Che cosa ha rappresentato Elon Musk per la presidenza Trump? Ora che se ne è andato dalla Casa Bianca, continua la corsa dei media a criticarlo. Io traggo questo bilancio sulla sua discesa in campo. Ricordo che Musk era sempre stato pro Democratici: un “ambientalista” vero, con la Tesla quale successo più brillante tra le auto elettriche, quando votava per Hillary Clinton. Il momento iconico del cambiamento pro Trump è stato l’attentato al comizio di Butler nel 2024, ma il rigetto dei DEM da parte di Musk covava sotto il wokismo imperante, quello delle censure ai conservatori nei social media liberal. Fino a spingerlo, nel 2022, a comprare Twitter per 44 miliardi di dollari, e liberarne l’uso per tutti.
Dalla dichiarazione di appoggio a Trump prima del voto, Musk è diventato il personaggio più scomodo e più odiato dai DEM, a causa dei suoi milioni di seguaci sui media e per la sua immagine debordante di inventore geniale: Space X e Starlink, oltre a Tesla.
Se non è quantificabile in numero di voti il suo endorsement, c’è la cifra concreta di 300 milioni – dati alla campagna di Trump – ad aumentare l’ostilità dei DEM, e il valore aggiunto al GOP.
Incassata la sconfitta, i liberal hanno sbandato nel valutare il ruolo di Elon. All’inizio, vista l’ingombrante presenza dell’uomo “nuovo” sui media, tra i Democratici è balenata l’idea di ribaltare il ticket del Potere. Presentavano Musk come il vero presidente e Trump come un burattino: sforzo fallito.
Invece, già prima del voto si conosceva l’idea di Musk di offrire al governo GOP la sua esperienza di manager spietato nel gestire le imprese, e che Trump era d’accordissimo. Tanto da creare un quasi-ministero tutto per lui, il Doge, dandogli carta bianca nello scovare sprechi e frodi, con il fine di migliorare l’efficienza del governo.
L’attività del Doge è subito decollata, ma su due rotte parallele. Una fatta di sparate di Musk, che s’era autoimposto un obiettivo lunare da 2 trilioni di dollari di tagli nel bilancio americano. L’altra, terra terra, che portava a casa qualche centinaio di miliardi di risparmi nel budget (saranno 175 a fine maggio) e il taglio di alcune decine di migliaia di dipendenti statali, con la formula delle dimissioni volontarie incentivate.
Fin da subito si sapeva che Musk non poteva occupare la posizione di dipendente (volontario, non pagato) della Casa Bianca per oltre 130 giorni, ossia fino a fine maggio, ed ora siamo all’addio. Musk torna alle sue aziende, e ci si chiede che ne sarà del Doge. I suoi giovani funzionari stipendiati (quanti non si sa) dovrebbero finire ‘embedded’ nei ministeri, diventando di fatto dei politici inseriti nel governo. Continueranno il lavoro certosino di spulciare i bilanci, e questo è il lascito di Musk. Non ha fatto il miracolo di abbattere di due trilioni il debito federale, ma è stato il tentativo più generoso, finora, di affrontare la voragine dei 36 trilioni di dollari.
Per essere serio, lo sforzo di risanamento dovrebbe aggredire con riforme significative i centri automatici di spesa (Medicaid, Medicare, Social Security). Su questo terreno i DEM e Trump sono d’accordo nel soprassedere, anche se sono divisi in Congresso sul voto al BBB (Big Beautiful Bill). È la legge omnibus, passata per ora alla Camera, che Trump vede come la massima vittoria legislativa possibile del suo secondo mandato (fare permanenti i tagli alle tasse della legge del 2017; introdurre timide restrizioni al Medicaid; aumentare le deduzioni statali e locali e i fondi per la sicurezza ai confini; cancellare i programmi di Biden per l’energia verde).
Musk ha apertamente criticato il BBB, ma lui è nato in Sud Africa e non potrà mai correre per la Casa Bianca. Non ha problemi a dire che questa legge va in direzione opposta agli obiettivi strategici del suo Doge. Ma Trump tiene troppo al rapporto umano con Elon, e ha mandato giù il rospo. I DEM sperano in una frattura clamorosa, comunque frustrati perché non darebbe loro niente: Trump finisce nel 2028, Musk quel che ha fatto ha fatto.