Prepariamoci per tempo. Perché non sarà così facile spiegare a noi stessi come ci saremo arrivati. Prepariamoci perché potremmo avere difficoltà ad accettare uno scenario che consideriamo inimmaginabile solo perché ci ostiniamo oggi a non volerlo vedere. Prepariamoci anche a giravolte politiche degne del circo migliore per spiegare che in fondo va bene anche così. Vengo al dunque: a quello che facciamo fatica anche a dire e cioè che a novembre potremmo ritrovarci con un trittico siffatto: Trump presidente, Putin presidente e udite udite Netanyahu ancora in sella.
E non venitemi a dire che metto insieme le pere con le mele perché quello che non vogliamo vedere è che i tre hanno molte più cose in comune di quelle che pensiamo. Intanto il culto della forza e della vittoria, poi il disprezzo totale della comunità internazionale e delle sue leggi, infine l’interesse comune a far fuori dai giochi, ognuno ha le sue ragioni, l’avversario molle e traditore e cioè noi, l’Europa.
Veniamo al primo punto di somiglianza, il tirare dritto, usando la forza e abbeverandosi all’idea della vittoria che prima o poi arriva. E stiamo parlando di due leader Putin e Netanyahu che guidano due paesi in guerra, che non hanno pietà per chi perde, che usano le stesse parole per definire quello che stanno facendo, entrambi vogliono “denazificare” la terra conquistata, distruggere e umiliare il nemico. Non importa qui fare distinzioni su chi e perché ha iniziato le due guerre, qui conta la somiglianza del lessico, entrambi dicono di combattere per difendere se stessi e per salvare il mondo dal male assoluto del terrorismo.
E poi c’è il terzo, Trump, che non fa mistero di ammirare chiunque usi la forza per avere ragione, lui per primo, alleato di ferro di Netanyahu e affascinato dallo strapotere di Putin che sogna di replicare anche a Washington. Trump che non vede l’ora di liquidare la guerra in Ucraina come un affare non suo e quella in medio oriente con una pacca sulle spalle a Netanyahu va bene bravo hai vinto e ai palestinesi rassegnatevi a vivere come avete sempre fatto, con la carità del mondo, perché avete perso.
Già il mondo, questo è il secondo punto in comune dei tre, il disprezzo totale del pianeta inteso come comunità internazionale che ha inventato un palazzo di vetro per poter discutere le cose che non vanno. Basta andare a memoria e ripercorrere tutte le volte che i nostri hanno irriso l’Onu e buttato nel cestino ogni ipotesi di comporre diplomaticamente le cose che avevano a che fare con loro, le risoluzioni, i g7, g8, g20, ogni processo dei tribunali internazionali che li riguardi. Due di loro combattono dentro i loro stessi paesi contro sentenze e accuse della magistratura, un terzo, molto invidiato, ha già risolto il problema modellando le istituzioni a sua immagine e somiglianza e dedicandosi ad silenziare con ogni mezzo qualunque voce di dissenso.
Infine c’è il terzo tratto in comune e siamo noi, l’Europa, considerata il miglior avversario che potessero avere. Su di noi si esercitano come quelli che sparano agli orsacchiotti nei baracconi del luna Park. Per Putin siamo l’occidente molle che ha rinunciato ai suoi valori, per Netanyahu siamo i traditori che osano alzare un dito per dire fermatevi a Gaza, per Trump siamo quelli da mollare perché non pagano il tagliando della NATO. Ora già le vedo le mani alzate dei geopolitici che eccepiscono: non tieni conto degli interessi strategici diversi, delle alleanze storiche, fai accostamenti impropri tra democrazie e autocrazie. Bene, spero abbiate ragione, spero che Putin sia sconfitto in Ucraina, che Biden vinca e che riesca a convincere Netanyahu a farsi da parte, che le guerre finiscano tutte con la pace giusta.
Se però a novembre ci ritrovassimo invece con il trio delle meraviglie che si fa reciprocamente l’occhiolino non mi importa alzare il dito e dire ve l’avevo detto. Vi voglio vedere in piazza tutti insieme contro Putin Trump e Netanyahu. A dire forza Navalny forza Europa.