tanto cara. Questo mestiere può fare incontrare delle difficoltà sentimentali, certo… perché non è detto che la persona che hai accanto capisca il tuo mestiere. A me è capitato soltanto una volta: non era in ogni caso una persona adatta a me e non lo sarebbe stata in futuro, a prescindere dal mio lavoro. Chi non appoggia il mestiere di una compagna, qualunque esso sia, non può essere la persona giusta per la vita, quindi di base il problema non bisogna porselo: ci si divide e ognuno segue la propria strada”.

Ad avere figli ci pensi mai?
“Sì, penso a costruire una famiglia e ad avere anche dei figli; probabilmente ne avrò’ solo uno, perché’ mi sento già’ abbastanza grande per farne. La pandemia non ha aiutato nessuno, ha interrotto dei piani. Spero che tutto questo finisca e che io possa poi veramente tentare di essere madre. Se il caso non vorrà che lo sia, cercherò’ di essere madre di qualcuno che è’ già’ nato e non avro’ partorito io”.
Si guadagna bene a fare performances di burlesque?

“No, non si guadagna bene. Ti spiego meglio. Per carità’, rispetto ad un lavoro di ufficio o comunque convenzionale, da contratto di 1200 euro al mese, se lavori con il burlesque ad un regime spedito, a fine mese puoi guadagnare bene, ma intendo che non ci si diventa ricche, almeno in Italia. Per quanto puoi lavorare, tendenzialmente lo fai solo nel weekend (mi riferisco al ritmo prima della pandemia). Bisogna considerare, ai fini dei guadagni, anche tutto quello che ruota attorno a questo mestiere: possono essere i corsi, le lezioni private, gli shooting fotografici. Comunque, almeno parlo per me, in 10 anni che lavoro ci ho campato serenamente, e mi sono tolta anche qualche sfizio. Adesso, da quando stiamo vivendo questa emergenza sanitaria, le cose sono totalmente cambiate: si lavora pochissimo; in due anni ho fatto solo 10 eventi. Una professionista comunque deve continuare ad investire, vendere costumi, farne di nuovi. Io perlomeno ho fatto cosi’. Ho cercato durante la pandemia di tenermi in auge in questo modo, altrimenti il periodo funesto che ha colpito tutto il mondo mi avrebbe moralmente ucciso”.
Viaggi con il tuo lavoro? Prima del covid soprattutto, quali Paesi hai visitato? Sei mai stata in America?
“Si viaggia molto in questo lavoro se lo fai a livello internazionale. Sono stata in molti luoghi: in Francia, in Germania, in Thailandia, in Austria. Sì, sono stata anche in America, e mi sono esibita tra l’altro proprio a New York, al New York Burlesque Festival, l’anno prima dell’inizio della pandemia, nel 2019, ed anche in altri eventi sempre a New York. Il programma che ho in mente, quando tutto questo finirà’, è di fare un lungo tour americano, includendo anche Los Angeles e Las Vegas, e vedere cosa succede, perché ho riscontrato che quel tipo di pubblico è davvero meraviglioso, acclama l’artista e la fa sentire veramente speciale”.
Quale secondo te è il segreto per essere una performer di successo?

