Stati Uniti e Israele stanno ridisegnando il Medio Oriente. Non sappiamo ancora dove sperano di arrivare ma l’attacco massiccio di Israele all’Iran, pianificato da anni, è solo l’ultimo assalto dei due paesi alla regione. Regione, va ricordato, che le potenze europee conquistarono dopo il crollo dell’Impero Ottomano disegnando i “confini nella sabbia” di un mondo allora povero e invecchiato male. Le potenze europee ormai poveri come era quell’area vastissima non solo araba – l’Iran va ricordato non è un paese arabo – guardano, commentano, sbraitano incapaci ormai di influire sul prossimo futuro.
Forse l’attacco israeliano impedirà agli ayatollah di creare un ordigno nucleare – è di questo sono felice – ma l’assetto futuro del mondo che sta accanto alla vecchia Europa, che subisce sempre di più le tensioni, la rabbia popolare, gli effetti contrapposti delle grandi potenze in Africa e in Medio Oriente, che una volta si chiamava, più giustamente Vicino Oriente finiranno per destabilizzare anche la nostra casa, le nostre speranze, le speranze dei popoli usciti dalla Seconda Guerra Mondiale e che sono riusciti, per ora, a non vivere con l’incubo di Hiroshima e Nagasaki sulle teste.
L’attenzione del mondo, in queste ore, è fissata su Iran e Israele e Stati Uniti. E come è accaduto in passato, l’Israele di Netanyahu, della destra messianica porterà avanti il suo vecchio progetto: uno stato ebraico dal Mediterraneo al fiume Giordano con incluso una parte della Siria quella a ridosso delle alture del Golan. Sul quotidiano Haaretz, accanto ai titoli che raccontano, non senza orgoglio, le operazioni degli agenti del Mossad in Iran, i bombardamenti mirati, gli uomini legati in qualche modo al progetto nucleare di Teheran, trova spazio per raccontare come Israele continua a distruggere e uccidere a Gaza e in Cisgiordania. Un titolo per tutti: “Rafah non c’è più. Raso al suolo. E non è l’unica città spazzata via dall’esercito israeliano”.

I dati sono spaventosi: “Alla vigilia della guerra, l’area metropolitana di Rafah a Gaza aveva una popolazione di 275.000 abitanti. Jabalya aveva 65.000 residenti. Beit Lahia aveva 108.000. Oggi, queste città sono poco più che rovine. La portata della distruzione si distingue …. tra i casi di guerra più estremi nella storia moderna. I colleghi giornalisti ebrei israeliani che raccontano con l’aiuto di ricerche fatte anche negli Usa sono riusciti, grazie anche le immagini satellitari, a vedere bene la devastazione.
“Tutto sommato, due terzi delle strutture nella Striscia di Gaza sono state distrutte o danneggiate – 174.000 di quelli che erano circa un quarto di milione di edifici.
“Quasi 90.000 strutture – più di un terzo di quelle nella Strip – sono state decimate o hanno subito una distruzione significativa. Insieme a 52.000 strutture che hanno subito danni moderati, rappresentano già oltre il 50 per cento del totale prebellico. Secondo le Nazioni Unite, altre 33.000 strutture mostrano segni di danno, anche se è difficile stimare l’entità.
“Oltre alle strutture residenziali, l’IDF ha distrutto ospedali, infrastrutture, fabbriche, moschee, chiese, mercati e centri commerciali. L’IDF ha anche devastato 2.300 strutture educative di tutti i tipi, e oggi 501 delle 564 scuole della Strip richiedono una ricostruzione o una riparazione estesa”.
Ricostruzione? Un grandioso progetto per il futuro? A giudicare dal mondo di oggi, dei suoi leader, ci credo poco. E i palestinesi, almeno quattro milioni tra Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est? Trump dice che devono essere accolti in qualche paese arabo vicino, piccole riserve come quelli che i padroni del continente nord-americano allestirono per gli indiani.