«Ho scritto la storia? Ho 23 anni, non ho scritto nulla. Cerco di fare il mio lavoro, senza pensare che sono il primo italiano ad aver vinto Wimbledon. Io gioco per me, per essere un giocatore e una persona migliore. Anche se sono orgoglioso di essere italiano, l’Italia è il mio paese e merita tanto».
È tutto qui, il ragazzo sudtirolese — per alcuni “altoatesino” suona già troppo —, mezzo austriaco, quello che “non parla bene l’italiano”, eppure riesce a farsi capire benissimo quando vuole, con buona pace del copyright di Vasco Rossi. E che, sì, vive a Montecarlo. Dove le tasse si pagano meno, ma la racchetta pesa uguale.
Su di lui se ne dicono tante, com’è inevitabile quando sotto il tricolore sventolano entusiasmo e invidia in egual misura. Sui social, tra gli “odioti” di tastiera, il successo dà fastidio. Ma sorprende di più – anche se forse non dovrebbe – quella porzione di opinione colta che, con fare snob, lo accusa di non essere abbastanza “patriota”.
Italiano riluttante, l’hanno definito. Perché al Papa ha detto che in casa si parla tedesco. Perché a Vienna ha ammesso che quella lingua la sta dimenticando, immerso com’è in un circuito dove si vive in inglese. Perché ha saltato una convocazione in azzurro e pure le Olimpiadi, anche se la Coppa Davis è tornata a Roma soprattutto grazie a lui. Ma soprattutto perché, sostengono, non è un contribuente della Repubblica.
Una precisazione va fatta. I premi dei tornei internazionali sono tassati direttamente nel Paese in cui si svolgono. Altro discorso, certo, per sponsor, pubblicità, contratti TV: lì il fisco monegasco è più tenero del nostro. Ma l’appartamento di Sinner non è una residenza fittizia. A Montecarlo vive da quattro anni, si allena all’aperto tutto l’anno, ha accesso a strutture d’eccellenza e sparring partner come Zverev, Djokovic, Medvedev, Tsitsipas. A Sesto Pusteria, se non giochi a hockey su ghiaccio, non è esattamente lo stesso.
Torna dai genitori una decina di giorni l’anno. Deve pagare per questo la tassa sui rifiuti? Come migliaia di italiani che eccellono all’estero, ha scelto il posto che gli garantisce condizioni ottimali per crescere, lavorare, vincere. Né più né meno.
Poi c’è il carattere. «Sei un’ispirazione per i miei figli», gli ha sussurrato la principessa di Galles. E infatti il pubblico lo ama. Sinner piace a chiunque abbia voglia di vedere un’altra faccia dell’italianità: educata, gentile, determinata, mai sopra le righe. Un’eccezione? No. È semplicemente uno dei tanti ragazzi italiani che, nel loro piccolo o nel loro immenso, onorano il talento con la fatica.
E i frutti si vedono. I tesserati della Federtennis sono passati da 130 mila nel 2001 a oltre un milione nel 2024. Dopo il calcio, è la seconda federazione sportiva per numero di atleti. I praticanti sono 3,1 milioni, il doppio se si considerano anche padel, beach tennis e pickleball. I circoli sono cresciuti da 3.200 a 5.700 in cinque anni, i campi da 10.000 a 12.500. Le iscrizioni dei bambini alle scuole tennis sono aumentate del 30%.
Il “modello Sinner” non è solo ispirazione. È anche traino economico. Il settore del tennis in Italia genera un fatturato di 8,1 miliardi di euro e produce 1,2 miliardi di gettito fiscale. Il boom è dovuto anche – e soprattutto – ai suoi successi.
Perciò sì, almeno indirettamente, Jannik le tasse in Italia le paga. Eccome. E lo fa nel modo più nobile: creando valore, lavoro, passione. Altro che riluttante.