Il tumore alla prostata diagnosticato a Joe Biden ha riaperto il dibattito sul bilanciamento tra il diritto alla privacy di un presidente, o di un candidato alla presidenza, e il diritto del pubblico a conoscere informazioni cruciali che possono influenzare la sua capacità di governare.
Già nel 2021 i medici avevano riscontrato un nodulo alla prostata dell’allora presidente. E i medici della Casa Bianca avevano dichiarato che si trattava di una condizione benigna. Il nodulo era stato scoperto durante un esame fisico di routine, ma, dopo ulteriori test, era stato confermato che non c’era alcuna evidenza di cancro. Biden aveva 78 anni in quel periodo e i medici avevano tenuto monitorato il nodulo, ma non era considerato una minaccia per la sua salute.
Nei test condotti nei giorni scorsi invece è stato confermato che l’ex presidente ha un carcinoma avanzato, già diffuso fino alle ossa. Il tumore è stato classificato con un punteggio di Gleason pari a 9 su 10, segnale di una forma particolarmente aggressiva. Tuttavia, secondo quanto riferito dal team medico, la metastasi risulta sensibile agli ormoni, caratteristica che permette margini di trattamento: “Sebbene questa rappresenti una forma più aggressiva della malattia, il cancro sembra essere sensibile agli ormoni, il che consente una gestione efficace”, si legge nella nota ufficiale. Biden e la sua famiglia stanno ora valutando le opzioni terapeutiche disponibili.
Cancer touches us all. Like so many of you, Jill and I have learned that we are strongest in the broken places. Thank you for lifting us up with love and support. pic.twitter.com/oSS1vGIiwU
— Joe Biden (@JoeBiden) May 19, 2025
Il dottor Ezekiel Emanuel, oncologo di fama internazionale e membro del team di transizione di Biden, sostiene che molto probabilmente l’ex presidente avesse questo tumore già da diversi anni, forse da un decennio, ben prima dell’inizio della sua presidenza nel 2021. Emanuel ha anche sollevato dubbi sul fatto che Biden non avesse effettuato test dell’antigene prostatico specifico (PSA) prima d’ora, esami che sono stati eseguiti con regolarità su altri presidenti, come Barack Obama e George Bush, che non avevano avuto precedenti problemi alla prostata.
Secondo quanto affermato da un portavoce dell’ex presidente, la diagnosi attuale è stata fatta dopo che Biden ha riportato nelle settimane scorse difficoltà a urinare.
Donald Trump, invece, è stato dichiarato in “eccellente salute” dal suo dottore ufficiale, il capitano della Marina Sean Barbabella, a seguito dell’annuale visita medica effettuata ad aprile 2025 presso il Walter Reed National Military Medical Center. Tutto bene, quindi. Ma non è così. Nel 2015, quando si candidò per la prima volta alla Casa Bianca, il suo medico personale, Harold Bornstein, pubblicò una lettera in cui dichiarava che Trump sarebbe stato “l’individuo più sano mai eletto alla presidenza”. La lettera elogiava la salute dell’attuale presidente con termini come “sorprendentemente eccellente” e sottolineava la sua “forza fisica e resistenza straordinarie”. Tre anni dopo, nel maggio 2018, Bornstein rivelò che fu Trump stesso a dettare l’intera lettera.
Una mancanza di trasparenza che si scontra con le pesanti responsabilità del presidente degli Stati Uniti, che è anche il comandante in capo delle forze armate. Compiti critici, soprattutto in situazioni d’emergenza, e le sue condizioni fisiche e mentali possono influenzare direttamente le sue decisioni.
Nella storia americana, diversi presidenti hanno nascosto o minimizzato gravi problemi della loro salute: da Franklin Delano Roosevelt che nascondeva le grucce per non far sapere agli americani che era stato colpito dalla poliomielite, a John F. Kennedy che soffriva del morbo di Addison, a Ronald Reagan che si smarriva nei corridoi della Casa Bianca molto prima che gli venisse diagnosticato l’Alzheimer.
Un cittadino privato qualunque ha diritto alla privacy totale sulle sue condizioni di salute, ma il presidente degli Stati Uniti, invece, ha un dovere di trasparenza: quando la salute può compromettere la funzione pubblica, la questione non è più privata. Gli elettori hanno il diritto di sapere se il loro presidente è in grado di svolgere le sue funzioni. La trasparenza non solo tutela la democrazia, ma permette scelte consapevoli nelle elezioni.