Non fatela così tragica: ci restano 85 miliardi di neuroni. Quelli Trump non li potrà bruciare in Borsa, perché stanno nel nostro cervello. A meno che non ce li bruciamo da soli. Infatti temo che molti, per un motivo o per un altro, siano arrivati alle elezioni americane con i neuroni carbonizzati. Altrimenti come si spiega che abbiano votato Trump? Certo 85 miliardi di neuroni sono bazzecole in confronto ai 2 mila miliardi di azioni, ma sono sempre qualcosa per continuare a ragionare. E soprattutto non ficcarli in Borsa, ma conservarli nel cervello. Dove abbiamo anche 100 trilioni di sinapsi che garantiscono il funzionamento della rete di 3 chilometri di “fili” (dendriti e assoni) per collegare il nostro sistema cerebrale. Se qualcosa non funziona, per esempio non si riesce a ricordare o a fissare un’idea, ecco che si vota uno come Trump. Non ci sovviene alla mente chi sia stato e cosa abbia combinato. Si tratta di un disturbo patologico di dimenticanza; pertanto proporrei l’obbligo di sottoporsi a elettroencefalogramma prima di votare, per verificare se si è abili a farlo. Talvolta si sa che quel ricordo esiste, ma non si riesce a portarlo alla coscienza – spiegano gli scienziati che stanno studiando come riattivare i ricordi. Finiremo a essere dei terrestri in preda a marasma mentale? Ci sono vari tipi di demenza e di dementi, ma incurabili sono di certo quelli che fanno i dementi per opportunità, sempre pronti a tagliare alla bisogna il filo che lega il passato al presente. Per esempio, Vance era un antitrumpiano ma, oplà, è diventato il suo primo sostenitore. E non pensiamo sia un demente, semplicemente un opportunista. Fino a quando durerà la sua conveniente convivenza? Caro Melanio, guardati dagli amici. E andrà tutto bene. Frase ormai diventata un mantra sia nella realtà che nelle fiction, forse perché il confine è molto labile.
A proposito di fiction, nel ‘500 Ariosto scrisse il poema Orlando Furioso, una parodia del mondo cavalleresco dell’epoca e del suo rapporto con quello musulmano. In sintesi: Orlando impazzisce per amore e il suo cervello finisce sulla luna. I cristiani sono messi malissimo: solo quando Astolfo lo recupererà, Orlando rinsavirà e finalmente potrà sconfiggere i nemici saraceni, per Carlo Magno. Pure il povero Elon deve aver smarrito il senno per amore, considerato come amministra il suo mondo degli affetti, finendo col votarsi a Trump. Di certo ora è furioso per aver visto polverizzarsi 137 miliardi di dollari. Il viaggio su Marte gli gioverà e vi troverà certamente qualche terra rara che gli riassesterà le finanze. Così potrà rinsavire definitivamente. E speriamo che anche la nostra civiltà venga risanata. E che Melanio scappi, con o senza Melania, in Groenlandia.
Ma c’è un problema: qua non si disputa una guerra tra civiltà, ma un game of thrones dove i giocatori sono drogati dalla dipendenza alla scommessa di grandi somme di denaro. I neurotrasmettitori creano comportamenti impulsivi, convinzioni granitiche, appagamenti immediati portando il cervello a disturbi mentali. I giocatori, come Melanio e J.D., però, non rischiano il denaro in proprio ma per mandato elettorale. Tutti meno uno: Musk che ci ha messo del suo e l’ha perso. A questo punto non ci resta che scommettere su chi vincerà. L’Elon furioso o lo scrambled egg di Melania? Poi non potremo trattenerci dallo scommettere su quali imprenditori europei andranno a produrre in America, certi che saranno accolti da Trump a braccia aperte. Basterà versargli brevi manu 5 milioni di dollari e 85 miliardi di neuroni e lui dispenserà in cambio la gold card, che conferirà permanente capigliatura dorata simil presidentone ai ricchi stranieri. Inizierà così l’età dell’oro americana, foraggiata dagli schifosi europei. Pecunia non olet.