Non avrei mai pensato di raccontare questa storia. Quando vivo certe sorprese, amo ricordare a me stessa che uno dei concetti che affascina la mia mente è quello di serendipity: cercare qualcosa… e trovare qualcos’altro.
Lo scorso 4 luglio, mentre tutta l’America festeggiava l’ Indipendence Day, in Italia si festeggiava l’apertura straordinaria al pubblico di Palazzo Guerrini Bratti grazie alla Delegazione FAI di Cesena. Visitare questo edificio è un vero e proprio viaggio alla scoperta di uno dei palazzi nobiliari più importanti della città di Cesena. Vi domanderete: cosa c’entra questo con la Festa più importante americana? Un attimo ancora di pazienza e ve lo spiego.

Questo palazzo, a Via Chiaramonti nr. 11, è il frutto della maestria dell’architetto e pittore mantovano Leandro Marconi; dotato di raffinate decorazioni, al suo interno racchiude le memorie di una famiglia di militari, abili cavalieri, artisti e mecenati; si dà il caso che questa sia anche la famiglia di uno dei più bravi attori di prosa italiana: Orso Maria Guerrini. All’interno del Palazzo, davvero affascinante nei suoi 1400 metri quadrati su 4 piani, e la cui costruzione risale agli anni 1792-1796, a colpire la fantasia e l’occhio dei visitatori è soprattutto la Libertà: unica opera scultorea a firma di Marconi stesso. La statua è dotata di una fiaccola che sembra illuminare di valori democratici – e di fatto li ha sempre illuminati, stando al racconto che mi ha fatto Orso Maria – gli spazi della magnifica scala monumentale di proprietà della Famiglia Guerrini Bratti. Immaginatevi il mio stupore nell’apprendere che quell’opera scultorea è di epoca precedente – ascoltate attentamente – alla Statue of Liberty per eccellenza, cioè quella newyorkese! Per caso, insomma, vengo a sapere che uno dei monumenti più importanti esistenti, simbolo di New York e degli interi Stati Uniti d’America, e soprattutto faro simbolico della Libertà che illumina il mondo, è successivo di circa un secolo a questa Statua della Libertà che si trova nella piccola città di Cesena, in un palazzo privato ed ereditato in successione da uno degli idoli della mia infanzia: Orso Maria Guerrini, appunto. In aggiunta: rifletto sul fatto curioso che siano stati proprio avi nobili di provincia ad aver commissionato la realizzazione di una Statua così particolare, in concomitanza temporale con la Rivoluzione Francese, e per rivendicare un diritto universale di libertà che per lignaggio nobile non sarebbe certo stato automatico appoggiare, in quanto sentimento sicuramente più rivendicabile da esponenti provenienti da classi popolari.
C’e’ di che stupirsi… ed incuriosirsi: voglio saperne di più. Decido di cercare Orso Maria Guerrini. Grazie all’Annuario del Cinema Italiano & Audiovisivi riesco a reperire il contatto, e di seguito condivido la chiacchierata piacevolissima, con lui intrattenuta, e che rivela una vicenda privata che, come conferma il protagonista dell’intervista, pochissimi conoscono.

Orso Maria, da dove iniziamo a narrare le vicende della storica residenza appartenuta ai suoi avi per capire come sia arrivata a lei?
“Le sto per raccontare una storia, che è sia quella privata della mia famiglia, sia una vicenda oggettiva storica che a tratti diventa intricata come fossimo in un romanzo. Tra l’altro, un ricercatore di Cesena ha trovato – e sta continuando a cercare notizie – un fitto carteggio all’interno del Comune riguardo a questa Statua firmata da Marconi. E’ comprovata per via documentaria la sua importanza in città, dimostrata anche da uno spostamento nel 700 della stessa Statua dal Palazzo, in occasione di un certo evento. Va detto anche che è l’unica statua di Marconi, valente pittore ed architetto – soprattutto architetto – che ristrutturò il Palazzo Guerrini Bratti durante la Rivoluzione Francese. Ad un certo punto, tra matrimoni ed unioni varie, senza addentrarci in troppi dettagli inutili (Bratti era il cognome della nonna; Guerrini quello del nonno), questo Palazzo arriva a mio zio, il conte Leon Francesco Guerrini Bratti, che con i fratelli, tra cui mio padre– aveva trovato un accordo ed era l’unico che aveva il possesso della struttura. Mio zio vende il Palazzo alla veneranda età di quasi 90 anni, in una modalità rateale della durata di 7 anni, ad una cifra che dimezza il valore reale dell’immobile: in sostanza, viene raggirato. Nel 2002, alla sua morte, eredito io questo Palazzo, ma il Palazzo di fatto non c’era, perché venduto già 3 anni prima. Intraprendo dure battaglie legali – sia penali che civili – contro gli acquirenti; la diatriba, con vari processi incrociati, è durata ben 17 anni, ed i tribunali hanno alla fine dimostrato gli accadimenti: mio zio era stato imbrogliato da persone di sua conoscenza. Non si è trattato di una circonvenzione di incapace, perché era lucidissimo, faceva conferenze ed è stato attivo fino alla sua morte. Semplicemente, se così si può dire, la legge ha riconosciuto dopo un tempo infinito che, su questa vicenda riguardante il conte Leon Francesco Guerrini Bratti e la vendita del Palazzo, il termine legale corretto da usare era comunque “ circonvenzione” fatta al conte dagli acquirenti: in pratica, mio zio si era fidato di qualcuno che se ne era approfittato, carpendo la sua buona fede, pur in presenza di facoltà mentali funzionanti. Ereditare questo Palazzo a me è costato tantissimo tempo passato tra avvocati e processi, sottraendolo alla mia vita di quiete. E anche alla mia professione. Rientrare in possesso di questa eredità è stata dura”.

