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December 29, 2023
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Netanyahu come nel “Dottor Stranamore”: fin dove trascinerà Israele?

Per lo storico Zimmermann, quello attuale è una "kakistocrazia", il governo dei peggiori

Eric SalernobyEric Salerno

Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu - ANSA/EPA/MENAHEM KAHANA / POOL

Time: 4 mins read

Non pochi tra gli ebrei israeliani parlano di possibile guerra civile. Di uno scontro, anche armato, tra laici e religiosi estremi, tra i sostenitori dell’attuale governo e i suoi oppositori, tra quelli che continuano a seguire fino in fondo il premier Netanyahu e quelli, anche tra i suoi elettori e sostenitori del passato, che vogliono metterlo da parte. Da qualche giorno anche i sostenitori del governo di guerra, creato all’indomani del criminale attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre, litigano tra loro. E viene in mente una frase tratta un vecchio gioiello della cinematografia:

“Gentlemen, you can’t fight in here. This is the War Room!”. Tradotto in italiano: “Signori, non potete fare a botte nella centrale operativa!”. Letteralmente: “Signori, non potete combattere qui! Questa è la sala della guerra!)”.

Era il gennaio del 1964, sessanta anni fa, quando uscì sugli schermi americani: Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, noto più semplicemente come Il dottor Stranamore. Una montagna di risate per la commedia nera in cui lo straordinario regista Stanley Kubrick volle raccontare un imminente attacco nucleare all’Unione Sovietica (così, ricordiamo ai più giovani lettori, si chiamava la Russia di oggi) voluto da un generale americano in preda alla pazzia. Due gli aspetti più coinvolgenti: l’incompetenza degli uomini in comando e la satira sui complessi sistemi politici e militari dei paesi leader della guerra fredda che rischiavano, anche per le debolezze di chi li controllava, di passare alla guerra calda, alla distruzione del mondo.

L’altro giorno un ministro israeliano di estrema destra si è rifiutato di accettare la presenza di un ministro aggregato, ossia componente non eletto del “governo di guerra” creato per rispondere all’attacco di Hamas ma non, sosteneva, per decidere il futuro di Gaza e il resto della popolazione palestinese sotto occupazione. È stato, apparentemente, uno dei primi contrasti seri nella “war room”. E la riunione è stata rinviata. Del futuro dei palestinesi si parla poco in Israele. Rabbia e dolore dominano tra i politici. Netanyahu vuole andare avanti fino alla distruzione di Hamas respingendo le esortazioni del presidente americano e di molti leader europei a ridurre l’impatto della ritorsione sulla popolazione civile di Gaza e, in qualche modo, sui palestinesi della Cisgiordania occupata. Ha un progetto per il futuro? Non lo dice. E una parte di Israele si interroga sempre di più sul domani, mentre il conflitto si estende e rischia di trascinare-spingere il paese, la regione, in una guerra molto più vasta.

Uno dei commentatori più noti del quotidiano Haaretz, Alon Pinkas, sostiene che “L’anno 2023 è stato senza precedenti il più abietto della storia di Israele. Tre eventi tettonici e fondamentalmente formativi convergono: la creazione di un governo messianico ed estremista; il tentativo di colpo di stato costituzionale; e il massacro del 7 ottobre”. E spiega come “Gli ultimi 12 mesi sono stati essenzialmente l‘anno di Netanyahu. Un anno che ha rivelato la somma di tutta la sua inettitudine e debolezza – un anno che ha distillato nella forma più pura il suo credo politico: un aspirante Luigi XIV “L’État, c’est moi” con tendenze dittatoriali; pensa che lui e Israele siano la stessa entità inseparabile. Inoltre, quando si verifica un conflitto, pone sempre la sua sopravvivenza politica e legale ben al di sopra degli interessi dello stato”.

Come ricorda Pinkas, Netanyahu è sotto inchiesta per molteplici capi d’accusa di corruzione, corruzione e violazione della fiducia, e ha formato una coalizione di governo estremista/ultra-ortodossa. “Per definizione e per natura, questo era e rimane un governo palesemente post- (o pre-) sionista, un governo che è un anatema per l’Israele del 1948-2022”. Fino a dove pensa di arrivare pur di non rischiare il carcere nel paese, va ricordato, che vide finire dietro le sbarre ex ministri, alti ufficiali delle forze armate e anche un presidente? È la domanda che si fanno in molti. Nella regione e altrove.

Il ministro della Difesa Yoav Gallant , l’altro giorno, ha affermato che Israele sta affrontando una guerra su sette diversi fronti.  E ha ammonito:  chiunque agisca contro Israele sarà “un potenziale bersaglio”, aggiungendo che non ci sarà “immunità” per nessuno. Il clima, in Medio Oriente, assomiglia oggi a quello raccontato nel vecchio iconico film di Kubrick. Gli errori di valutazione sono sempre più possibili. Le personalità disturbate abbondano.

Moshe Zimmermann, oggi professore emerito all’Università Ebraica di Gerusalemme ed ex direttore del suo Richard Koebner Minerva Center for German History, ha scritto e curato dozzine di libri e articoli sugli ebrei tedeschi e sul loro complicato e tragico rapporto con la loro patria. In una intervista firmata dal giornalista Ofer Aderet ha espresso un giudizio caustico nei confronti del premier israeliano.

“L’attuale governo di Israele, dice, è una ‘kakistocrazia'” – cioè il governo dei peggiori cittadini. Se ci fossero classifiche, Netanyahu sarebbe in competizione per il primo posto con “Nerone, lo zar Nicola II e Donald Trump”.

Alle critiche del premier, Zimmermann aggiunge drammatiche considerazioni su Israele, sul passato del paese e sul suo futuro. “La nazionalità ebraica nella Terra di Israele ha attraversato un processo di nazionalismo, razzismo ed etnocentrismo. Non è in grado di raggiungere un modus vivendi con il mondo vicino. Guardo con desiderio ai primi sionisti o quelli che erano in Brit Shalom (nda: intellettuali degli anni ’20 nella Palestina del Mandato che cercavano uno stato bi-nazionale) e che pensavano a qualcosa di diverso, non alla guerra eterna. Nel momento in cui pensi alla guerra eterna, ti esponi alle stesse debolezze che abbiamo visto il 7 ottobre nella forma più crudele”.

E ancora: “È chiaro che la soluzione a due stati deve essere il risultato logico, anche se al momento sembra senza speranza e totalmente assurda. L’alternativa è per noi eseguire un atto simil-nazista contro i palestinesi, o per i palestinesi eseguire un atto nazista contro di noi, il che significa un tentativo di distruggere Israele – una “soluzione”” apocalittica dell’Armageddon.

“Otto anni fa – ricorda lo storico – Netanyahu ha risposto alla domanda se dobbiamo sempre vivere con la spada con un “sì”. Una risposta spaventosa. Ci sono persone che direbbero che c’è un’altra alternativa: possiamo espellere i palestinesi dal paese; o i palestinesi possono vivere sotto il dominio israeliano. Ma quelle sono soluzioni che ogni persona sensibile considererebbe irrealistiche e rifiuterebbe. La soluzione a due stati con una concezione completamente nuova di stato dovrebbe essere la nostra aspirazione”.

 

 

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Eric Salerno

Eric Salerno

Giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali, è stato corrispondente de 'Il Messaggero' da Gerusalemme per quasi trent'anni.

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