Gli occhi sono concentrati su Gaza. E i coloni avanzano indisturbati in Cisgiordania. Stati Uniti e Europa criticano alcuni ministri oltranzisti della destra israeliana che minacciano di creare insediamenti nella Striscia devastata lungo la costa mediterranea ma non sembrano preoccuparsi troppo della situazione in quel lembo di terra palestinese che va dalla cosiddetta “linea verde” al fiume giordano dove, spiega Peace Now, i coloni rendono sempre più difficile, se non impossibile, l’eventuale creazione di uno stato palestinese accanto a Israele.
La settimana scorsa, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha pubblicato un rapporto sul “rapido deterioramento” delle condizioni in Cisgiordania in seguito all’attacco di Hamas del 7 ottobre. Le forze di sicurezza israeliane hanno ucciso quasi trecento palestinesi, talvolta utilizzando “una forza non necessaria o sproporzionata”; migliaia di palestinesi sono stati arrestati per incidenti minori; e i coloni israeliani hanno costretto più di mille palestinesi a lasciare la loro terra.
Il governo Netanyahu, proprio in questi giorni, sta cercando di limitare la propria retorica e di far pensare che lo scempio della striscia va verso la fine, che i palestinesi potranno tornare entro un anno dove vivevano (se e quando la comunità internazionale dovesse ricostruire case, scuole, ospedali, edifici pubblici ridotti in ceneri). Si sentono voci di apparente moderazione per cercare di combattere l’accusa di genocidio che la prossima settimana la Corte internazionale di giustizia dovrà esaminare. Soprattutto, ammettono nei corridoi del governo, perché la Corte potrebbe ordinare la sospensione dei bombardamenti, delle incursioni, delle distruzioni mentre studia la questione.
Netanyahu, i suoi ministri, l’apparato militare di Tel Aviv, non si vogliono fermare: non hanno raggiunto i loro obbiettivi. O speranze.

“All’indomani di tre mesi di guerra a Gaza, denuncia preoccupata l’organizzazione “Peace now” – stiamo assistendo a un’impennata senza precedenti delle attività di insediamento, inclusa la costruzione di avamposti, strade, recinzioni e posti di blocco avviati dai coloni. I coloni aumentano il loro controllo dell’Area C in Cisgiordania, marginalizzando ulteriormente la presenza palestinese…”. La denuncia non preoccupa il governo o la maggioranza della popolazione israeliana e nemmeno quella minoranza di israeliani che continua a chiedere le dimissioni del premier per motivi che sono distanti dalla “questione palestinese”. La denuncia non sembra preoccupare nemmeno un noto commentatore israeliano che da “sinistra” guarda alle accuse di genocidio rivolte al suo paese.
“Sono meno preoccupato per le figure pubbliche che hanno detto cose come “Gaza dovrebbe essere cancellata” e “non ci sono innocenti a Gaza”, scrive Ascher Pfeiffer sul quotidiano Haaretz. “Questi sono ovviamente orrendi, ma sono anche esattamente il tipo di retorica linguistica che ti aspetteresti di sentire dai politici ….che stanno cercando di fare appello alla loro base quando è ancora vacillante da un terribile atto di violenza commesso contro un’intera nazione. Non credo che avranno necessariamente un effetto duraturo.
“Ciò che mi infastidisce molto di più è quando fa parte di un’ideologia religiosa che attribuisce la morte e la sofferenza, da entrambe le parti, a qualche processo celeste. Benjamin Netanyahu ha flirtato un po’ con questo quando ha detto che Israele sta combattendo “Amalek” a Gaza. Ma Netanyahu è un ateo e nessun israeliano, nemmeno i suoi sostenitori, è impressionato quando menziona la nazione biblica che siamo comandati da Dio di spazzare via.
“Ciò che mi preoccupa davvero sono i politici israeliani dell’ala messianica del campo nazionale-religioso che vedono questa guerra come l’adempimento del destino manifesto del popolo ebraico. Sono ancora una minoranza, anche all’interno dell’ala destra e all’interno del sionismo religioso, ma occupano posti di alto livello nel governo di Netanyahu e quindi hanno piattaforme potenti e influenti.
“Israele – sostiene Pfeffer – non sta portando avanti un genocidio contro i palestinesi. Ma è minacciato dall’interno da un culto di fondamentalisti ebrei che sono disposti a sacrificare tutti noi sull’altare delle loro aspirazioni messianiche”.