Joe Rogan, cabarettista-commentatore, ha stroncato in un recente podcast i Democratici, per come stanno agendo dopo aver perso le elezioni. “Non cambiano direzione, non si correggono, continuano a dire stupidate”. E li ha accusati di non riuscire e connettersi con il pubblico, di non capire i social media e Internet, dove l’America profonda, banalmente, si ritrova a suo agio. “Avete messo su una strategia per cui i media del mainstream dicono solo le cose che voi volete”, ha aggiunto Rogan rivolgendosi direttamente ai Democratici. E ha spiegato, parlando al proprio pubblico di gente comune: “Loro marciano tutti allo stesso passo, al punto che uno può guardare differenti programmi dove si ripetono le stesse esatte parole, le stesse frasi”.
Una simile critica, formulata da uno che è seguito da oltre 20 milioni di persone, e che ospitò per due ore Trump durante la campagna finendo per dargli l’endorsement, dovrebbe tenere svegli i Democratici la notte.
Invece no. “Che cosa dobbiamo fare per invertire la rotta della popolarità?” non è la domanda che si pongono.
Trump presidente ha un indice di approvazione del 53% nel sondaggio CBS/YouGov (mai tanto alto in nove anni da quando è sulla breccia), gode del 70% dei favori per come rispetta il suo programma annunciato, e del 59% per come sta mettendo in pratica le deportazioni. E loro promettono fuoco e fiamme per il diluvio di ordini esecutivi del primo mese. Gridano alla strapotenza di questa Casa Bianca che, questa volta, agirebbe in modo illegale.
Ma la gente ha memoria, e giudica. Anche Joe Biden, e prima di lui Barack Obama (“le elezioni hanno conseguenze, e io ho una penna e un telefono”) avevano firmato “ordini” a iosa, ignorando il Congresso. È una procedura prevista dalla Costituzione (come i decreti legge in Italia). E agli occhi della gente non è un problema il numero dei decreti, bensì la loro qualità. Obama aveva disposto che 500 mila illegali, entrati da minorenni non per “colpa” loro ma dei genitori, venissero di fatto legalizzati. E Biden ha fatto di più. Non solo ha abolito per decreto tutte le normali misure di protezione ai confini (8-10 milioni di clandestini sono così entrati in 4 anni), ha anche cancellato centinaia di milioni di dollari di debiti degli studenti universitari. Poi, quando la Corte Suprema ha decretato che quella misura era incostituzionale, Biden ha insistito e ha fatto come se il verdetto di condanna del suo operato, da parte della Corte Suprema, non fosse mai stato emesso. E ha ripetuto l’elargizione fino a poco prima del voto, sperando di comprare consensi.
Secondo me, due sono i fattori che stanno impedendo ai Democratici di trovare una possibile via di rinascita. Il primo è che da quando Trump è diventato il leader del GOP nel 2016, con la prima presidenza, hanno pensato che la (allora) scarsa popolarità di Trump bastasse per far tornare loro a vincere. Hanno puntato sulle accuse di Trump burattino di Putin (accuse fasulle, negate persino dal rapporto Mueller, scritto da legali filo DEM) e sugli impeachment senza fondamento (la telefonata a Zelensky e l’ “insurrezione” del 6 gennaio 2021, in quanto tale mai arrivata nei tribunali), per demolire Trump. Secondo fattore: i Democratici hanno vinto nel 2020 probabilmente solo grazie al Covid, ma si sono convinti che per battere ancora Trump (per loro l’avversario più facile) nel 2024 sarebbe bastato insistere sulla strada della criminalizzazione. Illudendosi, errore su errore, di avere in parallelo un mandato per cambiare l’America in chiave liberal, Biden ha lasciato briglia sciolta la sinistra del wokismo, delle follie di “genere”, della equidistanza tra Israele e palestinesi.
Il resto è storia: operai, contadini, neri e ispanici, giovani e donne sono saltati (con percentuali crescenti dal 2020) sul carro del “buon senso” di Trump. E i DEM sono restati al buio di idee. Per tornare alla luce devono ascoltare Rogan.