Intervisto Elettra Ferraù, Direttore generale de L’Annuario del Cinema Italiano & Audiovisivi, nella città dove vive: Roma.
Figlia dello sceneggiatore Alessandro Ferraù, dal 2004 è membro permanente della giuria del David di Donatello; Premio Comunicare l’Europa 2016; Premio Letteratura allo Spoleto Festival Art 2016; Premio Anna Magnani 2018 per il Giornalismo. Una giornalista di grande esperienza, nonché figlia di una autorità indiscussa in campo cinematografico.

Ci conosciamo da anni; ogni volta che mi capita di incontrare Elettra, lo confesso, mi emoziono, e tenere solo per me ciò che ho provato di bello nell’ascoltare in particolare questo suo racconto sarebbe un peccato veniale. Mi apre la porta, mi precede con modi eleganti e raffinati e poi mi fa accomodare nel suo ufficio, regalandomi tanti ricordi privati.
Elettra Ferraù, lei è figlia di Alessandro Ferraù, noto soggettista, sceneggiatore e non solo, indimenticato giornalista italiano specializzato nella settima arte. Suo padre, scomparso nel 1994, si è interessato di cinema sin da giovanissima età, ed è stato dalla metà degli anni ’30 redattore di diverse riviste del settore, divenendo una autorità in materia. Che ricordi le ha trasmesso del Cinema di una volta?
“Oltre a scrivere sulle testate professionali, mio padre curò l’ufficio stampa di varie case di produzione, di Gina Lollobrigida, Amedeo Nazzari e fu consulente di Italo Zingarelli quando produsse Lo chiamavano Trinità e Continuavano a chiamarlo Trinità.
Ho ricordi vaghi e nitidi allo stesso tempo, di mio padre sceneggiatore che si riuniva nel suo studio con i colleghi ed amici Giuseppe Mangione, Sergio Sollima, Pietro Francisci, Luciano Martino ed altri… e lì discutevano, studiavano, scrivevano, costruivano i film.
Ricordo anche un set (ero davvero piccolina, allora) con Isa Miranda che mi voleva far interpretare il ruolo di una bambina ne Le mura di Malapaga… ed ancora ricordo il set in esterna di Bellezze in bicicletta con Silvana Pampanini e Delia Scala. E poi, la bellissima casa ai Parioli di Totò, un signore che io vedevo alto e solenne, ed anche molto serio. E la villa stupenda, ad Anzio, di Amedeo Nazzari, gentile e generoso, con il suo ferocissimo cane lupo Felt.
Ho conosciuto anche Primo Carnera The walking Mountain, con la sua bella famiglia americana, quando venne a Roma a girare un film mitologico. Sono stata infine, sempre con mio padre, nella villa di Gina Lollobrigida sull’Appia Antica a Roma, e ricordo che rimasi impressionata dei grandi spazi, del fasto, del parco”.

A partire dal 1954, suo padre promosse il premio Una vita per il cinema, interrotto nel 1992 e ripreso nel 2009. Attualmente, purtroppo, ancora interrotto da qualche anno per una questione legata ai fondi. Un vero peccato. Ce ne parla? Chi lo ha ricevuto nel passato?
“La manifestazione Medaglie d’Oro – Una vita per il Cinema è stata la prima e per molto tempo anche l’unica a premiare ogni anno soprattutto le maestranze, i tecnici, gli impiegati, i distributori e gli esercenti del Cinema con una lunga attività alle spalle.
Premiare il “lavoro nel Cinema”, quello più oscuro e dietro le quinte, ha costituito dunque la chiave del successo di questa iniziativa, che fu interrotta nel 1992 per le precarie condizioni di salute del patròn Ferraù, che se ne andò agli inizi del 1994, ed è stata ripresa con grande successo nel 2009 (Presidente della Giuria: Gian Luigi Rondi), con la celebrazione della trentesima edizione tenutasi a Roma il 1° luglio a cura dell’Associazione Una Vita per il Cinema 2009 e del Centro Studi di Cultura Promozione e Diffusione del Cinema, titolare del Premio.
Oltre alle Medaglie d’Oro, venivano assegnati speciali riconoscimenti (Medaglie d’Argento, Vittorie di Samotracia, Targhe) anche a produttori, registi, attori, e le Penne d’Oro e d’Argento ai giornalisti.
La festa del cinema di Ferraù, che si svolgeva nella Capitale, è sempre stata un evento molto atteso, con centinaia di ospiti noti e meno noti; in pratica, era il mondo del cinema riunito insieme in un appuntamento conviviale irrinunciabile, tenuto per molti anni al Brigadoon sulla Via Aurelia, poi al Cavalieri Hilton di Roma, a Villa Piccolomini sulla Via Aurelia ed infine nella splendida sala di Spazio Novecento all’Eur. Non sono mai mancati prestigiosi ospiti d’onore, ma i grandi eroi di quella serata erano e comunque restano loro: le sarte, i parrucchieri, gli elettricisti, i tecnici, gli attrezzisti, chiamati sul palco a ritirare il riconoscimento al lavoro di una vita.
Tra i “famosi” premiati, solo qualche nome: cito Alberto Sordi, Walter Chiari, Alida Valli, Vittorio De Sica, Totò, Vittorio Gassman, Eduardo De Filippo, Antonella Lualdi, Renato Rascel, Francesco Rosi, Marcello Mastroianni, Monica Vitti; e poi, ancora, ricordo nomi come Aldo Fabrizi, Anna Magnani, Gina Lollobrigida, Raf Vallone, Ugo Tognazzi, Enrico Montesano, Giuliano Gemma, Anita Ekberg, Enzo Barboni, Christian De Sica, Giuliano Montaldo, Vera Pescarolo Montaldo e tanti, tanti altri”.

