Non è facile per uno che lavora con l’intelligenza artificiale e con la tecnologia più in generale parlarne in modo asettico: per forza di cose ne vedrà solo gli aspetti innovativi e dunque positivi, talvolta rimandando ad altra sede eventuali discussioni sul piano etico di questa rivoluzione. “Sappiamo tutti che l’innovazione tecnologica, di per sé, comporta sempre un aspetto positivo e uno negativo, come giustamente ha ricordato la nota sul rapporto tra Intelligenza Artificiale e intelligenza umana realizzato dal Dicastero per la Dottrina della Fede insieme col Dicastero per la Cultura e l’Educazione”, ci dice a questo proposito uno che di tecnologia se ne intende: Valerio Bergamaschi, founder e CEO di Volocom, società informatica milanese specializzata in Media Monitoring, che con la sua Edicola Digitale conta quasi 15 mila utenti in Italia e le cui soluzioni tecnologiche si intrecciano con le esigenze del mondo dell’editoria anche proprio grazie all’Intelligenza Artificiale.
Il documento della Santa Sede rivolto a genitori, insegnanti, ma anche agli uomini della Chiesa e a “tutti coloro che condividono l’esigenza di uno sviluppo scientifico e tecnologico al servizio della persona e del bene comune” si intitola Antiqua et nova. Se da una parte sottolinea come l’AI “possa accrescere le risorse belliche ben oltre la portata del controllo umano”, accelerando “una corsa destabilizzante agli armamenti con conseguenze devastanti per i diritti umani”, dall’altra “non va divinizzata, non deve sostituire le relazioni umane, ma deve essere utilizzata solo come strumento complementare all’intelligenza umana”.

Dottor Bergamaschi, torniamo al dualismo fra aspetti positivi dell’innovazione…
“Il progresso ha sempre due facce, quella positiva e quella negativa. Qualunque progresso. Pensiamo solo ai computer o ai telefoni o anche solo a Internet: quando nacque la Rete, nessuno pensò che sarebbe nato, nel tempo, il dark web, ma i vantaggi portati all’umanità sono incalcolabili. O il cellulare: mezzo straordinario per comunicare, restare connessi, restare informati e al tempo stesso totem, feticcio, calamita potentissima che assorbe le ore di giovani e adulti. Ma nessun progresso ha in sé il lato positivo o quello negativo. Siamo noi, gestori di quel progresso, a farne un uso positivo (buono) o negativo (cattivo) e siamo dunque i soli custodi di quelle potenzialità”.
Quindi l’AI, che, come ci ricorda anche Antiqua et nova, non è una forma artificiale dell’intelligenza, ma uno dei suoi prodotti, non è in sé né buona né cattiva. Quando venne scoperta la possibilità della scissione dell’atomo molti pensarono a quale incredibile utilizzo se ne sarebbe potuto fare sul piano energetico, ma alcuni (pochi) pensarono invece di costruire una bomba. Ma ora proviamo a immaginare l’impatto dell’AI sulle nuove generazioni: “Allo stato attuale – interviene Bergamaschi – i bambini incappano nell’AI spesso sul piano del gioco. Non c’è pathos in questo incontro, non c’è rischio, non c’è coinvolgimento: solo divertimento, gioco, appunto. Ma non è solo questo, e lo sappiamo bene. Prendiamo i compiti: ci sono bambini che, ovviamente sbagliando, si fanno fare i compiti dall’AI, salvo poi venire scoperti perché oggi ci sono algoritmi che sbugiardano le produzioni di AI”.
Ma allora dovremmo metterla al bando?
“Ma nient’affatto: l’AI ha in serbo per i minori una fantastica capacità di supporto. L’Intelligenza Artificiale può aiutare i minori a studiare, a comprendere. In definitiva, a imparare, che è il compito principale di un minore/studente. Perché l’AI accorcia i tempi della scoperta di informazioni e nozioni, di per sé non atrofizza il cervello ma anzi può davvero esserne un boost.
“Certo, c’è chi sostiene che l’AI renda sincopato il tempo dell’apprendimento. In altre parole: il sapere si deposita nelle giovani mente, si accumula e si organizza secondo ritmi naturali ben precisi. Ma secondo me se tutti noi mettiamo in essere comportamenti virtuosi per insegnare l’uso corretto di questa tecnologia, stiamo ben certi che essa non sarà che una tecnologia buona. Spetta dunque a noi prendere il timone e trovare la rotta giusta: la barca farà solo quello che le comandiamo di fare. Occorre dunque una maggiore consapevolezza del nostro ruolo, nessuno di noi può sfilarsi da questo coinvolgimento attivo”.
Chiudiamo con altre parole di Antiqua et nova: “Sebbene sia una straordinaria conquista tecnologica in grado di imitare alcune operazioni associate alla razionalità, l’IA opera soltanto eseguendo compiti, raggiungendo obiettivi o prendendo decisioni basate su dati quantitativi e sulla logica computazionale. Con la sua potenza analitica, per esempio, essa eccelle nell’integrare dati provenienti da svariati campi, nel modellare sistemi complessi e nel favorire collegamenti interdisciplinari. In questo modo, essa potrebbe facilitare la collaborazione tra esperti per risolvere problemi la cui complessità è tale che non si possono affrontare a partire da un solo punto di vista o da un solo tipo di interessi”.