Gli Usa guardano a Trump, a cosa succederà con l’anno nuovo; l’Europa guarda alle crisi economiche e politiche di Francia e Germania che non possono che peggiorare (le previsioni); Israele va avanti, tra consensi e poca opposizione, con la sistematica distruzione del popolo palestinese. Doveva essere, giustamente, Hamas a sparire come organizzazione militare e politica ma Israele, con il silenzio o le poche parole di condanna di quasi tutto il mondo, ha chiaramente modificato il suo obiettivo dichiarato.
La Palestina deve scomparire, i palestinesi possono sopravvivere se decidono di andare altrove – come furono costretti a fare gli ebrei che i romani, i cristiani, cacciarono da Gerusalemme e la “Terra Santa” affermano apertamente i politici di centro destra. I confini di Israele, come era scritta anni fa nella piattaforma politica del Likud, devono andare dal Mediterraneo al Giordano. Le alture del Golan che persino l’ambiguo politico di sinistra Shimon Peres – è stato anche premier – considerava territorio siriano sono state occupate dalle forze armate israeliane (alcuni civili che protestavano uccisi) dopo il crollo a sorpresa del regime del presidente Assad. Natanyahu dichiara sicuro di sé che il Golan sarà per sempre terra d’Israele. E nonostante la tregua da poco firmata con Hezbollah, le forze israeliane non danno indicazione alcune di volere lasciare il Libano. Anzi. Alcuni dei loro più fanatici politici e militari affermano – con il sostegno immediato di qualche studioso “esperto” – che una volta, duemila anni fa, gli ebrei regnavano anche sul territorio oggi considerato Libano.
Non voglio entrare nella quasi ridicola polemica – sterminio o soltanto massacro di quasi cinquantamila uomini, donne e bambini parte di Israele. Preferisco limitarmi a ricordare che molti dei ricercatori su quello che accaduto agli ebrei nel corso della seconda guerra mondiale sostengono che alla Casa Bianca sapevano ma preferivano per vari motivi non muoversi. Oggi tutto il mondo sa. Gli americani sanno. Il presidente Biden sa. I suoi collaboratori sanno. Le forze armate sanno. La Cia collabora. E l’industria bellica americana continua ad arricchirsi.
Anche se ai giornalisti stranieri non viene consentito di entrare nella striscia di Gaza, i bollettini, le immagini della morte e di un popolo, la distruzione di intere città sono sugli schermi televisivi del mondo intero. Anche se non sempre in primo piano. Dall’inizio di dicembre si parla di tregua possibile, di rilascio di ostaggi. Un giorno, ci dicono, le trattative vanno avanti bene. Il giorno dopo Hamas, dicono che Hamas fa un passo indietro; il giorno dopo sembra siano i negoziatori israeliani a bloccare tutto seguendo le direttive di Netanyahu, del suo governo, dei militari che rispondono a quello che appare sempre di più come un progetto preciso.
Un progetto, va sottolineato, non solo israeliano. Stati Uniti, le capitali europei che disegnarono 150 anni fa i confini del Vicino Oriente sono chiaramente impegnati a tracciare nuove linee e non soltanto sulla sabbia.