“L’intelligenza artificiale è e deve rimanere uno strumento nelle mani dell’uomo. E siamo sicuri di voler continuare a chiamare ‘intelligenza’ ciò che intelligenza non è?”. Ecco, in sintesi, il pensiero di Papa Francesco sul tema dell’Intelligenza Artificiale, affrontato in un convegno del giugno dello scorso anno, anche in realtà è una tematica sulla quale il Pontefice appena scomparso è tornato più volte. In precedenza, Bergoglio ne aveva parlato sia al G7 in Puglia che nella sua enciclica “Laudato si’” come nella epistola papale “Laudate Deum” e nel “Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace”: “L’Intelligenza Artificiale influenza in modo dirompente l’economia e la società e può avere impatti negativi sulla qualità della vita, sulle relazioni tra persone e tra Paesi, sulla stabilità internazionale e sulla casa comune”. In più, il Papa sosteneva la necessità di un approccio multidisciplinare a questa tematica, con “la necessità di uno sviluppo etico degli algoritmi in cui siano i valori a orientare i percorsi delle nuove tecnologie”, sottolineando che l’AI “è e deve rimanere uno strumento” nelle mani umane.
In precedenza il Pontefice aveva invitato “la politica ad adottare azioni concrete per governare il processo tecnologico in corso nella direzione della fraternità universale e della pace”. Fece sensazione poi la citazione di Stephen Hawking, cosmologo, fisico e matematico, che in un’intervista aveva sostenuto che “lo sviluppo dell’IA completa potrebbe significare la fine della razza umana”. E Bergoglio gli aveva fatto eco: “È questo che vogliamo?”, aggiungendo: “Cari amici, è sul fronte dell’innovazione tecnologica che si giocherà il futuro dell’economia, della civiltà, della stessa umanità. Non dobbiamo perdere l’occasione di pensare e agire in un modo nuovo, con la mente, con il cuore e con le mani, per indirizzare l’innovazione verso una configurazione centrata sul primato della dignità umana. Questo non va discusso”.
E ancora l’innovazione tecnologica, di per sé, comporta sempre un aspetto positivo e uno negativo, come giustamente ha ricordato la nota sul rapporto tra intelligenza artificiale e intelligenza umana realizzato dal Dicastero per la Dottrina della Fede insieme col Dicastero per la Cultura e l’Educazione, un documento rivolto a genitori, insegnanti, ma anche agli uomini della Chiesa e a tutti coloro che “condividono l’esigenza di uno sviluppo scientifico e tecnologico al servizio della persona e del bene comune”. La nota della Santa Sede, “Antiqua et nova”, se da una parte sottolinea come l’AI “possa accrescere le risorse belliche ben oltre la portata del controllo umano”, accelerando “una corsa destabilizzante agli armamenti con conseguenze devastanti per i diritti umani”, dall’altra “non va divinizzata, non deve sostituire le relazioni umane, ma deve essere utilizzata solo come strumento complementare all’intelligenza umana”.
E sempre “Antiqua e nova” avverte: “Le differenze tra l’intelligenza umana e gli attuali sistemi di IA appaiono evidenti. Sebbene sia una straordinaria conquista tecnologica in grado di imitare alcune operazioni associate alla razionalità, l’IA opera soltanto eseguendo compiti, raggiungendo obiettivi o prendendo decisioni basate su dati quantitativi e sulla logica computazionale. Con la sua potenza analitica, per esempio, essa eccelle nell’integrare dati provenienti da svariati campi, nel modellare sistemi complessi e nel favorire collegamenti interdisciplinari. In questo modo, essa potrebbe facilitare la collaborazione tra esperti per risolvere problemi la cui complessità è tale che ‘non si possono affrontare a partire da un solo punto di vista o da un solo tipo di interessi’. Tuttavia, anche se l’IA elabora e simula alcune espressioni dell’intelligenza, essa rimane fondamentalmente confinata in un ambito logico-matematico, il quale le impone alcune limitazioni intrinseche. Mentre l’intelligenza umana continuamente si sviluppa in modo organico nel corso della crescita fisica e psicologica della persona ed è plasmata da una miriade di esperienze vissute nella corporeità, l’IA manca della capacità di evolversi in questo senso. Sebbene i sistemi avanzati possano “imparare” attraverso processi quali l’apprendimento automatico, questa sorta di addestramento è essenzialmente diverso dallo sviluppo di crescita dell’intelligenza umana, essendo questa plasmata dalle sue esperienze corporee: stimoli sensoriali, risposte emotive, interazioni sociali e il contesto unico che caratterizza ogni momento. Questi elementi modellano e formano il singolo individuo nella sua storia personale. Al contrario, l’IA, sprovvista di un corpo fisico, si affida al ragionamento computazionale e all’apprendimento su vasti insiemi di dati che comprendono esperienze e conoscenze comunque raccolte da esseri umani”.
Concludiamo dunque con le parole più forti del Papa: ““Un potere incontrollato genera mostri e si ritorce contro noi stessi”, il grido d’allarme di Francesco: “Perciò oggi è urgente porre limiti etici allo sviluppo dell’Intelligenza artificiale, che con la sua capacità di calcolo e di simulazione potrebbe essere utilizzata per il dominio sull’uomo e sulla natura, piuttosto che messa servizio della pace e dello sviluppo integrale”.