L’occasione per manifestare a favore del popolo palestinese è ghiotta, ma scommetto che i protestatari in servizio permanente effettivo non la coglieranno. Adesso sì che la gente comune di Gaza avrebbe bisogno del sostegno più ampio. Ma all’appello non risponderanno quelli che vestono la kefiah al sicuro dei loro college, da New York a Torino, e si mobilitano solo contro Israele, l’unica democrazia nel Medio Oriente. Hanno la tessera ad honorem degli “utili idioti” e quindi sono istintivamente attratti dalle cause sbagliate. I palestinesi protestano in strada per la pace? L’intellighenzia fa orecchie da mercante. Gli “studenti” non solidarizzano.
Una volta credevo che la sinistra, americana ed europea, avesse toccato il fondo tifando per Al Qaeda. Con ancora le Torri Gemelle fumanti, e 3.000 morti sotto, emersero due categorie di fiancheggiatori nella idiota militanza anti-USA. I negazionisti: “È stato un lavoro sporco di Bush… sotto le macerie non c’erano ebrei, come mai?”. E i tifosi, a testa alta, di Osama Bin Laden eroe degli oppressi: “L’America se l’è meritata”.
Poi mi sono arreso: arriva l’ISIS e i volontari maschi, della sinistra occidentale orfana di Marx e sedotta dall’Islam, si arruolano con i terroristi. E le donne? Per non essere da meno dal femminismo balzano spavalde negli harem dei tagliateste.
Da lì, è stata una china: da tragedie storiche a farse tragiche. Luigi Mangione, l’italo-americano che ha ucciso il CEO di una assicurazione sanitaria a Manhattan, è diventato una bandiera della lotta alla finanza e al capitalismo. Elon Musk, che credeva di essere l’uomo che, sulla Terra, aveva fatto più di tutti per la causa della sostenibilità con le sue auto elettriche, da campione ambientalista è oggi oggetto di odio dei suoi avversari politici. E fin qui passi, c’è il Primo Emendamento, bellezza… Ma i concessionari della Tesla, e chi possiede queste auto, subiscono attentati e vandalismi e non sono difesi come una società civile richiederebbe. Anzi, la guerra condotta con il fuoco delle molotov è vista come “continuazione della politica”. Solo questo si può dedurre, visto che non ci sono state nette condanne se non dai Repubblicani.
Ma torniamo ad Hamas, che oggi resta nel cuore di chi ha inneggiato alla strage di 1.200 innocenti israeliani del 7 ottobre 2023. Da quell’attacco è venuta la risposta militare del premier Netanyahu, che per difendere l’esistenza stessa di Israele ha promesso di andare fino in fondo nella distruzione da Hamas. Il risultato dei bombardamenti? La settimana scorsa, giovani e meno giovani palestinesi sono scesi per diversi giorni in piazza a Gaza, gridando slogan e inalberando cartelli contro… Hamas.
Il New York Times, dopo tre giorni di proteste, ha riportato dichiarazioni raccolte alle manifestazioni. Con nomi e cognomi. È il segnale che la dittatura di Hamas, al potere senza più elezioni dal 2006, sta finendo? Troppo presto sperarlo, ma non era mai successo assistere a cortei di dissidenti. “Hamas deve andare via”, ha detto al giornale Ahmad al-Masri, 26 anni, di Beit Lahia, uno dei protestatari. “Se Hamas non se ne va, il bagno di sangue, le guerre e le distruzioni non finiranno. Non abbiamo niente da perdere. Abbiamo perso le vite, le case, i soldi. Basta guerre, vogliamo vivere in pace”. Un altro, Sharif al-Buheisi, 56 anni, di Deir asl-Balah, attivista di Fatah, storico gruppo avversario di Hamas, a fine corteo ha detto: “Non possiamo accettare che tutti noi dobbiamo morire per mantenerli (loro, Hamas) al potere”. E Hisham al-Birawi, 64, mukhtar (clerico) di Beit Lahia: “Stiamo dicendo che vogliamo vivere in dignità, vogliamo vivere come chiunque altro”.
C’è da sperare che l’onda popolare anti Hamas monti. Per farlo a Gaza ci vuole un gran fegato, si rischia la vita. Per mettersi dalla parte giusta, a Manhattan o a Milano, ce ne vuole di più. Bisogna togliersi la Kefiah e volere davvero amare i palestinesi, e non odiare ebrei e americani.