Chi ha detto che l’Italia esporta solo opera? Venerdì sera, al Cielo, locale culto del Meatpacking district, si esibisce un’icona italiana della musica da discoteca, Claudio Coccoluto. Trenta anni di musica house alle spalle e ancora tanta voglia di diffondere queste sonorità, che, dice, “sono un linguaggio globale di aggregazione giovanile, al di là dei confini nazionali”.
Per chi negli anni ’90 frequentava la scena disco underground in Italia, Coccoluto è il nome simbolo della house music. Il Dj, che si è più volte esibito negli USA, torna oggi sulle scene newyorchesi dopo 14 anni. Lo incontriamo allo Standard Hotel da cui, con la sua formazione da architetto (Coccoluto lasciò la facoltà di architettura quando cominciò ad avere successo dietro alla consolle), è estasiato. Come lo è dai tanti cambiamenti che la città ha subito dal 1999: “L’ultima volta in cui sono stato in questa zona, davanti al locale dove suonavo, la notte scaricavano pesce spada e tranci di carne. È incredibile quello che sono riusciti a fare con questo quartiere”.
Coccoluto, che ci confessa di essere cresciuto con il mito di Leonardo da Vinci da cui da bambino tentò di copiare l’abitudine di dormire solo 15 minuti ogni 4 ore, vanta una formazione musicale eclettica e atipica per un DJ. Cresciuto con il rock progressivo, un’adorazione per The Dark Side of The Moon dei Pink Floyd e, in seguito, per i Talking Heads, Coccoluto odiava la musica da discoteca. Per lui fare il Dj significava mettere i dischi nella radio locale di Gaeta, sua città di origine. “Poi un giorno – racconta a La Voce di New York – mi fecero ascoltare un disco registrato alla Baia degli Angeli in cui i due Dj, Mozart e Baldelli, mescolavano rock, elettronica, afro e altri generi. Era qualcosa di completamente nuovo per me e diventò una specie di virus che ti entra nel sangue e non ti lascia più. Cominciai a mettere dischi in qualche locale, ma al tempo avevo gusti un po’ particolari e alla terza canzone svuotavo la pista. C’è voluto un po’ per definirmi. La vera svolta è arrivata quando comprai un campionatore. Costava quanto una macchina e infatti io andavo a piedi, ma avevo comprato, pagato a cambiali, un campionatore americano da 17.000 dollari che al tempo in Italia avevano in tre: Battisti, Pino Daniele e lo sconosciuto Claudio Coccoluto. Quando mio padre scoprì quanto costava quella che lui chiamava ‘la pianola’, a casa mia successe una tragedia. Comunque mi aprì le porte dell’Histeria di Roma”.
Negli anni ’80 Coccoluto guardava a New York e all’America come punto di riferimento per la musica house che al tempo da noi non era ancora popolare. In seguito, mentre da questa parte dell’Atlantico si diffondeva l’hip-hop, i templi della house diventarono Londra, Berlino e Napoli. Oggi, dopo circa un decennio di silenzio, la house sembra tornata a riempire i locali. Ma, mentre in Europa è ancora in parte legata alla scena underground, da queste parti sta prendendo una connotazione più commerciale e una dimensione da folle oceaniche. “Qui ora vanno di moda grandi nomi, DJ da centinaia di migliaia di dollari a serata, che vengono utilizzati come veri e propri brand, fanno serate da 20.00 persone e hanno dietro una vera e propria industria organizzativa. Io, al contrario, sono rimasto un artigiano della house, faccio tutto da solo e credo più nella qualità della musica che nel nome e nel marketing”.
La serata di venerdì si inserisce in un progetto ideato da Giampaolo Ienna, un giovane Dj palermitano che dal 2009 si è trasferito a New York, città che ha deciso di trasformare nel suo quartier generale. Nel 2010 ha creato la società I Love Italian Djs e ha iniziato a prendere contatti con i locali newyorchesi riuscendo a esibirsi in molte delle location più note in città. Poi la decisione di espandersi e di portare a New York altri nomi italiani. Oggi Ienna, che si esibirà venerdì prima di Coccoluto, organizza una serata al mese al Cielo: “Mi sento a casa al Cielo – dice – la clientela è molto europea e apprezza un tipo di musica con cui invece a New York a volte non è facile riempire i locali. Negli USA la house è seguita da poche persone, però si tratta di un pubblico consistente e una volta che sei entrato nel giro si ricordano di te. Io sono ormai noto in città come the Italian Dj”. Dopo aver aperto in grande con Coccoluto, Ienna ha intenzione di andare avanti con l’obiettivo di far conoscere i Dj italiani nella grande mela. “Per una decina di anni l’house music da noi si è fermata. Ma adesso è ora di riprenderci il testimone e di riportare il main stream dell’house music in Italia. Penso che noi che viviamo all’estero possiamo aiutare i Dj italiani a spingere la house music made in Italy”.