Un duello all’ultimo voto ha designato, nella notte tra domenica e lunedì, il nuovo presidente della Polonia: il candidato della destra illiberale Karol Nawrocki, 42 anni, di professione storico (è stato a capo dell’Istituto della Memoria Nazionale e direttore del museo della Seconda Guerra Mondiale a Danzica) ha ottenuto il 50,89% dei voti, contro il il 49,11% del suo avversario, il sindaco liberale di Varsavia Rafał Trzaskowski.
L’elevato numero dei votanti (71,63% degli aventi diritto) è il primo elemento sul quale riflettere. Al primo turno, il 18 maggio, aveva votato il 67,3%, segnale di alto interesse popolare, visto che nelle tornate presidenziali dal 1990 al 2020, i primi turni avevano registrato due affluenze addirittura inferiori al 50% (nel 2005 e nel 2015) e nella media la partecipazione del 57,8% degli aventi diritto. In quanto alla partecipazione al ballottaggio, mai gli elettori polacchi avevano superato la soglia del 70%, arrivando nel 2020 al 68,18% e documentando nel trentennio una partecipazione media del 56,7% (calcolata su sei ballottaggi, perché nel 2000 Aleksander Kwaśniewski fu rieletto al primo turno).
Il secondo elemento è la spaccatura in due del Paese, in termini culturali, sociologici e politici. I due candidati nel ballottaggio sono finiti separati da 369.451 preferenze, davvero pochine se rapportate ai 20.843.805 voti espressi.
Ma la divisione va oltre questi numeri. Dal primo turno, si apprende che i candidati anti-establishment hanno ricevuto più di un quarto dei voti totali espressi, ma tra i giovani hanno sfiorato i tre quarti dei consensi. All’opposto, più del 90% del voto degli over 60 si è diretto ai due candidati di punta, Trzaskowski e Nawrocki, gli stessi che, nella fascia 18–29 anni, non hanno superato il 22% di consenso. Tra i votanti sotto i 39 anni, l’esponente della destra radicale Sławomir Mentzen, che al primo turno ha preso solo il 15,4%, è risultato il più votato.
La radicalizzazione giovanile, il rifiuto giovanile della politica di confronto tra centro liberale e destra nazionalista dei 35 anni di democrazia polacca post-comunista, si è tradotta, per gli under 29, in un ballottaggio tra due estreme: il citato Mentzen e il suo opposto di sinistra, il radicale anti-capitalista Adrian Zandberg, ultimo votato nel lungo elenco dei candidati di maggio. Detto questo, l’elettorato è composto per il 62% da persone con più di 40 anni e quindi la Polonia avrà ancora governanti di centro o di destra.

Trzaskowski aveva ricevuto al primo turno il 31,4% delle preferenze, Nawrocki il 29,5%.
Nawrocki ha ribaltato il risultato anche grazie al fatto che a votare, al secondo turno, sia andato il 4,33% in più di elettori. Inoltre su di lui si sono concentrati i voti delle destre radicali di Mentzen e di Grzegorz Braun (6,34% al primo turno).
Il perdente ha molto da recriminare sugli errori commessi in una campagna elettorale nella quale era partito favorito, e che lo aveva visto autoproclamarsi vincitore all’inizio della notte di domenica.
Non ha funzionato l’effetto primo ministro: Donald Tusk, capo della Coalizione Civica, che ha candidato Rafał Trzaskowski per i problemi che ha con l’opinione pubblica interna, non è stato in grado di tirare la volata al cinquantatreenne sindaco di Varsavia, confermando di aver depauperato, in un anno e mezzo di premierato, il serbatoio elettorale della coalizione di governo.
Nawrocki, un quasi outsider, ha veleggiato su temi molto popolari nella destra sovranista, come l’opposizione alle politiche UE sui migranti (la Polonia ha accolto a braccia aperta gli esuli ucraini, ma ha avuto problemi seri alle frontiere tedesca e bielorussa) e sulla difesa. Su quest’ultima, in un Paese artificialmente diviso tra filotedeschi e filostatunitensi, il candidato della destra ha rivendicato da un lato la condivisione politica del trumpismo (la rivoluzione del senso comune, il rifiuto della cultura woke, il contrasto alle politiche di Diversità, Equità, Inclusione), dall’altro l’atlantismo come unica credibile chiave di difesa contro l’espansionismo aggressivo russo. Si è così guadagnato lo zoccolo durissimo, praticamente unanime, delle regioni orientali, convinte che solo armandosi con i sofisticati sistemi d’arma dell’industria statunitense e restando abbracciati al partner d’oltreatlantico si scoraggi l’aggressività russa, fuori dal progetto franco-tedesco-britannico di una più assertiva difesa europea.
Sul rush finale del voto, avrebbero influito anche fatti marginali, che in tempi di populismo dilagante si mostrano sempre più decisivi, specie quando il voto, come nel caso polacco, risulti testa a testa.
La stampa nazionalista ha cominciato a magnificare le doti fisiche e sportive dell’ex boxeur Nawrocki rispetto a un avversario che dava l’impressione di essere stanco e con lo sguardo spento. C’è stato anche un clamoroso autogoal comunicativo dei governativi. Una parlamentare di maggioranza, moglie del viceministro della Giustizia, ha postato una foto che la ritrae mentre consegna a un ospizio un sacco di patate (sic!). Non bastasse, la signora indossava la T-shirt elettorale di Trzaskowski, nel cui staff operava.
Ci si interroga ora, su quali comportamenti adotterà il neo eletto da quando, il 6 agosto, assumerà le funzioni. Certamente rilancerà la retorica del nazionalismo, anche se non nei termini grevi sperimentati con i gemelli Kaczyński, dovendo fare i conti con una maggioranza parlamentare non amica.

Buon per lui. Quella maggioranza al momento è appena sopra il 40% del consenso popolare: a Tusk, si votasse oggi, non basterebbero i voti di cui dispone in parlamento grazie a PiS e Piattaforma Civica, dovendo necessariamente rivolgersi alla sempre più popolare Confederazione.
Il presidente eletto si farà sicuramente forte del presunto appoggio del presidente degli Stati Uniti. Si ricordi che Trump ha esplicitamente appoggiato Nawrocki, incontrandolo nell’ufficio Ovale il 3 maggio, giorno nel quale la Polonia celebra la Costituzione del 1791. Mai prima nella storia elettorale polacca si era avuto un endorsement così esplicito e partigiano della Casa Bianca verso un candidato: la foto ufficiale dell’incontro fu pubblicizzata dai media della Casa Bianca.
C’è da precisare che il presidente ha un potere abbastanza limitato. La costituzione ne restringe il ruolo a compiti cerimoniali, come la rappresentanza dell’unità nazionale, la firma delle nomine giudiziarie ambasciatoriali militari, la titolarità del comando delle forze armate. Il presidente ha un solo, quanto effettivo potere: il veto sulle leggi approvate dal parlamento, ad eccezione del budget.