“E dove dovrebbero andare, sulla luna?” La domanda se la fa Joseph Borrell in uno dei suoi innumerevoli interventi inascoltati. Borrell, che se avesse un potere pari a un decimo della chiarezza delle sue parole sarebbe un ministro degli esteri perfetto per una Europa che invece si muove a tentoni davanti alla tragedia di Gaza, al buio come se non vedesse, meglio, come se non volesse vedere. In quel momento non era ancora noto il famoso piano di evacuazione che Israele di Netanyahu stava preparando per rispondere alle richieste del mondo che gli dice fermati, non attaccare Rafah se prima non ci dici cosa succede alla popolazione civile che si è ammassata attorno a quell’ultimo pezzo di terra della striscia, addosso al filo spinato del confine con l’Egitto.
Poi ci ha pensato il Wall Street Journal a svelarlo quel piano ed è anche sintetico nella sua chiarezza: tende, quindici campi, ognuno con 25 mila tende da sistemare sulla spiaggia che dal sud arriva fino a Gaza City, uno sterminato campo profughi in riva al mare. Ora lasciamo stare la parola genocidio, che se la usi vieni impallinato come il povero rapper di Sanremo, ci dirà la corte internazionale di giustizia dell’Aja se questo è il caso o no di usarla. Qui siamo molto più terra terra e usiamo la parola scopa, si, quella che serve a pulire gli angoli sporchi della casa. Allora provate a volare sulla striscia di Gaza con una gigantesca scopa con le saggine fatte di bombe e carri armati. La scopa ci serve per stanare i terroristi di Hamas che hanno massacrato più di mille uomini donne e bambini ebrei in un giorno solo, quel sette ottobre che nessuno dimentica.
Dall’8 ottobre questa gigantesca scopa funziona così, spazza da nord a sud la striscia, senza fare troppe distinzioni tra uomini donne bambini, case ospedali università. Tutto deve essere pulito per distruggere Hamas e liberare gli ostaggi. La scopa spazza come può fare una scopa senza troppa precisione, in quasi cinque mesi riesce a liberare solo tre ostaggi in cambio di quasi trentamila morti però riesce a radere al suolo la metà e più degli edifici e di tutto quello che serve per vivere a Gaza. In più i suoi colpi spingono gli esseri viventi sempre più a sud, sempre più verso il muro, quello con l’Egitto. Ora si trova di fronte Rafah, l’ultimo angolo da pulire e allora propone un ultimo colpo di scopa, quello verso il mare, dove sistemare tutto quello che ha spazzato finora.

Trattasi di un milione e mezzo di persone che per la nostra scopa sono solo quello che resta per completare l’opera. Ora la situazione è questa: il mondo da lontano guarda questa scopa e dice fermati non vedi che c’è il mare ma la scopa finora non si è mai fermata, deve pulire, deve stanare i terroristi e siccome i terroristi stanno in mezzo a tutte quelle persone meglio pulire tutto e tutti e spingerli verso il mare. Nel frattempo ci fanno vedere un video (uno) di un uomo in tuta e ciabatte che cammina di spalle sotto un tunnel, un video sgranato di una telecamera di sorveglianza girato mesi fa e ci dicono che quello è il capo dei terroristi. Vedete cammina sotto un tunnel ora non sappiamo dov’é ma prima o poi lo troveremo. Nel frattempo la scopa continua il suo lavoro perché quello sa fare, perché quello vuole fare, pulire la striscia senza stare troppo a distinguere e pazienza per chi ci resta sotto, che siano ostaggi soldati o gente che vuole solo vivere. Bisogna pulire per bene la striscia e prepararla al futuro che verrà.
Post scriptum. A pagare per quelle tendopoli sul mare dovrebbe essere il mondo, Egitto e Stati Uniti in testa. Perché in fondo è un problema nostro che insistiamo a dire fermati, Israele di Netanyahu.