In un mondo attraversato da tensioni geopolitiche e da una competizione globale serrata, il progetto europeo appare in affanno. I dazi minacciati da Donald Trump sulle merci evidenziano un contesto internazionale più ostile e meno prevedibile e rappresentano una svolta che non può essere ignorata.
L’Europa ha bisogno di rinnovamento e di strategie efficaci, rafforzando la coesione interna e la capacità di agire in autonomia. Occorrono strumenti operativi: non semplici analisi, ma azioni in grado di rilanciare la competitività e favorire l’integrazione. Il Vecchio Continente non può essere solo un grande spazio economico, le sfide globali richiedono la costruzione di un’unione politica ed economica. È necessario ripensare il mercato unico, snellire la governance e promuovere investimenti comuni nei settori strategici.
Di fronte al concreto rischio di deindustrializzazione, diventa essenziale rispondere in modo coordinato, favorendo un patto europeo sulla competitività. Rafforzare le capacità industriali in settori chiave è una priorità. Solo così l’Unione potrà garantire la propria autonomia economica, tecnologica e politica in un mondo che non aspetta.
In vista del Consiglio europeo del prossimo giugno, chiamato a definire l’Agenda fino al 2029, emergono proposte orientate alla riforma del mercato unico e al rilancio della competitività. Approcci che convergono su un punto: senza una trasformazione dei meccanismi decisionali e delle politiche comuni, il rischio è di scivolare ai margini del nuovo ordine globale. Le attuali lentezze strutturali impediscono di rispondere con efficacia alle pressioni di economie come quelle di Stati Uniti e Cina, che avanzano con modelli decisionali più rapidi, centralizzati e aggressivi.
Innovare, produrre, proteggere: questa è la nuova triade su cui deve fondarsi l’azione europea. Solo così sarà possibile preservare il modello sociale e garantire un futuro di crescita. L’innovazione orientata alla produttività è una condizione essenziale per consolidare i pilastri dell’integrazione europea. Solo una risposta adeguata permetterà di garantire prosperità e pace, evitando all’Europa il rischio di smarrire la sua ragion d’essere.

Da qui l’urgenza di superare gradualmente il metodo intergovernativo, rafforzare la governance comune e avvicinarsi a una dimensione federale. Non bastano correttivi tecnici: serve una visione politica ambiziosa, capace di costruire un soggetto in grado di reggere le sfide globali.
Per colmare il divario tecnologico, in particolare nei settori avanzati, l’Unione deve riorientare con decisione i propri sforzi. Innovazione, investimenti comuni e una visione condivisa sono le leve per rilanciare la competitività. Solo rafforzando la dimensione europea sarà possibile affrontare le sfide di un’economia sempre più tecnologia.
Negli Stati Uniti, il settore high-tech continua ad attrarre investimenti e talenti, consolidando la leadership americana nell’innovazione. L’Europa, pur disponendo di un solido patrimonio di conoscenze, ricercatori e start-up, fatica a trasformare queste risorse in vantaggi industriali concreti. Il potenziale esiste e si esprime nella qualità della ricerca, ma il passaggio alla commercializzazione resta il punto debole. Un quadro normativo troppo rigido e frammentato penalizza le imprese innovative, soffocando le ambizioni e scoraggiando i nuovi investimenti. Se vuole competere, l’UE deve creare un sistema favorevole all’innovazione: capace di sostenere il rischio, premiare l’eccellenza e ridurre gli ostacoli burocratici.
A questo si aggiunge una frammentazione strutturale che limita l’efficacia delle politiche comuni. Nonostante gli obiettivi condivisi su crescita e produttività, stenta a consolidarsi un vero mercato unico. Le iniziative restano spesso disarticolate, i finanziamenti si disperdono tra livelli nazionali e comunitari, le sinergie risultano deboli per generare un impatto sistemico.
In un mondo in cui l’innovazione corre veloce, non si può procedere in ordine sparso. Solo superando le divisioni sarà possibile trasformare il potenziale scientifico e tecnologico in una reale leadership economica. La frammentazione normativa e la scarsa coordinazione, sia legislativa che amministrativa, sono ostacoli strutturali alla corsa europea per l’innovazione. Le conseguenze sono evidenti: l’Europa fatica a sviluppare una competitività solida, mentre le imprese più dinamiche si trasferiscono all’estero, impoverendo il tessuto economico e riducendo la base industriale su cui costruire occupazione e futuro. È necessario adottare una politica fiscale che incentivi la produzione interna, capace di contrastare pratiche sleali e che valorizzi il potenziale produttivo degli Stati membri.

Le riflessioni, di molti centri di ricerca e di autorevoli esperti, segnalano un’urgenza politica e istituzionale: intraprendere con decisione un percorso verso l’integrazione, fino a un modello federale. Solo così si potranno coordinare efficacemente le politiche nazionali ed europee attorno a obiettivi comuni. Questo richiede una revisione delle regole che governano il processo legislativo e il quadro normativo sull’innovazione. Le norme dovranno essere meno numerose, più semplici e orientate a sostenere una nuova stagione di produttività, capace di integrare competitività, sovranità tecnologica e sostenibilità.
Un nodo centrale è il ruolo del finanziamento pubblico come leva strategica per la crescita. L’Unione dovrà impegnarsi direttamente a sostenere gli investimenti industriali orientati all’innovazione, affinché si traducano in un reale incremento della produttività in settori strategici. Sicurezza, energia e farmaceutica sono ambiti in cui una debole capacità innovativa compromette la competitività e rischia di generare effetti negativi a catena. È urgente promuovere un’azione finanziaria condivisa, fondata sull’utilizzo del bilancio europeo e, se necessario, sulla creazione di strumenti di debito comuni.
Il ritorno di Donald Trump e le conseguenze sull’equilibrio globale rendono ancora più pressante per l’UE l’esigenza di accelerare sul fronte dell’integrazione e dell’efficacia decisionale. Il messaggio è chiaro: l’Europa non può più permettersi ritardi o divisioni. Se vuole restare competitiva, autonoma e protagonista, deve agire ora. Un’occasione storica, in un momento più difficile.