L’amministrazione Trump ha deciso di aumentare il livello di allerta per i viaggi in Italia, portando il nostro Paese in una categoria di rischio superiore. Le ragioni ufficiali citano preoccupazioni per la sicurezza, ma è difficile non vedere in questa scelta un messaggio più ampio: alcuni Paesi europei tornano sotto i riflettori di una politica estera americana sempre più diffidente e attenta agli equilibri geopolitici.
Nel frattempo, importanti modifiche sono previste, a partire da ottobre 2025, per viaggiare in Europa. Non si tratta di nuove rotte aeree o regole sanitarie, ma di una rivoluzione silenziosa che interesserà milioni di viaggiatori: l’introduzione dell’Entry/Exit System (EES), un sistema di registrazione automatica per i cittadini non provenienti dalla zona di libera circolazione dell’Unione Europea (Spazio Schengen). Questo meccanismo risponde alle crescenti necessità di sicurezza e rappresenta un ambizioso tentativo di unire modernizzazione, efficienza e controllo nell’era della mobilità globale.
Per decenni, il passaporto è stato il nostro fedele compagno di viaggio, con timbri sbiaditi, date annotate a mano e il controllo visivo degli agenti come rituali di ingresso o uscita da un Paese europeo. Tuttavia, presto tutto ciò sarà sostituito da una registrazione elettronica e biometrica, un cambiamento che segna una svolta.
L’EES è stato concepito per monitorare in tempo reale i movimenti dei cittadini di Paesi terzi che viaggiano nell’area Schengen per brevi soggiorni. Ad esempio, gli americani possono entrare in Italia senza visto per viaggi fino a 90 giorni in un periodo di 180 giorni consecutivi.
Ogni passaggio sarà registrato in una banca dati europea, associato a informazioni biometriche come fotografie del viso e, per gli adulti, anche le impronte digitali.
La sicurezza è uno dei principali motori del progetto. Le autorità europee, consapevoli degli attacchi terroristici e delle difficoltà nella gestione delle crisi migratorie, avvertono l’urgenza di modernizzare i controlli alle frontiere.
I dati raccolti saranno accessibili in tempo reale da tutti i punti di frontiera dell’UE, consentendo un controllo più rapido e uniforme. Una volta registrato, un viaggiatore potrà usufruire di un passaggio più veloce ai controlli successivi grazie alla tecnologia biometrica. Prendiamo l’esempio di Anthony, un manager di New York che vola frequentemente a Roma. Fino a ora, il suo passaggio alla frontiera era documentato solo da un timbro. Con l’introduzione dell’EES, al primo ingresso verranno acquisiti i dati biometrici del viaggiatore. Al suo prossimo viaggio, basterà una semplice scansione del viso e del passaporto per attraversare il confine.

L’EES si ispira a sistemi già esistenti come l’ESTA statunitense o l’ETA canadese, ma con una portata più ampia grazie al coinvolgimento di più Paesi. La vera innovazione risiede nel fatto che si tratta di un sistema comune ai 29 Paesi Schengen, inclusi 25 Stati dell’Unione Europea, capace di garantire uniformità e interoperabilità. Questo significa che i dati raccolti in Germania saranno immediatamente accessibili anche in Italia, Francia o Spagna, rappresentando un vantaggio significativo per la gestione dei flussi. Tuttavia, come per ogni cambiamento, anche l’EES presenta delle sfide. Nella fase iniziale, ogni viaggiatore dovrà fornire i propri dati biometrici, il che potrebbe causare rallentamenti, specialmente nei grandi hub come aeroporti, porti e stazioni internazionali. Registrare impronte e foto per molte persone è complesso. Le autorità europee sono consapevoli di queste difficoltà e hanno predisposto sistemi automatizzati e personale specializzato per assistere i passeggeri.
Un tema sensibile riguarda la gestione dei dati personali: dove vengono archiviate le informazioni biometriche? Chi ha accesso a esse? E per quanto tempo rimarranno conservate? L’Unione Europea ha stabilito regole molto rigorose, ispirandosi al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). I dati saranno conservati per un massimo di tre anni e potranno essere consultati solo da personale autorizzato.
L’introduzione dell’EES modificherà anche la preparazione dei viaggi. I cittadini di Paesi terzi dovranno essere informati sui documenti necessari e sulle procedure biometriche da seguire.
Se gestito correttamente, l’EES promette vantaggi significativi. Per i viaggiatori abituali, i controlli saranno più rapidi e meno stressanti. Per le autorità, sarà più semplice gestire i flussi e contrastare la migrazione irregolare.
Il passaggio al digitale non è solo una questione tecnica, ma una visione politica: un’Europa aperta, accogliente, ma vigile. Trovare questo equilibrio è difficile, soprattutto in un contesto di tensioni geopolitiche, crisi migratorie e preoccupazioni per la sicurezza. Il sistema EES cerca di affrontare queste sfide, automatizzando le procedure meccaniche, liberando risorse umane per compiti più critici e migliorando la tracciabilità dei movimenti, senza ostacolare i viaggi legittimi.
Non tutto sarà perfetto fin dall’inizio. Ci saranno disagi e tempi di attesa. Tuttavia, come per il check-in online o i gate biometrici negli aeroporti, anche l’EES diventerà parte della quotidianità. Questa un’evoluzione spinge a riflettere non solo su come si viaggia, ma anche su come bilanciare il desiderio di scoperta del mondo con il diritto alla sicurezza e al rispetto della privacy. In definitiva, il nuovo volto delle frontiere dell’Unione Europea riflette una concezione rinnovata di cittadinanza globale: più consapevole, informata e connessa.