Israele, sotto la guida di Benjamin Netanyahu e nell’apparente indifferenza mondiale, sta portando avanti il suo progetto più vecchio e controverso: la colonizzazione di tutto il territorio della Palestina, che va dal Mediterraneo ai fiume Giordano. Mentre l’attenzione del pubblico è fissata sulla Striscia di Gaza e sui palestinesi, sui massacri quotidiani da parte delle forze amate israeliane, sulla fame e sui numeri crescenti delle vittime tra la popolazione civile, l’esercito israeliano, i coloni ebrei-israeliani estremisti stanno accelerando l’antico progetto di una parte del movimento sionista.
Sono settimane ormai, mesi, che l’Idf, che si lamenta di essere a corto di uomini per “terminare la guerra a Gaza e distruggere Hamas”, passa da una città all’altra della Cisgiordania occupata demolendo case e strade ed esiliando ancora una volta gli esuli palestinesi di altre guerre. Il quotidiano Haaretz, una delle poche voce di dissenso tra tv, radio e giornali israeliani, racconta come, “a poche decine di chilometri a Est di Gaza, sulle colline della Cisgiordania, un altro sviluppo significativo sta tranquillamente prendendo forma. Lì, il governo Netanyahu ha accelerato un processo di annessione de facto, iniziato prima degli attacchi del 7 ottobre, continuato con il pretesto della guerra e guadagnato ancora più slancio dopo la vittoria del presidente Trump lo scorso novembre”.
“A meno di una dichiarazione formale di annessione – scrive il giornale – il governo sta facendo tutto il possibile per segnalare che intende assorbire questo territorio – che ospita più di due milioni di palestinesi – nello Stato di Israele. Ciò include l’annuncio di ventidue nuovi insediamenti; lo sforzo di legalizzare gli avamposti isolati che sono illegali anche sotto la legge israeliana; e l’espansione delle strade che attraversano la Cisgiordania e radicano il controllo israeliano.
“Queste mosse – continua Haaretz – stanno avvenendo in parallelo e fanno tutte parte di una strategia più ampia e unificata che … non include l’offerta ai palestinesi in queste aree la cittadinanza israeliana, i diritti civili o il diritto di voto. Invece, il governo si affida all’autorità palestinese indebolita e corrotta – ancora guidata dall’anziano autocrate Mahmoud Abbas – per aggirare l’ovvia domanda: se Israele sta effettivamente annettendo la terra, cosa farà delle persone che vivono lì?”
Giorno dopo giorno avanza un processo pratico che renderà impossibile la creazione di una entità palestinese accanto a Israele. Gli sforzi dichiarati di alcuni leader europei come il francese Macron serviranno a ben poco se Netanyahu e il suo governo appoggiato in modo diretto o indiretto dalla maggioranza dei cittadini ebrei d’Israele riuscirà ad andare avanti nel quasi silenzio della maggioranza dei governi tradizionalmente legati a Israele – lo “Stato ebraico” come il primo ministro israeliano e i suoi definiscono il Paese con una popolazione non ebraica di almeno il 20%.
I palestinesi sono formalmente sotto il controllo dell’Autorità palestinese e quindi al di fuori della responsabilità di Israele, ma, come rileva Haaretz, si tratta di un affermazione sempre meno convincente di giorno in giorno. “Prendiamo, ad esempio, la recente decisione di Netanyahu di bloccare una visita dei ministri degli Esteri dell’Arabia Saudita, dell’Egitto, della Giordania e degli Emirati Arabi Uniti alla sede dell’Autorità palestinese a Ramallah. La visita, destinata a sostenere una rinnovata spinta regionale per una soluzione a due Stati, era guidata da governi che sono, per la maggior parte amichevoli verso Israele”.
“Fino a poco tempo fa – insiste il quotidiano di Tel Aviv – i governi israeliani vedevano la facciata dei due Stati come qualcosa che ancora serve gli interessi israeliani, contribuendo a deviare le critiche alla sua presenza militare permanente in Cisgiordania. Ma non questo governo, dove la politica è modellata dalle ambizioni e dalle fantasie degli elementi più estremi e messianici della politica israeliana. Questo governo sta apertamente spingendo per l’annessione e non è interessato a preservare le apparenze diplomatiche per mascherarla”.
Di fronte alle azioni di Israele, ai massacri quotidiani dei gazaui, alle misure che stanno per eliminare l’ipotesi di due Stati per due popoli sono sempre di più i Paesi che alzano la voce contro le azioni criminali del governo Netanyahu, ma che per motivi economici e politici sono restii a prendere misure pratiche. “L’8 giugno –raccontava ieri il Corriere della sera – scade il memorandum d’intesa con Israele in materia di cooperazione militare e della difesa. Il memorandum, in gran parte coperto dal segreto militare, si rinnova automaticamente. Tra le forze politiche di governo si è aperta una riflessione se non sia il caso di congelare il rinnovo per marcare la distanza politica da Netanyahu”.
Purtroppo il dibattito si limita a combattere la crescita dell’antisemitismo mondiale invece di spiegare che le critiche sono e le eventuali azioni di boicottaggio sono una denuncia contro il governo Netanyahu e alla sua politica, non contro gli ebrei in giro per il mondo.