Approfittane, mondo. Approfitta di questo spiraglio, di questo momento in cui puoi fermarti a pensare alle parole di uomo che da solo ha tenuta aperta la porta all’idea che possa andare a finire in un altro modo, che il nostro domani non debba rassegnarsi alla legge della forza, alla paura e alla guerra come metodo di governo.
Approfitta mondo, che oggi tutti sono impegnati per dovere, per mestiere, per ipocrisia e per necessità a ricordare la vita e l’esempio, i gesti e i ragionamenti dell’unico leader politico di questi anni che ha tenuto testa allo scivolare del nostro tempo verso l’indifferenza al dolore e all’ingiustizia. Saranno pochi o tanti non sappiamo i giorni in cui giornali e televisioni, post e tweet terranno aperta la finestra a un altro dire, a un altro modo di vedere le cose che sembrava ormai senza più voce.
Il saluto che Papa Francesco ci ha fatto prima di andare è stato l’ultimo regalo ma anche l’ultimo seme gettato a noi che restiamo. Ha salutato tutti nel giorno della resurrezione, anche quel signore americano che voleva a tutti i costi vederlo per esibire al mondo il trofeo della foto in comune. E Francesco, che stava partendo, ha detto va bene, perché fosse anche questo un segno di pace.
Approfittane mondo, perché già si sente ruggire il leone che tutto può manipolare tranne l’idea che anche solo per un giorno il mondo non parli di lui, Trump, e della sua voglia di assomigliare al padrone assoluto dei nostri destini. Ha lasciato intendere che forse potrebbe anche decidere di venire a Roma per i funerali quando ancora non si sa come né quando saranno celebrati. Ed è solo l’anticipazione di quello che può avvenire nei commenti e nei ricordi di chi fino a ieri considerava questo Papa un intralcio al nuovo spirito del tempo: la legge del più forte come nuova regola del mondo. Ma nonostante tutto, nonostante cercheranno di mescolare le carte, di partecipare e derubricare il lutto a condoglianze comuni, il seme gettato da Francesco ora sta volando nel vento e cercando un posto dove attecchire e germogliare.
Usiamo questi giorni dove tutti ci parleranno di lui solo perché se n’è andato. Proviamo a promettergli che sapremo distinguere chi lo fa per dimenticarlo il prima possibile e chi invece andrà a cercare quel seme per piantarlo nel cuore di questa povera terra che sono diventati i nostri cuori.
Non sarà facile trovare terra fertile ma bisogna provarci, ogni giorno, come faceva lui che ogni mattina telefonava al parroco di Gaza per sapere come andavano le cose. Ecco, potrebbe essere il primo impegno.