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June 9, 2013
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La donna secondo Maria Sole Tognazzi

Maurita CardonebyMaurita Cardone
Foto: courtesy @Pietro Coccia

Foto: courtesy @Pietro Coccia

Time: 3 mins read

Maria Sole Tognazzi non ci sta alla rappresentazione della donna contemporanea che passa attraverso i tanti film che raccontano la solitudine come costrizione e motivo di sofferenza. La protagonista del suo Viaggio sola, interpretata da Margherita Buy, è una donna sulla quarantina che ha scelto di non sposarsi, ha scelto di non sistemarsi, di non mettere su famiglia. E ed è serena così. Irene fa un lavoro particolare: in incognito, visita alberghi di lusso per valutarne il livello. Un lavoro che la porta a viaggiare in continuazione e a passare parecchio tempo da sola, ma che non manca di offrire svaghi e piaceri.

La Voce di New York ha incontrato la regista in occasione della presentazione del suo film al Lincoln Center per il festival Open Roads. Maria Sole Tognazzi è una delle quattro registe rappresentate in questa rassegna. Le abbiamo chiesto di parlarci delle donne nel cinema italiano e nel suo film.

La protagonista del tuo film fa un lavoro davvero insolito. Come ti è venuta questa idea?

Mi piaceva l’idea di parlare delle persone che fanno questo lavoro così curioso, che si fingono miliardari per ispezionare questi super alberghi. Mi interessava la visione del lusso attraverso gli occhi di persone normali, non ricche, che finiscono per avere una sorta di doppia vita. Inoltre volevo raccontare di una donna non più giovanissima, sola, ma allo stesso tempo serena. Troppi film mostrano queste donne in carriera, inacidite e isteriche perché per il lavoro hanno dovuto rinunciare a creare una famiglia. Io volevo raccontare una storia diversa che accetta la possibilità che ci siano donne contemporanee che non si realizzano attraverso la maternità e la “moglitudine”. Irene è sola perché la vita l’ha portata ad essere sola. Ma è felice così. Non è in cerca di un uomo. Certo, non avrebbe senso fare una generalizzazione al contrario e infatti nel film ci sono anche altri personaggi femminili che hanno fatto scelte diverse da quelle di Irene e che sono altrettanto felici. L’idea è che non esiste una felicità che vada bene per tutti, non tutte le donne si realizzano nello stesso modo. Se ci fosse una regola per la felicità saremmo tutti felici.

Quindi Irene non soffre?

Ovviamente nel corso della storia anche lei avrà le sue crisi, ma lei è una donna che ha scelto quel lavoro proprio perché non era portata alla stabilità. Ha seguito i suoi istinti e i suoi desideri più forti. Lei non è una vittima del suo lavoro, la sua vita non è il risultato di una rinuncia. Irene è serena così. E credo che questa sia la novità di questo film. Volevo fare un film femminile e sulla solidarietà femminile senza scadere nei soliti stereotipi.

Un film sulle donne fatto da una donna. Nel cinema italiano e forse nel cinema in generale le donne dietro la macchina da presa sono quasi una rarità. Perché? È più difficile per una donna fare film?

Di sicuro è vero che, tra i registi, c’è una percentuale di donne inferiore a quella degli uomini. Ma io non vedo delle difficoltà maggiori per le donne. Non credo alla diversità di genere come difficoltà. In Italia in questo momento si fa fatica a fare film, a trovare i soldi per la produzione eccetera, ma le donne faticano quanto gli uomini. Anche se certamente nelle maestranze gli uomini sono di più, ma questo è vero un po’ in generale. Il mondo è più maschile che femminile, in ogni professione.

Che effetto ti fa presentare il tuo film a New York?

È la seconda volta che sono con un mio film ad Open Roads. La prima volta è stata nel 2008 con L’Uomo che ama. Poi ho girato molto portando in vari paesi un documentario su mio padre, ma con quello non sono stata negli USA. L’ho portato invece in tutto il Sud America dove il cinema degli anni di mio padre è molto amato e ancora molto popolare. Presentare un film davanti a un pubblico straniero è sempre molto emozionante. Quando sei a casa puoi contare sul fatto che il pubblico ti conosce, conosce gli attori, conosce la cultura. Mentre quando vai all’estero è tutto un punto interrogativo.

Questo però è un film internazionale.

Sì, è stato girato in sette alberghi di lusso in sette posti del mondo: è un film strano e molto poco italiano. La Leading Hotels of the World ci ha messo a disposizione gli hotel come set e quindi abbiamo voluto fare la prima proiezione per loro e la prima assoluta è stata a Parigi per un pubblico internazionale di albergatori. E il film è piaciuto, il pubblico ha reagito bene ed era molto attento. Mi auguro che a New York avvenga lo stesso.

 

Viaggio sola sarà proiettato al Lincoln Center, Walter Reade Theatre mercoledì 12 giugno alle 21.00.

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Maurita Cardone

Maurita Cardone

Giornalista freelance, abruzzese di nascita e di carattere, eterna esploratrice, scrivo per passione e compulsione da quando ho memoria di me. Ho lavorato per Il Tempo, Il Sole 24 Ore, La Nuova Ecologia, QualEnergia, L'Indro, senza che mai mi sia capitato di incappare in un contratto stabile. Nel 2011 la vita da precaria mi ha aperto una porta, quella di New York: una città che nutre senza sosta la mia curiosità. Appassionata di temi ambientali e sociali, faccio questo mestiere perché penso che il mondo sia pieno di storie che meritano di essere raccontate e di lettori che meritano buone storie. Ma non ditelo ai venditori di notizie.

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