Ci vive qualcuno adesso nel palazzo?
“No, adesso nessuno. Ci hanno abitato dei guardiani per tantissimi anni; io ho vissuto lì uno dei terremoti che sono stati avvertiti fortemente anche a Cesena (se non sbaglio, era quello tristemente celebre dell’Aquila). Il palazzo, segnalato alla Sovrintendenza e di interesse culturale, lo usiamo sporadicamente noi di famiglia se ci troviamo a Cesena, ma al pubblico non abbiamo obbligo di apertura. E’ stato aperto a visite solo due volte: nel 2004 e nel 2021”.

Contemporanea alla Rivoluzione Francese, è stata commissionata a Marconi la Statua della Libertà (1792-1796 sono gli anni di costruzione del palazzo, nei quali è stata realizzata anche la Statua). Possiamo affermare che è la prima Statua della libertà in Italia? E’ corretto sostenere che sia la primissima, quella più antica?
“E’ sicuramente la prima Statua della libertà in Italia che si conosca, per cui risponderei in maniera affermativa alla sua domanda, specificando anche che libertà è una parola che ha avuto quel significato sin dalle epoche romane, e non è questo che sia una novità in sé e per sé; degno di nota è invece il fatto che libertà è sicuramente un sentimento popolare, e che dei nobili di provincia del 700 fossero così aperti – in un momento di rivoluzione coeva in Francia – da farne un inno a Cesena. E’ soprattutto questo che mi piace evidenziare e che è curioso. Non erano certo dei nobili che avrebbero dovuto favorire sulla carta un concetto di Rivoluzione. Nelle cantine del Palazzo, le dirò di più, pare che si favorissero nell’800 riunioni di carbonari. La Romagna, del resto, è sempre stata intrisa di sentimenti che oggi si definirebbero di sinistra…e anche molte famiglie importanti dell’epoca erano su questa linea di pensiero”.
Lei ha dichiarato alla stampa (ho letto qualcosa al riguardo) che i ricordi di Famiglia li affida a sua nipote Alissa, figlia di sua sorella Ilaria Guerrini e Di Giuseppe Fina (n.d.r.: importante regista televisivo, morto quando Alissa era molto giovane). Come descriverebbe questa nipote da lei tanto amata? Quanti anni ha oggi Alissa? Le assomiglia? Di cosa si occupa nella vita?
“Alissa oggi ha poco più di 30 anni; è una film maker ed una artista pop surrealista; dipinge, cura mostre internazionali, scrive romanzi e anche sceneggiature. In Arte di chiama Ixie Darkonn; la sua è una pittura molto particolare, con figure immaginarie, irreali ed una visione artistica di tipo onirico e surrealistico- moderna. Io non ho figli, ed è lei l’erede della famiglia. Alissa dice di assomigliarmi. Penso di sì, che mi assomiglia; perlomeno, per quanto possa assomigliare una nipote ad uno zio. E’ una ragazza che ha molti talenti. Ed è anche molto bella.

Grazie ad un servizio di famiglia che uscì un po’ di anni fa su un noto magazine italiano, Alissa fu notata subito. Era il 2003, e fu scelta «Prima Miss dell’anno» dalla famiglia di Enzo Mirigliani, patron storico del concorso di Miss Italia. All’età di diciannove anni, le furono riconosciute subito le sue molteplici qualità, tra cui uno splendida voce e una intelligenza viva. Colta e ironica, fu evidenziato il suo talento di scrittrice e la sua capacità di ridere di se stessa. I Marigliani videro in lei, insomma, la rappresentazione di quello che desideravano da una miss: non solo esteriorità, ma un corpo pensante. Il titolo le consentiva di accedere alle Prefinali nazionali di San Benedetto del Tronto, ma lei non era interessata a partecipare alla competizione vera e propria per il titolo canonico nazionale di Miss Italia. Io fui davvero sorpreso all’epoca quando me la ritrovai su tutti i giornali per questa scelta dei Mirigliani, caduta proprio su di lei”.
E’ vero che Re Umberto voleva alloggiare nel Palazzo ma sua nonna rifiutò? Perché?
“Sì, è vero. Perché? Perché evidentemente non erano nella stessa linea di pensiero. Rispetto alla casa regnante, anche fra i regnanti vi erano quelli più liberali e quelli meno. Evidentemente, la mia famiglia non riteneva così illuminato l’ospite di turno, che infatti non volle far accomodare”.

