A volte la giusta distanza fa vedere meglio le cose, anche se si tratta di un miraggio.
Come raccontare questo trentatreenne, figlio di una coppia, lui prof, lei regista, che definire popolare – nel senso di colta e famosa – è giusto ma anche no, visto che trattasi di quell’America che non gode più del vento in poppa decisionista, bianco e cattivo, che tanto sembra affascinare il mondo di oggi.
Si potrebbe usare il formato del sogno, della rivincita agognata degli ideali contro la forza, oppure quello del sarcasmo cinico di chi dice che New York si vuole suicidare inseguendo un estremista che programma disordine nelle case e nelle strade di una metropoli che invece, sotto sotto, invoca disciplina e anche accordi con il nuovo imperatore.
Come è difficile raccontare un miraggio.
Soprattutto quando appare improvviso all’orizzonte di chi non sperava più che fosse possibile avvistarlo in questo tempo e in questa America che già cominciavamo a considerare rassegnata o perduta.
E il bello è che Zohran, il miraggio, ha tutte, ma proprio tutte, le carte per incantare.
Giovane, ricco, colto, “straniero” di nascita e di fede, ma talmente concreto che ama raccontare il paradosso dei venditori di hot dog assieme a loro, per strada, e loro gli spiegano che potrebbero abbassare i prezzi se non fossero strangolati con le licenze da pagare a proprietari che non si ricordano più com’è fatto il loro chiosco, se mai l’hanno visto in vita loro.
Oppure che intervista un ragazzo come lui in viaggio tra una fermata e l’altra, coprendo i piccoli microfoni con i biglietti della metro – che trovata geniale per dire dove sono e perché – e discutono su come i trasporti in città dovrebbero essere fast and free, cioè veloci e gratuiti, spiegando che si può.
Come? Chiede il ragazzo. Facendo pagare le tasse ai più ricchi, risponde il miraggio, e lo tranquillizza: non parlo di te, ma di quelli che guadagnano più di un milione all’anno.
E lo stesso si potrebbe fare con le case, aggiunge, congelando gli affitti.
Sono brevi video formidabili, quelli di Zohran, il miraggio. Li potete ormai trovare dovunque. In uno di questi chiede a tutti i suoi sostenitori, mentre sale e urla dalla panchina di un Riverside, di fermarsi a dare soldi alla sua campagna elettorale, che ora c’è bisogno soprattutto di mani per andare a bussare alle porte di chi ancora non ha capito che New York ha di fronte una sfida storica: liberarsi in un colpo dall’idea che non si può più fare nulla contro Trump e anche da quella che i Democratici debbano essere destinati a governare sempre e solo guardando al centro, alla moderazione, all’equilibrio, nonostante tutte le controprove e le evidenze incassate negli ultimi anni.
Ora Zohran Mamdani – questo è il nome completo del miraggio – è entrato nel frullatore del cinismo e del senso di colpa dei media, che corrono a dire che l’avevano visto arrivare, che sorridono a ogni suo sorriso nelle interviste – si tratta di un miraggio di grande simpatia e prontezza di riflessi, proprio come Biden e Harris, vero? – che fanno la fila per sentirlo parlare di Netanyahu e dire che, sì, se potesse, come sindaco di New York, vorrebbe che fosse arrestato perché ricercato da una corte internazionale.
Ecco, se riesce a uscire vivo dal frullatore, a mantenere la giusta distanza che un miraggio deve avere per garantire che alla fine l’oasi, con il verde, il fresco, l’acqua e la pace per tutti – quasi tutti – ci sarà, allora forse avremo un’altra grande storia da raccontare.
Per ora mi basta seguire il consiglio di un altro vecchio saggio, che, se i Dem non l’avessero maltrattato per paura e per ignavia, ora forse staremmo già raccontando un’altra storia. Qui parlo di Bernie Sanders, il primo a dire con grande franchezza ai Dem vecchi e nuovi: state dietro al ragazzo, seguite il miraggio che forse, stavolta, è quella giusta.