La prima biografia di Totò fu suo padre a curarla. Cosa le raccontava di questo indimenticabile protagonista? Che rapporti ha oggi lei, figlia di Alessandro, con Liliana De Curtis, figlia del Principe?
“Totò, Siamo Uomini o Caporali? uscì nel 1952 a firma di Alessandro Ferraù e Eduardo Passarelli, sotto la supervisione del grande Artista. Poco dopo, l’editore fallì e del libro si persero le tracce (io per fortuna ne conservo una copia!). Totò e Ferraù erano grandi amici, si stimavano e si rispettavano reciprocamente. Dopo molti anni dalla prima edizione del libro, precisamente nel 1993, uscì una ristampa a cura di Matilde Amorosi e Alessandro Ferraù (che ne scrisse anche la prefazione), con la collaborazione di Liliana De Curtis, una signora gentile e cordiale che io conobbi anni dopo quando aprì un delizioso negozio di articoli da regalo in Piazza Carli, nella zona di Vigna Clara. Ne diventai cliente entusiasta. Il negozio da anni non c’è più e non ho più rivisto la signora”.
Dal 1951 al 1955 e, in seguito, dal 1961 al 1968, Alessandro Ferraù fu sceneggiatore e, talvolta, soggettista, di una ventina di film di genere. Qualche titolo lo vogliamo ricordare? E anche qualche collaborazione più importante.
“Tra i film, cito sempre volentieri Ai margini della Metropoli, Il Sacco di Roma, Ti ho sempre amato, Tripoli bel suol d’amore; e poi ancora, mi piace ricordare: Due lacrime, Il Cavaliere di Maison Rouge, La cortigiana di Babilonia, La morte ha viaggiato con me, Rosmunda e Alboino, I mongoli, Maciste contro lo Sceicco. Ferraù curava due rubriche sugli incassi dei film sul Giornale dello Spettacolo e su Cinema d’Oggi. Aveva anche fondato, negli anni ’50, la rivista Cinespettacolo, che chiuse nel ’93, pochi mesi prima di morire. Era una pubblicazione tecnico-economica in cui riferiva ed analizzava l’andamento dei film in Italia. Nel 1974 realizzò un Prontuario dei termini politici economici e sociali in uso in Italia.
Di Ferraù ha scritto il suo grande amico esperto di cinema, l’indimenticabile Professor Mario Verdone; testualmente, riporto le sue parole: “In Alessandro Ferraù ho sempre riconosciuto un editore, organizzatore e protagonista della vita cinematografica, di grande serietà e professionalità, fervido di iniziative, sincero amico. Mi sono trovato accanto a lui innumerevoli volte in occasione di cerimonie, festival, Premi. Eravamo sempre solidali e concordi nei giudizi. La sua figura non può essere ricordata che con grande simpatia e affetto ed è di conforto il fatto che le strade da lui percorse sono tuttora aperte. Il suo Annuario resta tuttora un prezioso strumento di lavoro e di consultazione per quanti operano nel cinema e per il cinema”.