Ci può raccontare qualche aneddoto di rilievo circa il Palazzo e qualche illustre ospite che nel corso del tempo ha accolto?
“Non so rispondere. Bisognerebbe rispolverare racconti orali di cui non sono a conoscenza, o non ricordo. Personalmente, io mi recavo nel Palazzo a trovare la nonna. Mio nonno era plurilaureato, innamorato dei cavalli e soprattutto amante delle belle donne. Una volta l’anno se ne andava a Parigi a fare l’uomo di mondo. I miei nonni si può dire che fossero separati ante litteram. Il nonno era molto birichino. Quando avevo 17 anni, per far capire che tipo fosse, mi regalò una moto, ma a patto che cambiassi ragazza ogni settimana. Voleva che seguissi le sue orme, cosa che non ho fatto”.
Nella sua tradizione di famiglia vi chiamate con tutti nomi di animali: è vero? Come mai? Mi faccia degli esempi.
“Sì, vero. Leon Francesco mio zio; Marco Gallo mio padre… se poi andiamo nella famiglia di mia madre – patrizi di Siena (erano conti e marchesi, a seconda dei rami) – si aveva un’altra particolarità: l’interesse per il mondo dell’erboristeria. Molti degli aristocratici del tempo erano ignoranti, invece nella mia famiglia si è studiato abbastanza. Per concludere, nel 1300, ma non so niente più di questo, nell’albero genealogico della mia famiglia. si trova anche un certo Toro di Ventura”.

Quale l’ ultima volta che lei è stato in America? In che occasione?
“Ci sono stato circa 10 anni fa, con la mia attuale moglie, Cristina Sebastianelli. Destinazione: California, al sole…e poi a New York, con la neve; nello stesso arco di viaggio”.
Che ricordo ne ha?
“Le confesso che sarei stato abbastanza idoneo a trasferirmi là, se avessi avuto voglia, modo e tempo di farlo; non è mai capitata l’occasione giusta per emigrare. Sono stato in America come turista, a vedere spettacoli, anche a trovare Liza Minnelli con cui ho avuto una bella amicizia, ma non ho mai trovato la spinta giusta per trasferirmi definitivamente in terra d’America. Conservo un ricordo bellissimo di Liza, e l’ho vista anche quando è venuta in Europa a fare spettacoli, accompagnato da mia moglie, che ha compreso in anticipo che il mondo dello spettacolo sarebbe decaduto, ed ha smesso di recitare da molti anni. Oggi ha una professione lontana dallo show-biz. Ha avuto anzitempo l’intuizione – che poi il lockdown sanitario che abbiamo vissuto ha reso certezza – che il mestiere dell’attore ad alti livelli era finito ancora prima dell’emergenza sanitaria mondiale”.

Mi ha confidato, prima di iniziare l’intervista, che lei ha intenzione di vendere il Palazzo. Non la addolora l’idea che non le apparterrebbe più, se trovasse davvero l’acquirente?
“Dispiace molto, ma mantenerlo è veramente dura. Oggi bisognerebbe essere possidenti per poterlo conservare al meglio, e a latere sono necessarie attività molto remunerative affinché questo sia possibile. Alla soglia degli 80 anni, non posso fare un mestiere diverso dall’attore, che ho fatto per tutta la vita. Dovrei ingegnarmi ad affittare il palazzo come location o luogo di lusso per farvi svolgere servizi di catering e cerimonie varie, ma per questo dovrei improvvisare un lavoro che non conosco, e che né io né nessuno della mia famiglia ha voglia di praticare. Fino ad ora, con franchezza, il Palazzo è stato per me soprattutto una perdita, anche economica. Sono solamente tre anni che è libero da cause: avrei vissuto molto più a mio agio e più sereno se non avessi avuto questa eredità da difendere, ma moralmente non ho avuto scelta, una volta venuto a conoscenza dell’accaduto : per me l’onestà è un valore basilare della vita, ed ho dovuto provvedere a farla trionfare tramite la legge, sacrificando però per questo molti dei miei anni”.
Potremmo dire in effetti, a fine chiacchierata, che la sua è stata una eredità pesante, in tutti i sensi. Rivolgiamoci adesso a tutti gli eventuali ed interessati compratori di ogni dove nel mondo: immagino non si possa dire il valore esatto di vendita, ma almeno anticipiamo se lo vorrebbe vendere con tutti gli arredi.
“Sì, vorrei venderlo per intero: non saprei dove mettere gli arredi, in caso di vendita delle sole mura. In ogni caso, sono disposto a prendere in considerazione ogni trattativa seria”.