Il dubbio è: chi si deve preoccupare di più del “Tour per Combattere l’Oligarchia”, iniziato in febbraio dai socialisti Bernie Sanders, senatore del Vermont, e Alexandria Ocasio-Cortez, deputata di New York? I Democratici, per la crescente visibilità mediatica di due personaggi che hanno l’obiettivo, con i comizi in piazza, di conquistare spazio politico nel partito per lanciare la candidatura della pasionaria alle presidenziali 2028? O i Repubblicani, che non avranno più Trump sulla scheda (non date retta al tormentone caro ai giornalisti sul fatto che possa dribblare il divieto costituzionale ad un terzo mandato, anche se lui ciurla nel manico e se la ride) e non avevano mai considerato l’idea di affrontare una marxista orgogliosa, e magari gli capiterà?
La storia ricorda che quando Sanders cercò la nomination Democratica nel 2020, ed era sul punto di farcela, fu fermato in extremis dalla coalizione degli altri candidati DEM che si ritirarono a favore di Biden, l’usato “moderato” sicuro, che poi batté Trump. Quattro anni dopo, a suon di comizi gremiti di cappelli “Maga”, l’ex presidente n.45 sbaragliò prima la concorrenza nel GOP, e poi la riserva Kamala Harris, scesa in campo a 100 giorni dal voto al posto di Biden “infortunato”.
Ora Sanders ci riprova. Non lui, che avrà 87 anni nel novembre 2028, ma in tandem con l’allieva di fede che ha appena compiuto 35 anni, la soglia per presentarsi. La corsa di AOC, sigla ormai familiare, non è stata ufficializzata, ma si sa come vanno queste cose. In un partito sotto choc in cui l’establishment storico – da Obama ai Clinton, da Chuck Schumer a Nancy Pelosi – non solo non offre alcuna guida su chi puntare ma è anzi assediato dalla sinistra interna per non saper condurre la resistenza a Trump, l’attenzione è ai primi sondaggi sugli aspiranti più o meno dichiarati.
Impressiona come ne esce AOC. In un sondaggio di Yale, gode tra i DEM del più alto tasso di popolarità netta (favorevoli contro contrari), pari al 62%, con un 41% che ha una opinione “fortemente favorevole”. E alla domanda su chi appoggeranno nel 2028, la “candidata” AOC ha il 21% di fans, dietro a Harris con il 28%. Solo l’11,7% degli interpellati ha detto di non aver mai sentita nominare AOC o di non avere opinioni su di lei. La ex senatrice californiana, invece, ha una sorta di popolarità residua, per inerzia, essendo stata 4 anni alla Casa Bianca come vice di Biden, e infine candidata anti-Trump. Solo sei mesi fa, pur perdendo, Kamala aveva preso 75 milioni di voti, il 48,3%. Ma quel capitale politico è in dissolvimento, al punto che Nate Silver, il guru delle elezioni che scrive sul New York Times, nel suo “Silver Bullettin Substack” ha indicato AOC quale sua “prima scelta” per le primarie DEM che verranno.
I rally che la Democratica Socialista AOC sta facendo con Sanders ne allargano la fama. Los Angeles ha avuto un pubblico di 36 mila osannanti, e a seguire Denver 34 mila, Folsom 26 mila, Tucson 20 mila, Salt Lake City 20 mila, Nampa 12 mila, Greeley 11 mila, Tempe 10 mila, Missoula 9 mila, Warren 9 mila. Tutti eventi con bagni di folla in stile Trump, il modello vincente. L’idea della coppia è di coinvolgere e scaldare la base dei militanti, oggi affamata di pura opposizione a Trump & Musk. E domani, sperano, attratta dalla loro proposta rivoluzionaria.
I DEM vorranno, anche stavolta, sbarrare la strada a Sanders & AOC e inventarsi un Biden Due? Sarà più dura. L’anima rossa dei DEM è sempre più grossa.
E i Repubblicani? Il GOP, orfano della leadership debordante di Trump, avrà le chance legate ai successi o ai fallimenti di questa Casa Bianca. Certo, avendo battuto sempre i progressisti nel passato (Walter Mondale perse 49 stati nel 1984, contro Reagan), per il GOP sembra un sogno sfidare una marxista fra 4 anni. Per me rischiano un brutto risveglio. AOC, stella nascente, ha il tempo di “evolvere”, non come Kamala.