“Il segreto, mi chiedi? Beh, credere veramente in quello che fai, ma anche in come lo fai: ad esempio, investire soldi per farsi fare dei costumi pazzeschi. Investire per la formazione con professioniste più brave che possano insegnarti ciò che non conosci. E poi, servono soldi per viaggiare, per farsi delle foto professionali, per un work site; per farsi pubblicità, per essere belle, con manicure perfette e buoni prodotti di bellezza da utilizzare. Se la bellezza è soggettiva, va da sé che la cura della persona è invece assolutamente oggettiva, e sul palco si nota tutto. Una professionista di burlesque è sempre – e dico sempre – un’artista glamour, anche se rappresenta un tema circense o vintage; pertanto, deve essere curata e profumata, e a chi la guarda dalla platea deve suggerire una idea di perfezione. Un altro aspetto che mi sento di sottolineare è che, in questo mestiere, è fondamentale adattare la propria fisicità al tipo di personaggio che si vuole far vivere. Faccio un esempio: se io sono una persona dalle caratteristiche molto moderne… che ne so… magari sono tatuata, oppure ho una muscolatura evidente…difficilmente potrò impersonare Marilyn Monroe in scena. Io ci tengo a fare cose che rappresentino sempre anche il mio corpo; intendo, mettere in scena situazioni per le quali il mio corpo è adatto, in modo da risultare credibile”.
Il tuo stile: in poche parole.
L’ho accennato prima: è neo-burlesque; in pratica, rispetto ad una performer classica, io passo da un tema all’altro, e tutti i miei acts sono diversi, e mi faccio contaminare da quello che mi piace: sono una amazzone in uno dei miei acts dove utilizzo il fuoco; sono una femme fatale in un altro dove ho un vestito glam; sono un’artista circense in un altro, dove invece ho un outfit assolutamente vintage-circus; sono anche una paladina dello spazio quando ho un vestito tutto di specchi come fossi uscita da un pianeta di extraterrestri. Ecco: il mio stile è contaminazione e suggestione, ed anche viaggio mistico in ognuno degli acts che rappresento per il pubblico che mi segue”.
Sophie ed il suo vissuto artistico: hai avuto qualche esperienza che non ripeteresti?

“In realtà non rimpiango nulla di quello che ho fatto a livello di formazione, soprattutto perché mi ha reso la donna e l’artista che sono oggi. Sicuramente, tornando indietro, investirei ancora più’ denaro nella formazione con professionisti seri, che probabilmente mi avrebbero non solo dato una preparazione più’ ampia, ma mi avrebbero messo in un imbuto di conoscenze che ahimè, da sola, è difficile crearsi. E non parteciperei ad un sacco di serate che ad inizio carriera ho fatto perché’ dovevo fare gavetta, ma che mi hanno fatto perdere tempo e a volte mi hanno fatta scoraggiare. Anche questo non lo ripeterei”.
Il tuo momento artistico finora più importante?
“E’ stato proprio la nascita di Sophie d’Ishtar, che mi ha salvata da me stessa e dalle mie paturnie, perché Sophie d’Ishtar è molto forte; la vera me, invece, è una ragazza fragile… e Sophie mi sostiene. Sophie d’Ishtar è bella, è forte, e non perde mai di vista l’obiettivo. Se devo parlare di un’esperienza in particolare che mi è rimasta nel cuore, quella dell’America è stata non solo bella, ma anche molto importante: esibirmi in quel palco a New York è stato pazzesco, ed anche prendere un aereo ed arrivare a Phuket, per esibirmi ad un evento, debbo riconoscere che è stato un momento straordinario nella mia carriera”.
I tuoi progetti futuri
“Creare questo corso Women’s Fire, di cui ti ho parlato prima: concretizzarlo, fare in modo che insomma ci possano essere adepte che possano entrare in questa ottica di bellezza a 360 gradi. Poi, stare in salute, continuare a stare in salute, da qui a sempre. E partire per un lungo tour”.
Per concludere: tra dieci anni… come ti vedi?
“Tra 10 anni mi vedo felice, sicuramente lontana dall’Italia, e con 10 anni di bagaglio in più. Di solito, ho dei bagagli abbastanza pesanti. E mi vedo con moltissima esperienza artistica, ancora più’ forte di quella che ho avuto finora. Mi vedo probabile imprenditrice in Grecia, conservando però un animo artistico. Non penso che sarò una performer ancora in attività, anche se forse uno spettacolo all’anno potrei continuare a farlo. Infine, almeno per quanto mi riguarda, troverò’ altre forme per esprimermi sul palcoscenico, e non credo saranno legate al burlesque”.