Elettra, l’Annuario del Cinema Italiano, di cui lei è Direttore generale, su intuizione di suo padre è nato nel 1951 e non ha mai saltato un’uscita (a parte l’edizione 2020, uscita da poco, che è stata accorpata eccezionalmente all’ annualità 2021 per via della situazione di emergenza sanitaria che ha sconvolto la vita di tutti, creando disagi e difficoltà lavorative anche nel settore dell’editoria). Di che strumento lavorativo si tratta? Come può essere reperito?
“L’Annuario compie quest’anno 70 anni, e la dice lunga sulla validità di questo strumento. Una pubblicazione che nacque per consentire agli addetti ai lavori del Cinema (e successivamente dell’Audiovisivo) di trovarsi, di leggere i rispettivi curricula, di apprendere quanti e quali film fossero stati prodotti dal 1930 in poi, di reperire gli indirizzi delle ditte del cinema, produzioni, distribuzioni e quant’altro. Oggi c’è internet che fornisce un valido aiuto, e noi ci siamo dati un supporto on line nel nostro sito all’indirizzo www.annuariodelcinema.it, aggiornato in tempo reale, che contiene i recapiti delle aziende suddivise per categorie, ed è arricchito da un notiziario. Il volume, invece, è completato da un pratico CD che ne contiene tutte le parti ed in più presenta le leggi del cinema e gli accordi di coproduzione”.
Dal 2008 non ricevete il sostegno del ministero dei Beni e delle attività culturali per un’opera editoriale che, come è intuibile, non ha rivali in Italia nel promuovere il comparto dello spettacolo: si è chiesta le ragioni di questo silenzio, nonostante ripetute richieste di aiuti ad andare avanti?
“E’ una cosa molto triste. A un certo punto, nel 2008, ci fu negata la consueta sovvenzione, con la “giustificazione” non scritta, ma verbale, che l’editoria non era strategica. Abbiamo continuato per vari anni a compilare e presentare la nostra domanda, ricevendo soltanto risposte negative. Poi abbiamo rinunciato”.
Quali insegnamenti umani e professionali in particolare non ha mai dimenticato di suo padre?
“La vita stessa di mio padre ha costituito un esempio da seguire: era una persona onesta, corretta, preparata, molto intelligente. Una persona perbene. I suoi valori hanno influenzato la mia vita e quella dei miei figli, giornalisti anche loro”.

Come pensa che sia cambiato il mondo del Cinema negli ultimi anni?
“Il Cinema cambia in continuazione. Il cinema italiano ha i suoi alti e bassi. Prima dell’emergenza sanitaria da covid-19 erano stati prodotti diversi bei film, e tanti altri erano in cantiere o pronti per la proiezione in sala. Poi…la catastrofe. E un debolissimo filo di speranza che tutto possa riprendersi e tornare a brillare. Nonostante le piattaforme”.
Il mondo del giornalismo e dell’editoria in che cosa secondo lei si sta trasformando?
“Il digitale sta modificando drasticamente la fruizione delle notizie; il lettore/ascoltatore si affida sempre di più ai devicesdigitali per informarsi (mi riferisco a smartphone, tablet, PC), trascurando il più delle volte di appurare la veridicità delle fonti (facebook e instagram su tutti), per cui una notizia postata, anche falsa, in molti casi viene scambiata per vera. Gli editori dovrebbero battersi in tal senso, rivendicando l’autorevolezza e la veridicità delle proprie fonti e la professionalità dei giornalisti rispetto ai nuovi media. Un tempo si diceva lo ha detto il telegiornale, proprio perché era innegabile l’autorevolezza della testata; oggi i social, dall’alto dei numeri che producono, rischiano di fare danni devastanti non essendoci alcun garante che ne disciplini l’utilizzo. Inoltre, proprio perché l’uso dei mezzi digitali, che riducono ogni notizia a poche righe, sta disabituando alla ricerca degli approfondimenti, si richiede al giornalista moderno una maggiore sintesi e semplicità di linguaggio”.
Una vita nel cinema: quella di suo padre, ma anche la sua. A chi lascerà in eredità la sua esperienza, e quale è stato l’incontro più carismatico, se dovesse sceglierne solo uno, che può vantare in carriera.
“Sono giornalista dal 1976 (da 45 anni, ormai), e nel cinema dal 1996 (25 anni). Prima mi occupavo a tempo pieno di turismo. Due mondi che non sono poi così distanti fra loro, e in questo periodo stanno soffrendo moltissimo entrambi. Il mio bagaglio di esperienza umana e professionale ritengo sia vasto, e lo sto trasmettendo da parecchio tempo ai miei figli Emanuele ed Alessandro Masini, rispettivamente Direttore Responsabile dell’Annuario del Cinema Italiano & Audiovisivi, e Presidente del Centro Studi di Cultura Promozione e Diffusione del Cinema che edita l’Annuario.
L’incontro più carismatico, mi chiedi? Quello con Walter Matthau, che intervistai nel 1988 all’aeroporto di Fiumicino. Avevo visto la maggior parte dei suoi film e lo trovavo entusiasmante. Parlammo dei suoi viaggi, della bella Italia, di Roma. A quell’epoca dirigevo il mensile World Magazine insieme alla mia collega Romana Trocchi. E, se possibile, vorrei ricordare anche un altro grande nome per me carismatico, un monumento del Cinema ed un carissimo amico: Giuliano Montaldo”.