Nei primi giorni di ostilità russa contro il popolo ucraino, a domanda precisa in sede privata, il polemologo Stefano Silvestri rispose che Putin aveva attaccato ritenendo di disporre di un’arma imbattibile che gli conferiva un vantaggio competitivo da non sciupare.
Da sempre i russi fanno trapelare notizie su non meglio precisate armi e macchinari da guerra al limite del fantastico, da utilizzarsi al momento appropriato sorprendendo il nemico. Avrebbero ritenuto che fosse il momento per verificare la wunderwaffe destinata a pesare sulla riconfigurazione del sistema internazionale.
L’analisi ha trovato conferma nel lancio, il 21 novembre, del missile Oreshnik, (Орешник), contro la fabbrica aerospaziale PA Pivdenmash di Dnipro (fontirusse). Oreshnik è tutt’altro che una wunderwaffe, ma lo diventa in quanto messaggero di un significato politico e strategico. Il messaggio strategico ha sapore mafioso: sulla punta del missile ho messo cariche esplosive tradizionali, ma quest’affare esiste per trasportare ogive nucleari, stateve accuorte! Il conseguente messaggio politico annuncia che l’orologio sta ticchettando in una zona terribilmente prossima alla mezzanotte nucleare.
I due messaggi confluiscono nel più classico dei bluff: la situazione sul campo non è mai stata tanto favorevole agli aggressori, almeno nella regione del Donbass, e non avrebbe senso l’escalation che il missile vuole far immaginare. Oreshnik è stato lanciato (dalla zona di Astrakhan) per dissuadere gli alleati dell’Ucraina dall’intervento diretto, nonostante sia in verità Mosca a internazionalizzare il conflitto schierando da ultimo nordcoreani. Putin chiede mani libere per chiudere la partita entro la prossima estate e sedersi al tavolo da vincitore. Il bluff è reso più evidente dalle infografiche diffuse dalla propaganda moscovita su come il missile balistico testato possa colpire Varsavia in 12′, Berlino in 15′, Parigi e Londra in 20′. Alla rappresaglia che a quel punto incenerirebbe Mosca e seppellirebbe la civiltà russa nessun cenno.

Ma cos’è questo missile che sta rovinando il sonno agli stati maggiori di mezza Europa? In rete si legge che Oreshnik è un criptonimo. Ma Орешник si traduce con albero di nocciole. Nel jargon nucleare russo la parola corrispondente a “little nut” ed è utilizzata come “nuke”. Орешник è quindi un albero carico di ogive nucleari chiamate delicatamente nocciole, un missile balistico (ovvero a traiettoria suborbitale) ipersonico di medio raggio (fra 3000 e 5500 chilometri), della classe Irbm, Intermediate-range ballistic missile, capace di trasportare più ordigni destinati a staccarsi e dirigersi in modo indipendente sul bersaglio, secondo la tecnica dei Mirv, i Multiple Independently targetable Reentry Vehicles.
Il vantaggio tecnologico russo non viene dalla capacità di colpire con testate multiple indipendenti (la tecnologia ha più di mezzo secolo di vita), ma dall’elevata velocità e dalla traiettoria inclinata che assumono (i missili ipersonici russi viaggiano a velocità tra 5 e 20 Mach, e possono compiere manovre in volo, il che complica tracciamento e intercettazione). Nello specifico, Oreshnik è il frutto dell’evoluzione del missile balistico RS-26 “Rubezh”, e ha volato piuttosto veloce, tra 10 e 11 Mach, circa 13.600 chilometri orari, corrispondenti a circa 3,78 km al secondo.
Si osservi che Putin ha definito “impossibili da intercettare” una pletora di suoi sistemi missilistici nazionali, salvo trovarsi smentito dalla capacità delle forze di difesa ucraine di buttar giù pseudo-ipersonici come Kinzhal e il missile da crociera ipersonico Zircon.
Cosa succede adesso? Gli alleati dell’Ucraina sono impegnati a fornire sistemi di difesa adeguati; in quest’ambito Biden ha garantito centinaia di Patriot e Amraam (Advanced medium-range air-to-air missile). Il che genererà l’ulteriore innalzamento dell’asticella del ricatto nucleare russo, collocata, dopo la recente revisione della dottrina Putin, nei “Principi fondamentali della politica statale della Federazione Russa sulla deterrenza nucleare” del 18 novembre. Se ne propongono due passi: “L’aggressione contro la Federazione Russa e (o) i suoi alleati da parte di qualsiasi Stato non nucleare con la partecipazione o il sostegno di uno Stato nucleare è considerata un attacco congiunto”. E: “La Federazione Russa si riserva il diritto di usare armi nucleari in risposta all’uso di armi nucleari e di altri tipi di armi di distruzione di massa contro di essa e/o i suoi alleati, nonché in caso di aggressione contro la Federazione Russa e (o) la Repubblica di Bielorussia in quanto partecipanti allo Stato dell’Unione con l’uso di armi convenzionali, che crei una minaccia critica alla loro sovranità e/o integrità territoriale”.
La multicentenaria sindrome russa dell’accerchiamento raggiunge qui l’apogeo. Mentre aggredisce le popolazioni di paesi slavi, africani e mediorientali, Putin (23 novembre) s’infila nel paradosso della produzione in serie e dei test in combattimento degli Oreshnik a medio raggio, garantendone l’uso “a seconda della situazione e della natura delle minacce alla sicurezza” della Russia. D’altronde, se il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev dichiara ad Al Arabiya che l’uso del nucleare è solo “l’ultima opzione” e che “Non ci sono pazzi nella leadership russa”, viene da pensare che nelle segrete stanze del Cremlino, qualcuno inizi a ragionare.
Ragionare significa aprirsi al negoziato globale Nato, Cina e Russia sull’indivisibilità della sicurezza euro-atlantica e indo-pacifica. Lo impongono la vicinanza della Cina all’avventurismo russo, la presenza sul terreno dei soldati nord-coreani, le ripetute minacce nucleari della Russia, il martirio che sta subendo il popolo ucraino. Nel frattempo al bullo russo va risposto con una forza equivalente a quella che mette in campo, mostrando che si dispone di forza superiore alla sua, inutilizzata per senso di responsabilità e per evitare l’estensione del conflitto.
Si rende evidente la necessità che l’Ue adotti un’immediata politica di difesa che le conferisca credibilità e capacità di deterrenza. A metà ottobre, parlando al Bundestag, il capo dei servizi segreti esteri tedeschi, Bruno Kahl ha informato che ”le forze armate russe saranno in grado di sferrare un attacco alla Nato al più tardi entro la fine di questo decennio”, e che ”il Cremlino considera l’Occidente, Germania compresa, un nemico”. Kahl ha confermato che Putin vuole l’Ucraina per avviare la “costruzione di un nuovo ordine mondiale”, avvertendo che ”i servizi segreti russi agiscono senza scrupoli”. Il lungo sonno degli europei è stato pieno di bei sogni di pace e benessere; per non destarsi in un orribile incubo, come è capitato agli ucraini, capiscano che l’orso russo va immediatamente contenuto e scoraggiato dalle aggressioni, anche perché, diversamente dagli orsi veri, non va in (semi)letargo.